Un vescovo francese mostra il "nuovo" tesserino personale - .
Le tecnologie digitali d’informazione possono contribuire alla lotta contro la piaga degli abusi nella Chiesa? La Conferenza episcopale francese ne è convinta e passerà presto alla dimostrazione pratica, introducendo entro fine anno una nuova tessera di riconoscimento per diaconi, sacerdoti e vescovi. Tramite l’attivazione di un codice QR, il dispositivo permetterà di accertare che non esistono restrizioni all’esercizio di missioni liturgiche e d’accompagnamento pastorale. Se ritenuta necessaria, la verifica potrà essere chiesta ed effettuata solo da persone autorizzate, come i responsabili e il personale di una parrocchia o di un santuario che accoglie dei consacrati esterni nel periodo estivo. L’uso del dispositivo, dunque, non potrà riguardare i fedeli, né altre persone del tutto esterne al mondo ecclesiastico.
L’approvazione di questo nuovo strumento, così come delle regole di condotta per un suo utilizzo armonioso ed efficace, è il frutto di una riflessione durata anni. In linea di principio, un primo via libera episcopale al dispositivo era giunto nel novembre 2021, dopo la pubblicazione del doloroso rapporto della commissione ad hoc sugli abusi nella Chiesa francese dal 1950, presieduta dall’alto funzionario Jean-Marc Sauvé.
Tecnicamente, si tratta di una sorta di versione digitale modernizzata del tradizionale celebret cartaceo: il documento (usato con modalità differenti anche in Italia) rilasciato dai vescovi o dai superiori di un ordine per comprovare la facoltà di un consacrato d’esercitare funzioni liturgiche e pastorali anche in un’altra diocesi. Il celebret viene già chiesto ad esempio dai rettori di santuari e cattedrali, o in occasione di altri eventi di fede, come grandi riunioni di giovani. Ma la versione cartacea presenta vari inconvenienti, come ha esplicitato monsignor Alexandre Joly, vescovo di Troyes e portavoce della Conferenza episcopale. L’aggiornamento dei dati, in particolare, non è considerato un’operazione semplice e nei fatti, dunque, può non essere regolare. Inoltre, il documento non è affatto a prova di falsificazione, anche perché disponibile fin qui in vari formati non armonizzati su scala nazionale.
Adesso, in uno spirito di massima trasparenza, l’introduzione della tessera digitale potrà contribuire a «rendere la Chiesa sicura», ha aggiunto monsignor Joly, presentando la svolta tecnica. Concretamente, l’attivazione del codice QR confermerà con il colore verde l’assenza di restrizioni. Il colore arancione indicherà invece l’esistenza di determinati impedimenti, non per forza legati a sanzioni disciplinari, come nel caso di certi ordini in cui il sacerdote, nel primo anno di ministero, non è autorizzato a confessare. Il colore rosso, invece, fa riferimento a un divieto di celebrare e confessare, in particolare in presenza di situazioni disciplinari pendenti. Proprio il caso, in particolare, di sacerdoti riconosciuti colpevoli di abusi. L’aggiornamento dei dati avverrà abitualmente con cadenza annuale. Ma in caso di condanna, canonica o civile, quest’ultima verrà registrata immediatamente.
Monsignor Joly ha tenuto pure a ricordare che la misura rappresenta «un modo di rispettare il sacramento», che non appartiene agli uomini, ma «è la proprietà di Dio».