La Basilica di san Pietro - .
Come spiega il Dicastero delle cause dei santi, per avviare l’iter per la beatificazione e canonizzazione di un fedele cattolico, è necessaria la “fama di santità”, cioè l’opinione comune della gente secondo cui la sua vita è stata integra, ricca di virtù cristiane. Una fama che deve durare e può ingrandirsi.
Quanto alle tappe seguite dalla Chiesa, il fedele di cui sia stata avviata la causa viene chiamato “servo di Dio”.
La prima fase inizia con l’apertura ufficiale di una Inchiesta in diocesi, allo scopo di verificarne l’eroicità delle sue virtù, ovvero la disposizione abituale a compiere il bene con fermezza, continuità e senza esitazioni. Occorre cioè dimostrare che il candidato ha praticato le virtù a un livello molto elevato, superiore alla media. In altri casi, l’oggetto della verifica riguarda i requisiti del martirio cristiano oppure l’offerta della vita. La ricostruzione viene fatta seguendo due piste: ascoltando le testimonianze orali delle persone che hanno conosciuto il servo di Dio e raccogliendo i documenti e gli scritti che lo riguardano.
Se le condizioni preliminari sembrano concordi, il vescovo può introdurre la Causa non prima però salvo una particolare dispensa papale, che siano passati 5 anni dalla morte del candidato. Quindi un’apposita Commissione storica raccoglie tutti i documenti che riguardano il servo di Dio mentre due censori teologi devono valutare i medesimi scritti, se vi sia qualcosa di contrario alla fede o alla morale.
Tutte le informazioni vengono raccolte e poi sigillate nel corso di una sessione di chiusura, presieduta dal vescovo.
Terminato questo lavoro, tutto il materiale viene consegnato a Roma al Dicastero delle Cause dei Santi che, tramite un suo Relatore, guiderà il postulatore nella preparazione della Positio, cioè del volume che sintetizza le prove raccolte in diocesi; è la cosiddetta fase romana del processo. La Positio sarà studiata da un gruppo di Consultori Teologi del Dicastero e, nel caso di una “Causa storica” (quella che riguarda un candidato vissuto molto tempo prima e per il quale non vi siano testimoni oculari), anche da una commissione di Consultori Storici del Dicastero.
Se questi voti saranno favorevoli la Positio sarà sottoposta a un ulteriore giudizio dei vescovi e cardinali membri del Dicastero. In presenza di un loro giudizio favorevole, il Papa se lo ritiene opportuno, autorizza la promulgazione del decreto sull’eroicità delle virtù, sul martirio o sull’offerta della vita del servo di Dio che così diviene Venerabile: gli viene riconosciuto cioè di aver esercitato in grado “eroico” le virtù cristiane o di aver subìto un vero martirio oppure di aver offerto la vita secondo i requisiti previsti dal Dicastero.
I candidati alla santità infatti, possono essere: i martiri, coloro che hanno accolto cristianamente l’uccisione in odio alla fede; i cosiddetti confessori, cioè coloro che sono stati testimoni della fede, ma senza il sacrificio supremo della vita. Inoltre dal 2017 è possibile giungere alla Canonizzazione anche attraverso una terza via: l’offerta della vita, senza uccisione in odio alla fede e senza il prolungato esercizio di virtù eroiche; si tratta di persone che hanno volontariamente e liberamente offerto la loro vita per gli altri, perseverando «fino alla morte in questo proposito, in un supremo atto di carità.
Tornando all’iter più consueto, se il candidato viene dichiarato martire, diventa subito beato, altrimenti è necessario che venga riconosciuto un miracolo, dovuto alla sua intercessione. Si tratta in genere di una guarigione scientificamente inspiegabile, giudicata tale da una commissione medica convocata dal Dicastero delle cause dei santi e composta da specialisti, anche non credenti. Importante è che la guarigione sia completa e duratura, in molti casi rapida. Anche sul miracolo si pronunciano i vescovi e i cardinali membri del Dicastero e il Papa, sempre se lo ritiene opportuno, autorizza il relativo decreto. Così il venerabile può essere proclamato beato venendo iscritto nel calendario liturgico della sua diocesi o della sua famiglia religiosa. Perché arrivi alla canonizzazone, ossia possa essere dichiarato santo, gli si deve attribuire l’intercessione efficace in un miracolo successivo alla beatificazione. Per stabilire chi è santo, quindi, la Chiesa utilizza sempre un accertamento canonico e come in tutti i processi, anche in questo caso ci sono una sorta di accusa e di difesa in cui il postulatore, ha l’incarico di dimostrare la santità del candidato mentre a “fare le pulci” a testimonianze e documenti è il promotore della fede (comunemente noto come “avvocato del diavolo”).
Vi sono tuttavia casi che procedono per equipollenza, applicata sia ai casi di beatificazione che di canonizzazione; si tratta di una procedura mediante la quale il Papa, dopo le dovute verifiche, approva un culto esistente da tempo, senza attendere il riconoscimento di un miracolo. Si distingue dalle beatificazioni e canonizzazioni formali, per le quali la Chiesa prevede una regolare Inchiesta e il rispettivo miracolo. Inoltre, il Papa può sempre prendere decisioni particolari. Papa Francesco lo ha fatto nei confronti di Giovanni XXIII, che è diventato santo per la sua fama di santità, diffusa da decenni in tutto il mondo, senza che gli venisse riconosciuto un secondo miracolo. Una procedura straordinaria è stata seguita anche da Benedetto XVI nei confronti di S. Giovanni Paolo II, la cui causa di canonizzazione si aprì poche settimane dopo la morte, senza aspettare i cinque anni normalmente previsti.