Giovani in preghiera - Archivio Avvenire
Medici, infermieri, volontari, ma anche sopravvissuti al Covid, familiari che hanno visto morire un parente per la malattia e anche tre mamme che hanno messo al mondo un bimbo durante l’emergenza sanitaria. Sono alcuni dei testimoni del “tempo della pandemia” che questo pomeriggio hanno accompagnato il Rosario presieduto da papa Francesco nella Grotta di Lourdes dei Giardini Vaticani. Un appuntamento straordinario a conclusione del mese mariano di maggio per chiedere l’intercessione della Madre di Dio in mezzo alla pandemia. La preghiera è inizita alle 17.30 e ha coinvolto i santuari di tutto mondo che a causa del coronavirus hanno dovuto interrompere le loro attività. In diretta e in mondovisione sono stati collegati i santuari più grandi dei cinque continenti tra cui Lourdes, Fatima, Lujan, Milagro, Guadalupe e per quanto riguarda l’Italia San Giovanni Rotondo e Pompei. Ma l’invito è naturalmente stato rivolto a tutti. Meditati i Misteri gloriosi. Si sono alternati nella recita delle decine un medico e un’infermiera, a nome di tutto il personale in prima linea; una persona guarita dal virus e una che ha perso un familiare, per indicare quanti sono stati toccati dalla sofferenza. Poi un sacerdote, cappellano ospedaliero, e di una suora infermiera per ricordare i preti e i consacrati vicini ai pazienti. Quindi una farmacista e una giornalista per richiamare il servizio in favore degli altri. E ancora un membro della protezione civile con la sua famiglia. L’iniziativa è stata promossa dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. (G.G.)
«Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio» è una delle due preghiere scritte da papa Francesco e indicate per accompagnare la recita del Rosario in questo mese di maggio. Con questa preghiera si concluderà oggi pomeriggio il Rosario che il Pontefice guiderà dalla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani in collegamento con i santuari mariani del mondo.
Una scelta singolare, secondo il domenicano e mariologo padre Giuseppe Damigella, perché il Papa con uno stile «semplice, diretto, senza mediazioni e quasi francescano» si rifà in fondo «alla grande tradizione orante della Chiesa che chiede la grazia della guarigione per tutti i suoi figli». E il religioso sottolinea un particolare: «Si intravede in questa preghiera quasi un “filo rosso” con la predicazione “ordinaria” dello stesso papa Francesco a Casa Santa Marta. Nel testo, come in tante delle sue omelie pronunciate durante questo mese di maggio, emerge la preoccupazione di Francesco verso tutte quelle categorie di persone che sono state più colpite e “ferite” dalla pandemia, anche dalle conseguenze economiche della crisi sanitaria».
Il domenicano, oggi priore del convento di San Domenico a Catania e per anni docente di dogmatica presso l’Istituto teologico di Monreale e di mariologia alla Pontificia facoltà teologica di Sicilia, si sofferma su un ulteriore aspetto: «In questo breve testo affiora il tratto più personale di papa Bergoglio. Ci sono i riferimenti alla pandemia attuale e i richiami a malati, medici, famiglie. Poi il Pontefice ricorda anche i morti a causa del Covid-19. Sullo sfondo sono chiari i riferimenti a due antiche invocazioni mariane: il Sub tuum praesidium e il Salve Regina».
Padre Damigella, che condivide con un suo illustre confratello il Beato Angelico la passione per la pittura «senza raggiungere – ammette sorridendo – le stesse vette di perfezione», coglie un altro dettaglio sull’appuntamento di questo pomeriggio: la scelta del Vescovo di Roma di sostare in preghiera di fronte alla Grotta di Lourdes in Vaticano.
«Tutto questo ci riporta in fondo a un’altra verità di fede: che il Rosario stesso è una preghiera voluta dalla Madonna. Basti pensare ad alcune delle più importanti apparizioni riconosciute dalla Chiesa, quelle di Lourdes e di Fatima, dove la Vergine si mostra in un contesto orante con il Rosario in mano. Attraverso questo antico strumento di preghiera la Madonna ci dice che non abbandona il suo popolo e ci è accanto nei momenti di estrema difficoltà come in questa emergenza, proprio come accadde a Fatima nel 1917 durante la prima Guerra mondiale».
Lo stesso Pontefice aveva invitato – con una lettera – a recitare il Rosario «a casa e in famiglia» in questo mese di maggio indicando la proposta come via maestra «per riscoprire la bellezza» di questa preghiera. «La corona del Rosario simboleggia spesso per noi che siamo la Chiesa militante uno strumento di “soccorso” nella prova – è la riflessione finale –. Questo modo di pregare accompagna le nostre esistenze da secoli nei frangenti di maggiore disagio e di sofferenza e anche nel momento della morte. Pensiamo a come nei momenti estremi, mi viene in mente la morte di un congiunto, non solo recitiamo questa preghiera ma spesso adagiamo spesso la corona, spesso qui nel Sud Italia, tra le mani dei nostri cari. Ritengo che il Rosario con la recita dei suoi Misteri è nel suo profondo il paradigma della nostra vita fatta di gioie, di dolori e poi, speriamo, di gloria. Esso è veramente, come direbbe Joseph Ratzinger, la “culla dell’anima”».