Un sinodo della Chiesa Anglicana a Canterbury - Ansa
«Come possiamo conoscere e vedere Gesù nelle discussioni di questo Sinodo, sapendo che ci sono profonde divisioni tra di noi? E, in questo momento, queste divisioni sembrano portarci a un punto di rottura. In modi diversi e per diversi motivi molti di noi sono arrivati a questo Sinodo sfiniti, spaventati, confusi e anche arrabbiati». In queste parole, pronunciate dall’arcivescovo di York Stephen Cottrell durante il suo discorso inaugurale al Sinodo, l’organo che controlla la Chiesa di Inghilterra, sta tutta la tre giorni che si è tenuta nel centro di Londra, a Church House, tra lunedì 13 novembre e mercoledì 15. E le conclusioni: la decisione, arrivata mercoledì pomeriggio e raggiunta con una maggioranza risicata, di aprire a celebrazioni che assomiglieranno moltissimo alle nozze gay, anche se queste ultime saranno su base volontaria. Nessun pastore anglicano sarà obbligato a celebrarle se non vuole.
L’iter per introdurre queste “Preghiere di amore e di fede” per celebrare l’unione di coppie omosessuali stabili, già unite civilmente dalla legge britannica, approvate dalla Chiesa di Stato inglese lo scorso febbraio, rimane lungo, fino al 2025. E complesso, perché richiede consultazioni con ogni diocesi e la maggioranza di due terzi in ognuna delle tre camere del Sinodo, laici, pastori e vescovi. Una maggioranza che, in questo momento, non esiste. L’organo che guida la Chiesa anglicana ha, quindi, voluto trovare una scorciatoia e dare un’accelerata al processo con un emendamento, proposto dal vescovo di Oxford Steven Croft, che inaugura un periodo sperimentale così che le nuove celebrazioni possano partire già tra qualche settimana. Insomma: la Chiesa anglicana segue due strade parallele, una più lunga e complessa e un’altra più breve.
Da metà dicembre cominceranno, invece, le “Preghiere di amore e di fede”, che la Chiesa anglicana aveva già autorizzato come parte delle funzioni normali e quotidiane delle varie parrocchie. Ma non come celebrazioni separate e indipendenti, i cosiddetti “standalone services”: prospettiva affidata, da un lato, all’iter che guarda al 2025, dall’altro alla sperimentazione proposta dal vescovo di Oxford. La Chiesa di Inghilterra rimane, su queste liturgie, profondamente divisa. Il controverso emendamento del vescovo Croft ha ottenuto una maggioranza risicata nelle tre camere che compongono il Sinodo – cento pastori contro 93, 104 laici contro 100 e 23 vescovi contro 10 – e la Chiesa ha rischiato di dividersi. Proprio com’era successo lo scorso febbraio, quando il Sinodo aveva dato il via libera alle nuove liturgie, sempre con una maggioranza limitata, di 250 voti a favore e 181 contrari, e le camere di laici e pastori divise quasi a metà.
Il dibattito, mercoledì, è durato nove ore. Vescovi, pastori e laici hanno espresso posizioni profondamente diverse. Da chi, omosessuale, si è sentito per anni discriminato e ora ritiene queste celebrazioni «soltanto briciole, gettate sotto il tavolo» e vuole una decisa approvazione dei matrimoni gay, legalizzati, in Gran Bretagna, dal Parlamento nel 2013. A chi, come i rappresentanti dei gruppi “Anglican Orthodox” e “Global South Fellowship of Anglican Churches”, preme per un deciso no alle unioni omosessuali alla luce di un approccio “letterale” alla Bibbia e fatica ad accettare le nuove celebrazioni, anche come parte delle funzioni quotidiane delle varie parrocchie.
È toccato al vescovo di Londra Sarah Mullally, che ha guidato per sei anni il processo di consultazione su identità e sessualità chiamato Living in love and faith (Vivere nell’amore e nella fede), che ha coinvolto migliaia di fedeli anglicani e ha cercato di aprire uno spazio di dialogo e dibattito che consenta alla Chiesa di Stato inglese di rimanere unita, pur nelle profonde divisioni che l’argomento unioni omosessuali scatena, e di concludere i lavori del Sinodo. «La verità è, come abbiamo visto ancora una volta oggi, che la Chiesa di Inghilterra non ha un’opinione unica su questioni di sessualità e matrimonio», ha detto il vescovo Mullally, «e dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per trovare uno spazio dove possiamo vivere con le nostre differenze perché siamo convinti che è quello che Dio ci chiede di fare».
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