Il vescovo di Carpi Francesco Cavina
La città e la diocesi di Carpi sono in grande fibrillazione per l’arrivo di papa Francesco. Grande è l’attesa nella popolazione. Tanto che sono stati approntati anche dei maxischermi per coloro che non riusciranno ad entrare nella pur vasta Piazza Martiri dove il Pontefice celebrerà Messa. Anche il vescovo, monsignor Francesco Cavina, è particolarmente impegnato a preparare gli ultimi dettagli di una visita organizzata in tempi strettissimi e perlopiù ad appena una settimana di distanza della solenne riapertura al culto - programmata da tempo - della Cattedrale.
Cavina, romagnolo, 62 anni, è stato nominato da Benedetto XVI vescovo di Carpi alla fine del 2011, dopo che per 15 anni aveva prestato servizio nella seconda sezione, quella degli affari esteri, Segreteria di Stato. Solo dopo tre mesi dall’ingresso in diocesi l’Emilia è stata colpita da un terremoto le cui ferite sono ancora ben visibili, soprattutto negli edifici ecclesiastici. 'Avvenire' lo ha intervistato poco dopo che gli è arrivata dall’Iraq una pietra della chiesa dell’Immacolata di Qaraqosh, una delle più belle della Piana di Ninive, devastata, come le altre, dalla furia dell’Isis. «Papa Francesco benedirà tre prime pietre di nuove opere della diocesi, e questa– ci dice con una punta di commozione - sarà quella del Centro di spiritualità di Sant’Antonio in Mercadello ».
Eccellenza, come è nata questa visita pastorale a Carpi?
È successo tutto all’improvviso. Il sabato 18 febbraio Papa Francesco mi ha convocato in udienza per lunedì 20. Sono venuto a Roma chiedendomi il perché di questa inaspettata chiamata. Poi il colloquio di due ore a Santa Marta su vari temi. A un certo punto il Papa con un sorriso mi ha detto: «Ho deciso di venire a Carpi prima di Pasqua».
Reazione?
Sono rimasto di sasso. Per la gioia e anche per la preoccupazione di dover organizzare tutto in tempi brevi. Gli ho detto che era già in programma per il 25 marzo la solenne inaugurazione della Cattedrale con il cardinale segretario di stato Pietro Parolin.
Risposta?
Era al corrente dell’evento. Ma intendeva comunque una visita pastorale che avesse un carattere familiare.
Come sono andati i preparativi?
Piuttosto bene direi. Nonostante i tempi estremamente stretti. Anche grazie al grande impegno del volontariato, una realtà particolarmente viva e vivace della nostra diocesi. Come gli scout che a Carpi sono particolarmente attivi, ma non solo loro.
In che modo la visita avrà un carattere familiare?
In Piazza Martiri tutti potranno partecipare alla Messa presieduta dal Papa. Non ci saranno posti prenotati, tranne che per i disabili e i ragazzi che si preparano alla Cresima. E anche l’incontro conviviale con i seminaristi, i sacerdoti anziani e i vescovi della Regione sarà molto semplice. I pasti, menù rigorosamente emiliano, saranno preparati dai ragazzi dell’Istituto Nazareno, una scuola alberghiera della diocesi fondata nel 1958. Il Papa poi potrà riposarsi nella stanza usualmente abitata da uno dei seminaristi.
L’incontro con i chierici e le religiose della diocesi si terrà a porte chiuse. Come mai?
È una scelta del Papa. Mi sembra però che non sia la prima volta che accade. È successo, mi dicono, anche nelle visite a Cassano allo Jonio e a Caserta.
Come vi siete preparati a questa visita?
L’arrivo del successore di Pietro è la degna conclusione dei festeggiamenti per la riapertura della Cattedrale di una settimana fa. Abbiamo preparato questo momento di fede con la preghiera e, laddove è stato possibile, con incontri di approfondimento sul ruolo del Papa nella Chiesa. In continuità con i momenti di riflessione sul valore e l’importanza della Chiesa Cattedrale nella diocesi che ci sono stati negli ultimi mesi.
Lei ha parlato si 'sinergie' positive con le autorità civili per la ricostruzione post terremoto. Un modello anche per altre realtà?
Forse sì. Dopo il sisma ci siamo messi insieme a discutere e abbiamo definito le priorità per la ricostruzione. Prima le scuole, poi i luoghi di lavoro, quindi le abitazioni private, infine gli edifici storici e quelli di culto. Le prime tre priorità sono state sostanzialmente esaudite. Ora stiamo affrontando l’ultima. Dopo cinque anni abbiamo finalmente la Cattedrale restituita al culto. All’appello però mancano ancora molte chiese. Penso a quelle di Concordia, di Novi, di san Possidonio, di Mortizzuolo, di Cividale, di Rovereto, dove morì don Ivan Martini. I progetti sono già stati presentati. Siamo in attesa dell’approvazione.
E il Duomo di Mirandola, che verrà visitato dal Papa?
Non posso dire di più, ma domani ci aspettiamo una bella notizia a riguardo.
Cosa si attende da questa visita?
Tutta la diocesi è pronta ad ascoltare vedere le parole e i gesti che il Papa ci vorrà donare. Pronti ad essere confermati nella fede per essere testimoni credibili e contagiosi della gioia del Vangelo, di quell’Evangelii gaudium che il Pontefice ha affidato alla Chiesa italiana come documento programmatico per gli anni a venire.
Dopo questi otto giorni particolarmente intesi, come sarà il ritorno all’ordinaria amministrazione?
Nella vita della Chiesa non credo possa esistere una ordinaria amministrazione. Tanto più che ci apprestiamo a vivere la Pasqua del Signore, culmine dell’anno liturgico. Dopo questi giorni intensi, comunque, riprenderemo il nostro cammino. Con la speranza di ricevere la grazia di poter fare tesoro dei doni immensi che il Signore ci ha riservato.