Oggi compie 95 anni. Il papa emerito Benedetto XVI in un'immagine d'archivio del 2016 - Ansa / Vatican Media
Benedetto XVI, il Papa emerito, compie oggi 95 anni. In un giorno, il Sabato Santo, nel quale si replicano le condizioni della sua nascita e del suo Battesimo.
Nacque, difatti, nelle prime ore di 95 anni fa, anche allora di Sabato Santo, e il padre, lasciati a letto la mamma e i figli maggiori, dopo poche ore lo accompagnò in chiesa perché ricevesse il Battesimo con la nuova acqua battesimale appena benedetta. Venticinque anni fa, al compimento dei 70 anni, papa Benedetto così commentava la circostanza: «Personalmente sono sempre stato grato per il fatto che, in questo modo, la mia vita sia stata fin dall’inizio immersa nel mistero pasquale, dal momento che non poteva che essere un segno di benedizione».
A conferma di questa affermazione, l’intera vita del Papa emerito può essere letta come immersione nel mistero pasquale, con discese di grande sofferenza cui han fatto seguito ritorni alla vita nella luce della risurrezione. La prima discesa è quella della chiamata alle armi a soli 16-17 anni, verso la conclusione della seconda Guerra mondiale. Sembrava una vita destinata a concludersi sui campi di battaglia.
Guidato, secondo la sua convinzione dalla Provvidenza, il giovane Joseph riuscì invece a tornare a casa, a riprendere gli studi di teologia in seminario a Frisinga e a essere ordinato sacerdote. Seguirono gli anni della cattedra universitaria nei più prestigiosi atenei della Germania, al servizio di una teologia al cui centro si poneva costantemente la giusta armonia tra ragione e fede. Un servizi reso ancora più prezioso dalla partecipazione al Vaticano II come perito chiamato a collaborare, a dare equilibrio ad alcuni dei testi più importanti del Concilio: la costituzione sulla divina rivelazione, il decreto sulle missioni, la parte iniziale della costituzione Gaudium et spes.
Seguì il passaggio alla cattedra episcopale con la nomina a vescovo di Monaco, e poi l’approdo a Roma con la pluridecennale collaborazione con san Giovanni Paolo II. Di questo lungo servizio al fianco del Pontefice polacco va ricordata almeno la direzione per la stesura del Catechismo della Chiesa cattolica, l’opera che riassume il meglio dell’insegnamento del Vaticano II per metterlo a disposizione della cattolicità.
Il servizio alla Chiesa giunse alla pienezza con l’elezione a 265° successore di san Pietro sulla cattedra romana. Anche qui, tuttavia, l’attendeva una misteriosa discesa agli inferi per il deflagrare dello scandalo degli abusi sessuali compiuti dai chierici nei seminari e nelle istituzioni ecclesiastiche. Il Papa tedesco mutò in senso restrittivo la legislazione ecclesiastica, invitò i sacerdoti a meditare sul senso della loro vocazione, scrisse una commovente lettera ai vescovi irlandesi, ebbe parole durissime per chi si era macchiato di tali crimini, soprattutto decise di incontrare le vittime degli abusi per chiedere il loro perdono. Mi ha sempre colpito la testimonianza di una vittima maltese. A chi gli chiedeva cosa gli aveva detto il Papa, rispose semplicemente: «Niente. Abbiamo pianto insieme».
Nel 2013, provato nel fisico e nel morale, papa Benedetto decise di dare le dimissioni dal ministero di successore di Pietro. Fu una prova indubbiamente difficile, superata con la fiducia in Gesù cui negli anni del pontificato aveva dedicato un’opera resa preziosa dalla grande capacità teologica e da un amore sempre più tenero verso il Figlio di Dio divenuto uomo per amore. Si riprese poi e, sostenuto dall’amicizia e dalla vicinanza del suo successore papa Francesco, prese dimora nel monastero Mater Ecclesiae sopra il colle Vaticano.
Il 29 giugno del 2021 ricorreva il 70° della sua ordinazione sacerdotale. Ebbi allora il privilegio di potergli rendere visita nella vigilia di tale ricorrenza. Nella casa c’era già un’atmosfera di gioia. Papa Benedetto era sereno e radioso come nel giorno della sua ordinazione sacerdotale. Anche nel monastero, tuttavia, gli sono ultimamente giunti gli schizzi di un fango proveniente dalla Germania. L’accusa era di non aver agito negli anni Settanta contro un sacerdote pedofilo, dal vescovo della sua diocesi inviato nel capoluogo bavarese per sottoporsi a una cura psicologica. Presto papa Benedetto lasciò Monaco per trasferirsi a Roma. Non era dunque al corrente delle ricadute del prete pedofilo né canonicamente poteva prendere misura alcuna contro di lui.
La risposta più significativa del Papa emerito è venuta da una intervista concessa in occasione dell’anno dedicato a san Giuseppe da papa Francesco. Ricordando che del santo che gli fu dato come patrono nel giorno del Battesimo i Vangeli non tramandano parola alcuna, Benedetto commentava: «Il suo silenzio è al contempo la sua parola. Esso esprime il “sì” a ciò che egli, legandosi a Maria e a Gesù, ha preso su di sé». È questo attualmente anche l’atteggiamento dell’anziano Pontefice che ancora una volta è immerso nel mistero pasquale che comprende la discesa agli inferi, ma anche il ritorno alla vita nella notte tra il sabato del silenzio di Dio e la domenica mattina della risurrezione.
Auguri, santità, per questo nuovo Sabato Santo che si concluderà ancora con la domenica della risurrezione, in attesa della Pasqua senza fine quando, secondo l’Apocalisse, potrai seguire il Signore dovunque vada continuando a cantare le lodi della sua gloria.
La meditazione sul mistero del Sabato Santo
Al mistero del Sabato Santo Benedetto XVI dedicò una meditazione il 2 maggio 2010, nel corso della sua visita pastorale a Torino, venerando la Sindone. «Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazione spaventosa di abbandono – disse Ratzinger – e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio. È successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori».