Il saluto del nuovo pastore della Chiesa di Trieste: «Mai rassegnati a mediocrità e ingiustizie» - Diocesi di Cremona
In una Cattedrale, custode della storia e fede della bassa lombarda, dove i raggi del sole illuminavano un’assemblea numerosa e raccolta, è stato consacrato vescovo ieri pomeriggio a Cremona monsignor Enrico Trevisi che guiderà la Chiesa di Trieste «incantato e meravigliato per quanto Dio compie».
Una celebrazione densa di emozioni dove si è mostrato il volto gioioso di una comunità, quella cremonese, stretta attorno ad un sacerdote che è stato amico, parroco, rettore del Seminario, professore e compagno di tante famiglie, ma anche il volto accogliente della comunità di Trieste accorsa ad abbracciare il suo nuovo pastore e alla quale il neo consacrato si è rivolto subito in italiano e anche in sloveno riprendendo il suo motto episcopale: Admirantes Iesum.
Nel giorno dell’Annunciazione, Trevisi, classe 1963, ha pronunciato il suo “Eccomi”, concetto ripreso dal vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, nell’omelia che ha ricordato «la bellezza di essere evangelizzati e di evangelizzare». Presenti alla celebrazione oltre alla sua famiglia, ai tanti fedeli ed autorità civili e militari, un centinaio di sacerdoti e 20 vescovi tra cui l’emerito di Cremona Dante Lafranconi e l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, amministratore apostolico di Trieste. Al loro fianco i cremonesi Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e abate di Pomposa e Carmelo Scampa, vescovo emerito di São Luís de Montes Belos in Brasile oltre a Moise Messan Touho, vescovo di Atakpamé in Togo (terra legata per tradizione al Seminario cremonese) e una rappresentanza numerosa di pastori del Triveneto e della Lombardia.
«È una grande gioia percepire Cristo vivo nella sequela dei discepoli, apostoli e vescovi, Cristo è davvero qui vivente – ha detto Napolioni pieno di emozione – in un anticipo di Pasqua». Una gioia che è responsabilità dell’ «Eccomi» pronunciato dal nuovo vescovo chiamato, come lo fu Maria per mezzo dell’Angelo, ad essere «segno tangibile dell’iniziativa di Dio», a «riconoscere e condividere lo stupore della fedeltà creatrice di Dio», facendosi umile servo di una Chiesa che lo ringrazia per il servizio svolto e lo dona ad un’altra comunità per essergli pastore. Il rito, segnato da una preghiera corale, accompagnata da 80 cantori, la musica dell’organo Mascioni e da un quartetto di ottoni, ha reso palpabile “il soffio del Creatore”, ripreso dal testo del rito segnato da una sequenza di gesti pieni di significato che si concludono con la consegna di crisma, Vangelo, anello, mitria e pastorale.
Al termine della celebrazione, il saluto grato di Trevisi che ha chiesto «al popolo di Dio, di Trieste e di Cremona, di essere coraggiosi nel collaborare gli uni con gli altri e fantasiosi nell’incarnare il Vangelo, di accompagnarmi a cogliere la presenza di Dio dentro le ferite della storia passata e presente». Con lo sguardo perennemente rivolto a Dio e ringraziando tutti (dai compagni di Messa, ai vescovi, alle famiglie amiche segnate da gioie e fatiche, ai malati, ai tanti volontari, alla sua parrocchia di Cristo Re), chi lo ha accompagnato in questi anni, comprese le famiglie e da cui ha imparato molto e coloro che lo accoglieranno nella sua nuova casa. Un’indicazione forte anche alle «autorità qui presenti e quelle che incontrerò anche a Trieste» sulla scorta di don Primo Mazzolari: «auguro non di essere in pace, ma di essere di pace: donne e uomini inquieti per costruire un mondo diverso, mai rassegnati alla mediocrità e alle ingiustizie».