Il cardinale Krajewsky celebra i funerali di Mirko - Vatican News
«In quell’uomo senza volto, abbiamo visto il volto sofferente del Signore». Così il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere di papa Francesco, inizia il racconto dell’incontro con Miroslaw, “Mirko” per tutti, il senza dimora slovacco di 60 anni al quale un cancro devastante aveva consumato il volto.
Per un anno è stato ospite del Papa nel dormitorio di Palazzo Migliori, realizzato accanto al Colonnato di San Pietro.
Sabato padre Konrad ne ha celebrato i funerali. «Lo abbiamo accompagnato in tanti, c’erano due vescovi, una decina di sacerdoti, più di cento volontari e senza dimora come lui. Mirko non è morto solo».
Eppure a lungo ha vissuto da solo, per strada, nei giardini dell’Aventino, uno dei più antichi quartieri di Roma, su uno dei famosi “sette colli”. Era solo con la sua gravissima malattia. Padre Konrad conosce bene la sofferenza, il dolore, gli scartati, in tante parti del Mondo, dove lo invia il Papa. «Uno può essere sfasciato, può avere la mancanza di una parte del corpo, penso a un braccio, a una gamba, ma quando manca il viso è molto più difficile. Sono stato molte volte in Ucraina e ho visto casi terribili, ma questo mi ha colpito perché stava in mezzo all’Europa, in un quartiere benestante, ci sono case dei ricchi, molte ambasciate».
E qui il cardinale cita il Vangelo, la parabola di Lazzaro e del ricco epulone. «Mirko era come Lazzaro per loro, ma non si sono accorti che era per loro, chiamavano le Forze dell’ordine perché dava fastidio vedere un uomo così». Già, perché Mirko copriva il viso con un lungo fazzoletto, ed era pieno di mosche e formiche, attirate dalle ferite aperte. Eppure non voleva essere aiutato. «Sono venuti tutti, carabinieri, poliziotti, un’ambulanza. Lo volevano portare in ospedale. Ma non voleva. Diceva di no e cominciava a strillare quando lo volevano prendere. Così lo hanno dovuto lasciare».
Una storia che viene segnalata a padre Konrad. Che lo va a trovare. «Per due lunghi mesi sono andato da lui per convincerlo. Invano. Non voleva spostarsi, non volava andare in ospedale. Diceva: “Queste sono cose tra me e il Signore, sono nelle sue mani”. Voleva morire lì circondato dalle mosche e dalle formiche. Era veramente una cosa difficile da accettare guardandolo. Ma parlava, si confessava e prendeva da noi la Comunione. Questo ci dice che uno non è solo il corpo, la carne, che si può anche non avere la faccia ma essere lo stesso un uomo. Siamo davvero corpo e anima».
Ma il Cardinale non molla. «Lui viveva in un giardino e alloro gli ho proposto di ospitarlo nei Giardini Vaticani, in un angolo molto degno, bello, tranquillo. Ma diceva di no. Gli ho proposto una stanza nella casa generalizia dei Domenicani di Santa Sabina, che mi avevano detto subito di sì, ma lui ha rifiutato. Infine un giorno gli ho detto “ti invita il Santo Padre Francesco”. Mi ha detto che mi avrebbe dato una risposta dopo tre giorni. E ha accettato. Forse aveva fiducia che nessuno gli avrebbe fatto male. La ferita gli faceva molto male. In ospedale ogni giorno gli avrebbero fatto la medicazione ma per lui era una sofferenza, invece da solo riusciva a difendersi. Così è stato con noi per poco più di un anno».
Stanza singola, «la migliore del dormitorio. Con la finestra che dà proprio su piazza San Pietro. Stava sempre lì ad osservare. Così poteva seguire l’Angelus del Santo Padre e tutte le celebrazioni. Ma soprattutto non era più solo, ma in un ambiente pulito, buono, amichevole».
Un anno in cui è tornato a comunicare e a sorridere. Perché il cancro «gli aveva risparmiato la bocca, le labbra. Ed è importante perché se non c’è un contatto è difficile, invece lui parlava, ma poco. Non si lamentava mai, mai diceva che soffriva, che aveva bisogno di qualcosa. Invece diceva sempre “grazie”. Per ogni cosa, “grazie che sei venuto”, “grazie che mi ospitate”, “grazie di quello che mi hai portato””. Lo ha fatto anche dal Santo Padre, dove l’ho portato un giorno. Ha ricevuto la sua benedizione. Il Papa è stato molto colpito perché ha visto un uomo senza faccia, senza viso”. Però le labbra, la parola le usava anche per altro. “Quando sono venuti quattro vescovi slovacchi lui ha cominciato a parlare del Vangelo, faceva una meditazione del Vangelo. Quella bocca veramente dava una testimonianza”.
E qui, però, non può mancare una riflessione sul perché della sofferenza, sul perché del dolore. Padre Konrad che il dolore conosce bene la domanda se l’è fatta tante volte, «ma risposta è il mistero della Fede. Noi non sappiamo perché questo uomo è stato così provato. Il Santo Padre una volta mi ha detto che quando non sai risolvere i problemi, non sai cosa dire, cerchi nel Vangelo una risposta, in una situazione simile alla tua. È così. Gesù diceva “ero malato, ero in carcere, ero nudo”. Ero anche senza il volto. E mi avete accolto».
Un mese fa la morte, ma la burocrazia ha fatto attendere un mese per i funerali. «Ho cominciato l’omelia dicendo che Mirko è morto quindi vive. È proprio così. Abbiamo ricevuto tanto da lui durante questo lungo anno. Ci siamo santificati tanto grazie a lui. Siamo cresciuti spiritualmente perché, come dice il Santo Padre, «se volete adorare Gesù stesso uscite per la strada e aiutate i poveri. Noi avevamo Gesù Cristo nel Palazzo Migliori e potevamo adorarlo sempre, vedendo questo benedetto che si chiama Mirko, slovacco, uomo senza volto, volto di Cristo».