giovedì 19 gennaio 2017
Cos'è l'ecumenismo? Perché le Chiese devono impegnarsi a superare le divisioni? Ci sarà mai l'unità tra tutti i cristiani? Domande e risposte per saperne di più e orientarsi tra le differenze
Papa Francesco e il patriarca ortodosso Bartolomeo I (Siciliani)

Papa Francesco e il patriarca ortodosso Bartolomeo I (Siciliani)

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Ogni anno, dal 18 al 25 gennaio, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è l’occasione per verificare se avanza, e in che modo, il cammino di riavvicinamento tra le Chiese verso la piena e visibile comunione. Un modo per capire un po’ meglio il significato e l’importanza dell’ecumenismo, parola complicata che spesso viene utilizzata anche nell’uso comune, per definire realtà e situazioni che non riguardano direttamente la Chiesa.

Cos’è l’ecumenismo?


Con questa parola si indica l’impegno, il movimento che lavora per ritrovare l’unità tra chi, pur professando una comune fede in Cristo, appartiene a Chiese, a comunità differenti. Il termine cui si ispira in realtà è precristiano. Ecumenismo deriva infatti dal greco oikoumene, participio passato di oikein, verbo che significa abitare. Oikoumene allora, se usato come aggettivo di ghe, terra, indica il mondo abitato e quindi il desiderio di riunificare tra loro tutti i cristiani che lo popolano.

L’unità è un dovere?

La ricerca di unità tra tutti i cristiani trova ragione nelle parole stesse di Gesù che nell’ultimo discorso ai suoi discepoli prega “perché tutti siano una cosa sola”. E aggiunge: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). E che tutti siano uno, cioè “Ut unum sint” è anche il titolo dell’enciclica che nel 1995 Giovanni Paolo II ha dedicato all’impegno ecumenico.

Quand’è iniziato il movimento ecumenico?


Anche se una data ufficiale non esiste, comunemente si identifica l’avvio del movimento ecumenico moderno con la Conferenza missionaria mondiale di Edimburgo, nel 1910. In casa protestante dunque. Durante quell’assise, cui parteciparono 1300 delegati, venne sottolineato con forza il legame tra l’unità dei cristiani e l’evangelizzazione, denunciando scandali e danni provocati dalla divisione. Di lì a poco, nel 1920, il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, da parte ortodossa quindi, inviò una lettera a tutte le Chiese cristiane del mondo. E nello stesso anno anche i vescovi anglicani riuniti a Lambeth lanciarono un appello per l’unità.

E la Chiesa cattolica?


In casa cattolica le prime aperture vanno fatte risalire al pontificato di Pio XII. A determinare il cambio di rotta è stato però Giovanni XXIII che nel 1960 istituì il Segretariato per l’unione dei cristiani, presieduto inizialmente dal cardinale Augustin Bea. L’ingresso ufficiale della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico si identifica comunque con il Concilio “Ecumenico” Vaticano II che nel 1964 approvò il decreto Unitatis redintegratio (“Ristabilimento dell’unità”). Il documento, parlando dei “fratelli separati”, riconosce una patrimonio comune tra i cattolici e le altre comunità cristiane, sottolineando che “coloro che credono in Cristo e sono battezzati sono costituiti in una certa comunione con la Chiesa”. “L’unità, spiega ancora l’Unitatis redintegratio, è uno dei principali intenti del Concilio”.

Gesti storici


A partire da Giovanni XXIII tutti i Papi recenti si sono fortemente impegnati nel dialogo. Storico il gesto con cui nel 1965 Paolo VI e il patriarca ecumenico Atenagora revocarono le scomuniche reciproche tra la Chiesa cattolica e Costantinopoli proclamate nel 1054, all’epoca della frattura tra i cristiani d’Oriente e di Occidente. Dal canto suo Giovanni Paolo II ha ulteriormente approfondito l’impegno ecumenico, come dimostra la già citata enciclica Ut unum sint mentre Benedetto XVI ha indicato nell’unità dei cristiani una delle priorità del suo pontificato.

Francesco, Papa del dialogo


Sembra quasi inutile sottolineare l’importanza data da Bergoglio all’ecumenismo. Un impegno che riguarda sia le Chiese ortodosse che le comunità protestanti, le altre grandi famiglie in cui si divide la cristianità. Tanti i gesti a testimoniarlo. Basti pensare all’incontro con il patriarca ortodosso russo Kirill o la fraternità, caratterizzata anche dall’amicizia personale, con Bartolomeo I, il patriarca ecumenico di Costantinopoli ampiamente citato nell’enciclica "Laudato si’". Per quanto riguarda il mondo protestante, invece, va considerato davvero storico il viaggio a Lund, in Svezia, dove il 31 ottobre scorso il Papa ha partecipato all’avvio delle commemorazioni per il 500° anniversario della Riforma di Lutero, cioè la tragica frattura tra i cristiani d’Occidente.

Tempi e modi dell’unità


Si raggiungerà mai l’unità dei cristiani? E come sarà? Sono domande cui è difficile trovare risposta, così come è impossibile prevedere come questa ricomposizione delle differenze si realizzerà. Di sicuro non si pensa al confluire di una Chiesa nell’altra ma a una piena e visibile comunione sui punti essenziali della fede senza annullare le specificità di ciascuna. Detto in modo diverso, a decidere tempi e modi dell'unità sarà lo Spirito Santo, mentre al credente viene chiesto di pregare e impegnarsi per non ostacolarne l’azione. “Questo santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell'unità di una sola Chiesa di Cristo, supera le forze e le doti umane” ¬– recita l’Unitatis redintegratio -. Perciò il Concilio “ripone tutta la sua speranza nell'orazione di Cristo per la Chiesa, nell'amore del Padre per noi e nella potenza dello Spirito Santo. La speranza non inganna, poiché l'amore di Dio è largamente diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci fu dato” (Rm 5,5).


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