Sako, Giudici e don Sacco in Iraq nel 2011 - .
Dall’austero palazzo vescovile di Pavia fino a Kirkuk, fra le montagne del Kurdistan iracheno. Nel 2011 monsignor Giovanni Giudici fu il primo vescovo italiano a visitare le comunità cristiane in Iraq, dopo il nunzio apostolico e l’ordinario militare.
Un impegno per la pace che ora riaffiora nei ricordi di un ministero episcopale fatto di sobrietà e determinazione, ma che si penserebbe vissuto esclusivamente in Italia. Quello che emerge, in questi primi giorni dopo la scomparsa del vescovo varesino – dal 1991 vicario generale del cardinale Carlo Maria Martini e poi vescovo di Pavia – è un legame con Pax Christi molto forte fino agli ultimi mesi di vita, spesi nella lotta contro la malattia ma senza rinunciare all’impegno e alla preghiera per la pace. «È dispiaciuto a tanti che il nostro patriarca ci abbia lasciato. Certo troverà modo di aiutare il movimento per la pace», scriveva monsignor Giudici a don Renato Sacco lo scorso mese di luglio, commentando la scomparsa di monsignor Luigi Bettazzi, storico presidente di Pax Christi. In quelle poche righe, pure un ricordo della visita in Iraq e dell’incontro con l’allora arcivescovo caldeo di Kirkuk. Lo spunto è la decisione del patriarca di abbandonare la sede di Baghdad in polemica con il governo: «Ho letto le notizie del cardinale Sako e mi hanno molto addolorato. Che bella persona, umile e disponibile. Mi domando se hai strade per fare giungere a lui il segno del nostro ricordo grato», scriveva all’amico.
Giudici in Iraq nel 2011 - .
La scoperta delle antiche comunità dei cristiani di Oriente, nell’Iraq che usciva dalla seconda guerra del Golfo e dalla difficile transizione del dopo Saddam Hussein, fu una tappa significativa nell’impegno per la pace di Giovanni Giudici. «Il legame di Pax Christi con l’Iraq risale al 1998, e nel 2011 come presidente volle accompagnare una piccola delegazione. Veniva dalla scuola di Martini: una Chiesa dell’ascolto e aveva fatto sua la preghiera del cardinale di Milano “un grido di intercessione”. Pregare per la pace voleva dire mettersi in mezzo ai due contendenti per ascoltare le ragioni dell’uno e dell’altro: e questo, con l’umiltà e la mitezza che lo contraddistinguevano, monsignor Giudici volle fare andando in Iraq denunciando la follia della guerra, dell’embargo, la discriminazione della minoranza cristiana», racconta don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi. Una sensibilità mai abbandonata se ancora a fine dicembre confidava a don Nandino Capovilla, altro dirigente di Pax Christi, «la sua sofferenza per quanto avveniva in Terra Santa e in particolare, nei giorni di Natale, a Gaza. Condivideva le preghiere che scriveva ogni giorno l’ex patriarca latino di Michel Sabbah sulla guerra a Gaza», riferisce don Renato Sacco.
Giudici con il patriarca Sako nel 2011 - .
Un impegno vissuto con grande discrezione, lontano da clamori mediatici: «Credeva in un lavoro per la pace radicato, nel creare una cultura della pace: era un uomo di studio e come presidente di Pax Cristi voleva controllare ogni testo parola per parola. E con queste radici profonde ci ha accompagnato e ha consentito a Pax Christi di lanciare molte campagne, compresa quella in difesa delle minoranze». Un ricordo commosso condiviso dal cardinale Louis Sako che, in un suo messaggio, va con la memoria a quell’incontro del 2011. «Non era difficile scoprire nella sua persona – scrive Sako – un uomo umile, mite e con il senso dell’umorismo. Un uomo della Chiesa che cerca la verità, ma anche difensore della dignità e della pace nel mondo tramite Pax Christi». Una vita, conclude il cardinale, spesa a «condannare le violenze e le guerre assurde perché il mondo abbia sicurezza e gli uomini la vita in abbondanza come indicato dal suo Maestro Gesù Cristo».