domenica 27 marzo 2016
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«Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!». Difficile trovare nella liturgia parole più audaci di queste del-l’Exultet, il preconio cantato ieri notte nella Veglia pasquale. «Già. Possiamo dire “felice colpa“ con il senno di poi...» ribatte monsignor Angelo Lameri, docente di liturgia e sacramentaria generale alla Pontificia Università Lateranense. Un’espressione decisamente forte, ma che si sposa con una simbologia liturgica altrettanto suggestiva. «La Veglia pasquale ruota attorno a quattro segni – spiega monsignor Lameri – che dicono l’umano trasformato dalla risurrezione. La luce, con il cero pasquale; la Parola, con le numerose letture bibliche; l’acqua, con il Battesimo; il pane e il vino, con il banchetto eucaristico. Sono quattro elementi essenziali per l’uomo: senza la luce non ci può essere vita; la parola, il comunicare è un atto fondamentale; l’acqua fa crescere, lava, rigenera; poi il cibo, il nutrimento. E la liturgia sceglie questi elementi così essenziali per dire il mistero di Cristo. Il cero pasquale viene preparato con i grani di incenso infilati a forma a croce, perché nel cero è impressa la forma del crocifisso risorto; il fatto che la cera faccia luce consumandosi è un richiamo alla dimensione del sacrificio; la cera fa luce e intanto si consuma, offre se stessa per fare luce, come il sacrificio di Gesù Cristo ». E si tratta di elementi primordiali: «La luce e le tenebre, le acque che vengono divise ecc. La risurrezione di Cristo ricrea l’universo. Soprattutto da noi, nell’emisfero nord, la Pasqua coincide con la primavera, quindi è forte il richiamo al mistero della risurrezione come rifiorire della vita». Un rito, quello della veglia, antichissimo – «la celebrazione di una pasqua annuale la troviamo già nella metà del II secolo» chiosa monsignor Lameri – e che nel 900 ha visto alcuni cambiamenti significativi: «La riforma fondamentale venne fatta nel 1951 da Pio XII, che riportò la veglia nelle ore notturne, perché fino ad allora la si celebrava la mattina del sabato, pur cantandosi, nell’annuncio pasquale, “Questa è la notte…”. Nel 1955 è arrivata poi la riforma di tutta la Settimana Santa. Il Concilio ha sviluppato certi elementi, come la scelta delle letture, ma in sostanza ha ripreso una riforma già fatta». © RIPRODUZIO NE RISERVATA
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