Si intitola «Meravigliose invenzioni», il libro che Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei, ha scritto sul Decreto conciliare «Inter mirifica» sugli strumenti della comunicazione sociale, che compie 60 anni, essendo stato emanato da Paolo VI il 4 dicembre 1963 (con 1.960 voti favorevoli e 164 contrari). Il libro (edito da Scholé, pagine 224, euro 20) offre in primo luogo al lettore il testo integrale del Decreto conciliare, per poterne cogliere «l’attualità di questo testo» come sottolinea il curatore del volume, che nelle due parti successive offre alcuni contributi sul tema delle comunicazioni sociali. La prima parte offre «la coordinate della storia» per inquadrare questo testo nel suo contesto storico e all’interno del Concilio Vaticano II. Nella seconda parte, denominata «eredità ed evoluzioni », il libro offre quattro interventi che in qualche modo intendono coglierne non solo l’attualità, ma anche l’applicazione del Decreto conciliare ai nostri tempi che vede questi strumenti di comunicazioni essere parte integrante della nostra vita. Pubblichiamo la prefazione al volume scritta dal cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei.
La grande “svolta” impressa dal Concilio Vaticano II in tanti ambiti della Chiesa, non ultimo quello della comunicazione, ha per me anche un risvolto familiare, intimo, legato all’infanzia, in particolare a mio padre Enrico. Era direttore del settimanale illustrato « L’Osservatore della Domenica » e alcune volte capitava che mi portasse con sé in redazione. Ricordo bene i locali e soprattutto l’odore dell’inchiostro che li pervadeva. In quelle “visite” e attraverso i racconti di papà ho preso sempre più coscienza dell’importanza della comunicazione, con la possibilità di vivere da vicino anche alcuni passaggi fondamentali per la vita della Chiesa e del mondo, proprio come quello del Concilio.
Chiudendo il fascicolo speciale sul Vaticano II, preparato per il settimanale, papà scriveva: « Non possiamo concludere questo numero unico senza esprimere l’intima soddisfazione d’aver, in qualche modo, collaborato ad un avvenimento cosi grande ed eccezionale nella vita della Chiesa e per il mondo intero come quello del Concilio Vaticano II... Speriamo che la presente pubblicazione valga a far conoscere meglio il Vaticano II e a far amare ancora di più la Chiesa che esso ha rinnovato e riformato. Pensiamo, se non presumiamo troppo, d’aver attuato, seppure in minima parte e in infimo ordine, il nostro impegno di laici più volte affermato dal Concilio ed in modo particolare dal Decreto sopra i mezzi di comunicazione sociale».
Sono convinto che questo slancio comunicativo sia di grande attualità, soprattutto oggi che celebriamo i 60 anni dell’Inter mirifica, un testo che apre un cammino di maturazione nella consapevolezza di quanto rappresentino, dal punto di vista sociale, i media di massa. A distanza di tempo, il documento continua a offrire piste di lettura e di azione sulle grandi questioni comunicative ed ecclesiali, come dimostra questa pubblicazione che, usando un lessico a tema, non è un racconto chiuso ma un film con il finale aperto. L’analisi dei passaggi storici e le prospettive delineate dal Decreto lasciano intravedere nuove possibilità di annuncio e di testimonianza che si intrecciano con le esigenze emerse dall’esperienza del Cammino sinodale delle Chiese in Italia e che incoraggiano a utilizzare tutti i meravigliosi mezzi che abbiamo a disposizione.
«La comunicazione, i suoi luoghi e i suoi strumenti hanno comportato un ampliamento di orizzonti per tante persone. Questo è un dono di Dio, ed è anche una grande responsabilità. Mi piace definire questo potere della comunicazione come “prossimità”», afferma papa Francesco che ci spinge a non parlare solo fra noi ma con tutti, rifuggendo da «alcune tentazioni pericolose: essere una Chiesa rigida – una dogana –, che si arma contro il mondo e guarda all’indietro; essere una Chiesa tiepida, che si arrende alle mode del mondo; essere una Chiesa stanca, ripiegata su sé stessa».
La Chiesa infatti non cammina “altrove”, ma dentro la vita concreta delle persone, per annunciare loro il Vangelo. Sempre con l’attenzione a non banalizzare il linguaggio, ma impiegando tutto «unicamente per il bene dell’umanità, il cui avvenire dipende ogni giorno di più dal retto uso» dei media.
Arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana