Un’inchiesta durata sette anni, costata 186 milioni di sterline (circa 213 milioni di euro), durante la quale sono stati ascoltati 725 testimoni per un totale di 325 udienze pubbliche. Al centro, le storie e la vicinanza a 7mila vittime di abusi. Queste le cifre della “Indipendent inquiry into child sexual abuse”, l’indagine di Stato, avviata nel 2015 dall’allora premier britannica Theresa May, all’indomani dello scandalo di Jimmy Savile, il famoso dj della Bbc, che aveva per anni infierito su vittime innocenti, coperto da colleghi e superiori.
Il rapporto diffuso ieri completa un lungo percorso di ricerca e chiede, tra le altre cose, che la mancata denuncia di un abuso sia riconosciuta dalla legislazione britannica come un crimine.
L’inchiesta riguarda casi anche parecchio lontani, fino agli Anni Cinquanta del secolo scorso, con lo scopo di indagare le strutture manageriali, i valori e i canali di comunicazione di varie istituzioni per capire come gli abusi fossero stati possibili.
Oltre che della Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles, l’“Indipendent inquiry into child sexual abuse” si è occupata anche del Parlamento di Westminster, di autorità locali di varie parti del Regno Unito, della Chiesa d’Inghilterra - cioè quella anglicana - di scuole, di istituti di affido per minori abbandonati e in difficoltà e di ordini religiosi. Ad essere ascoltati e interrogati sono stati i sopravvissuti agli abusi e anche i responsabili delle organizzazioni dove i crimini sono stati commessi.
La natura e il livello di abusi in Inghilterra e Galles sono stati definiti «orribili e profondamente disturbanti» dalla presidente della Commissione d’inchiesta Alexis Jay. «Minori sono stati minacciati, picchiati e umiliati. Alcune vittime non si riprenderanno mai. Abbiamo sentito così tante volte come le istituzioni abbiano preferito proteggere la loro reputazione anziché i minori», ha aggiunto Jay.
Di questa mancanza sarebbe stata colpevole, secondo l’inchiesta di Stato, anche la Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles dove, tra il 1970 e il 2015, sono state oltre 3mila le segnalazioni di abusi con il coinvolgimento di oltre 900 persone. La Chiesa cattolica ha collaborato all’inchiesta di Stato attraverso il “Catholic council”, una commissione presieduta dalla baronessa Nuala O’Loan.
E proprio dal “Catholic council”, attraverso un comunicato, è arrivata la risposta cattolica all’indagine. «Studieremo attentamente il contenuto» spiega la nota. «Prima della pubblicazione del rapporto sulla Chiesa cattolica, nel novembre 2020, abbiamo commissionato un’inchiesta indipendente sulle strutture di salvaguardia che sta per essere implementata. Inoltre, nell’aprile 2021, è stato avviato un nuovo ente, la “Catholic Safeguarding Standards Agency”, che si assicura che vengano seguite tutte le procedure di tutela di minori e adulti vulnerabili nella Chiesa».
Un pensiero importante il Catholic council lo riserva per le vittime «che hanno avuto un’importanza fondamentale nella messa a punto della nuova agenzia. Per questo la Chiesa rimane impegnata in un ascolto umile di coloro che sono stati feriti dalle azioni dei membri della Chiesa così che le loro esperienze possano guidare il nostro lavoro. Ed è quanto mai importante – conclude il Catholic Council – offrire scuse senza riserve a tutti coloro che sono stati feriti dagli abusi nella Chiesa cattolica e riaffermare il nostro impegno per un miglioramento continuo del nostro lavoro di salvaguardia di minori e adulti vulnerabili».