sabato 6 luglio 2024
Il capoluogo giuliano si prepara a ricevere Francesco, che chiuderà i lavori della
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Sarà il Papa domani a chiudere a Trieste la 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia. Al Centro congressi «Generali convention center» alle 8.30 Francesco incontrerà i delegati, per poi spostarsi in piazza Unità d’Italia per la Messa alle 10.30.

Nel capoluogo giuliano tutto è pronto per accogliere Francesco e ascoltare le sue parole, che specie nel primo dei due appuntamenti, quello con i delegati, affronterà direttamente il tema al centro dei lavori. Un argomento che non è certamente nuovo, nel magistero di Francesco, che a Trieste si è fatto precedere da un testo inedito, diffuso ieri, contenuto in “Al cuore della democrazia”, il libro, curato dalla Libreria Editrice Vaticana, oggi in omaggio per i lettori de Il Piccolo. Il volume, introdotto dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, contiene discorsi, omelie e interventi di Francesco. Nell’inedito, il Papa auspica «un impegno più convinto per una vita democratica pienamente partecipata e finalizzata al bene comune». E nel mettere in guardia da pericoli come «il morbo dello scetticismo democratico» o «il fascino del populismo», ricorda che la democrazia, con il suo invito a fare insieme, è antidoto alla tentazione del salvarsi da soli. Occorrono scelte coraggiose e condivise, scrive il Papa, citando tra le altre «un’accoglienza intelligente e creativa delle persone migranti, l’inverno demografico che colpisce ormai in maniera pervasiva tutta l’Italia e la scelta di autentiche politiche per la pace, che mettano al primo posto l’arte della negoziazione e non la scelta del riarmo».

In tale maniera Francesco si inserisce nel solco dei suoi predecessori. Basti pensare a encicliche come la «Centesimus annus» di san Giovanni Paolo II o la «Deus caritas est» di Benedetto XVI, che hanno portato a compimento il lungo cammino del rapporto tra la Chiesa e la democrazia, vista come il sistema politico più adeguato a promuovere la dignità umana. E se Leone XIII affermava la Chiesa non si può identificare né legare ad alcun regime politico, dovendo limitare il suo compito al giudicare quali regimi siano in teoria e in pratica accettabili ai fini del rispetto dei diritti della persona umana e delle giuste esigenze del bene comune, il giudizio positivo sulla democrazia matura nella prima metà del secolo scorso, anche grazie all’apporto di laici come il beato Giuseppe Toniolo, iniziatore delle Settimane sociali, e il filosofo francese Jacques Maritain, il quale già nel suo «Umanesimo integrale» del 1936, auspica la responsabilità e la partecipazione di ogni cittadino alla conduzione della cosa pubblica.

La strada è ormai spianata e infatti Pio XII nel Radiomessaggio natalizio del 1944, di fronte alla pretesa dello Stato di assurgere al ruolo di fine ultimo e di criterio sommo dell’ordine morale e giuridico, sottolinea il valore della democrazia come «forma di governo che appare a molti un postulato naturale imposto dalla stessa ragione». Occorre, dunque, «mettere il cittadino sempre più in condizione di avere la propria opinione personale e di esprimerla e farla valere in una maniera confacente al bene comune».

Emerge qui un tratto costante del magistero dei papi sulla democrazia: l’istanza etica. Giovanni Paolo II lo esprimerà icasticamente nella «Centesimus annus», pubblicata nel 1991, quindi all’indomani della caduta del Muro di Berlino, simbolo dei totalitarismi sui quali la stessa democrazia alla fine aveva trionfato. «Una democrazia senza valori facilmente si converte in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia».

Del resto, anche nella «Gaudium et spes», anno 1965, si affermava: «È pienamente conforme alla natura umana che si trovino strutture giuridico-politiche che sempre meglio offrano a tutti e senza alcuna discriminazione, la possibilità effettiva di partecipare liberamente e attivamente sia alla elaborazione dei fondamenti giuridici della comunità politica, sia al governo della cosa pubblica, sia alla determinazione del campo d’azione e dei limiti dei differenti organismi, sia alla elezione dei governanti».

In sostanza, come afferma il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, «un'autentica democrazia non è solo il risultato di un rispetto formale di regole, ma è il frutto della convinta accettazione dei valori che ispirano le procedure democratiche: la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei diritti dell'uomo, l'assunzione del «bene comune» come fine e criterio regolativo della vita politica. Se non vi è un consenso generale su tali valori, si smarrisce il significato della democrazia e si compromette la sua stabilità». Detto in altri termini, come in effetti fa papa Wojtyla nella «Centesimus Annus», la persona umana, che di natura sua ha assolutamente bisogno d’una vita sociale, è e deve essere principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali.

Ne deriva un’idea di democrazia connotata da un contenuto etico, ossia caratterizzata dall’idea che la libertà non è arbitrio, ma va messa in relazione con la verità: «La libertà è pienamente valorizzata soltanto dall’accettazione della verità: in un mondo senza verità la libertà perde la sua consistenza, e l’uomo è esposto alla violenza delle passioni ed a condizionamenti aperti od occulti», scriveva infatti Giovanni Paolo II.

Non dissimile è l’insegnamento di Benedetto XVI esposto nella «Deus caritas est», dove si afferma che il compito fondamentale di un’autentica democrazia è quello di assicurare la giustizia e un ordine sociale giusto, e ciò per garantire a ciascuno la partecipazione ai beni comuni, nel rispetto dei principi di solidarietà e di sussidiarietà.

A questo insegnamento si rifà anche papa Francesco, il quale già da cardinale, nel 2011, in occasione del bicentenario dell’Argentina, aveva pubblicato un testo che conteneva in nuce il successivo suo magistero papale sul tema. «Non possiamo rassegnarci – scriveva – a un’idea di democrazia a bassa intensità, a livelli di povertà come quelli che ancora abbiamo, alla mancanza di definizione di un progetto strategico di sviluppo e di partecipazione internazionale, a una fisionomia della nostra cultura politica che gioca al “tutto o niente” in qualsiasi campo». In questo senso, la democrazia non è solo sistema di governo, ma diventa - come ribadito anche nel testo di ieri - strumento di inclusione e di accoglienza, per tutti, migranti compresi, promozione della vita e della pace, attenzione agli ultimi. Preoccupazioni, queste, ribadite dal Papa nella «Evangelii Gaudium» e nel discorso al Parlamento europeo di Strasburgo, nel 2014. Nella «Fratelli tutti» faro della Settimana Sociale, si sottolinea la buona politica come argine al tracimare di un totalitarismo che si ammanta di panni “democratici”. Senza contare i rischi dell’intelligenza artificiale, puntualmente segnalati. Tutti temi che a Trieste sono stati di casa.

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