Idealmente oggi il mondo intero si incontra in Vaticano - Wiki commons
All’inizio del ’900 erano una ventina i Paesi che avevano rapporti con la Santa Sede: ora sono 184. Il punto sulle relazioni con gli Stati, alla vigilia della tradizionale udienza del Papa agli ambasciatori accreditati In un contesto segnato dalla guerra mondiale a pezzi, più volte evocata da papa Francesco, arriva oggi alle 10 la tradizionale udienza al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Molto atteso, come sempre, il discorso del Pontefice, il più “geopolitico” dell’anno, che giunge proprio in un momento di sempre più crescenti tensioni in Medio Oriente, mentre il conflitto generato dall’invasione russa continua a devastare l’Ucraina. In questo quadro Francesco ha già più volte implorato la pace, attivando la diplomazia vaticana, invocando il ritorno ad un effettivo multilateralismo, e mettendo in campo anche la missione del cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi. Nel campo delle relazioni bilaterali la Santa Sede intrattiene ormai pieni rapporti diplomatici con quasi tutti gli Stati dell’orbe. Lo scorso anno è arrivato finalmente quello con l’Oman, segno di un ulteriore rafforzamento della diplomazia vaticana nel delicato quadrante mediorientale. All’inizio del 2023 infatti sono stati nominati due nunzi residenti negli Emirati Arabi Uniti e in Giordania, i quali si aggiungono a quelli storicamente presenti in Egitto, in Israele e Palestina, in Libano, in Siria, in Iran, in Iraq e in Kuwait. Nell’area rimane un solo Paese, l’Arabia Saudita, a non avere rapporti diplomatici con Oltretevere. Eppure nel 1900 erano appena una ventina i Paesi che avevano rapporti diplomatici con la Santa Sede. Diventati 49 nel giugno 1963, nell’agosto 1978 ammontavano già a 89 e nel 2005 erano 174. Con Benedetto XVI sono arrivati a 180 e con papa Francesco sono diventati ora 184 (più Unione Europea e Ordine di Malta). Gli ultimi Stati ad allacciare pieni rapporti con Oltretevere sono stati il Sud Sudan (2013), la Mauritania (2016), Myanmar (2017) e l’Oman. Nel 2016 poi le “relazioni speciali” intrattenute con lo Stato di Palestina, definito così ufficialmente dalla Santa Sede successivamente alla risoluzione Onu 67/19 del novembre 2012 che gli ha concesso lo status di osservatore permanente, sono diventate rapporti diplomatici a pieno titolo dopo l’entrata in vigore dell’Accordo globale firmato nel giugno 2015. Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rapporti diplomatici c’è anche la Cina-Taiwan dove però dal 1972 non risiede più un nunzio, ma un semplice “incaricato d’affari ad interim”. Nei colloqui in corso con la Cina che hanno portato allo storico Accordo provvisorio e parziale sulle nomine episcopali del settembre 2018, rinnovato per un ulteriore biennio nel 2020 e poi ancora nell’ottobre 2022, non sembra sia stata ancora affrontata la questione dei rapporti diplomatici. Anche se alla Santa Sede non dispiacerebbe poter aprire un ufficio informale a Pechino. Finora le provviste – nonostante le tante sedi vacanti – sono state molto poche. Il prossimo ottobre comunque le due parti dovranno decidere se rinnovare l’Accordo ancora in via provvisoria, se renderlo permanente, o se introdurre dei cambiamenti. Intanto una rappresentanza risiede stabilmente nella cosiddetta “missione di studio” a Hong Kong, che figura formalmente collegata alla nunziatura delle Filippine (nell’Annuario Pontificio viene comunque indicato, in nota, il recapito reale di questa “missione”). La Santa Sede non intrattiene ancora relazioni con undici Stati. In sette di questi Paesi non è presente nessun inviato vaticano (Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del Nord, Maldive, Tuvalu). Mentre sono in carica dei delegati apostolici (rappresentanti pontifici presso le comunità cattoliche locali ma non presso i governi) in altri quattro Paesi: Comore, Somalia, Brunei e Laos. Un caso particolare è quello del Vietnam, dove già dal 2011 veniva nominato un rappresentante vaticano non residenziale. Lo scorso anno è stato siglato l’Accordo sulla presenza ad Hanoi di un “rappresentante pontificio residente”, il che, ha spiegato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin non è «solo un traguardo», bensì «un nuovo inizio», nel segno «del reciproco rispetto e della reciproca fiducia » tra Santa Sede e la Repubblica socialista del Vietnam. Il porporato ha anche specificato che tale Accordo crea una «res nova in iure» nella diplomazia vaticana. Infatti il rappresentante pontificio residente, pur non essendo formalmente un nunzio – visto che tra le due parti ancora non ci sono pieni rapporti diplomatici – avrà, al pari di esso, «il compito di rafforzare le relazioni amichevoli tra Santa Sede e Governo» e potrà «partecipare agli incontri ordinari del Corpo diplomatico e ai ricevimenti, nonché avere incontri personali con i diplomatici ». Il 23 dicembre l’arcivescovo Marek Zalewski, da “non residente” quale era dal 2018, è stato nominato rappresentante pontificio residente ad Hanoi. Per quanto riguarda il Kosovo, il cui riconoscimento avverrà quando il suo status internazionale sarà meno controverso: la Santa Sede si è per ora limitata a nominare un delegato apostolico nella persona del nunzio in Slovenia (e quando il Pontefice riceve le autorità kosovare, di norma queste udienze non si rendono pubbliche ufficialmente nel Bollettino o sull’Osservatore Romano).
Una precedente udienza del Papa al Corpo diplomatico - immagine di archivio
Negli ultimi anni poi si sono moltiplicate le nomine di “incaricati d’affari” stabilmente residenti in Paesi che non ospitano nunzi. Soprattutto in Africa, ma non solo. Ad esempio a Timor Est, in Ciad, Gabon, Malawi, Sud Sudan e a Cipro. Per quanto riguarda la rete diplomatica vaticana soro 95 i nunzi attualmente in attività per il mondo. Gli italiani sono 31, nove i polacchi, sei gli spagnoli, cinque gli statunitensi, quattro i filippini, mentre tre rappresentanti pontifici ciascuno hanno Croazia, Francia, India, Irlanda e Malta. Attualmente sono vacanti 14 nunziature (Repubblica democratica del Congo, Corea, Costa Rica, Georgia e Armenia, Giappone, Monaco, Mozambico, Nicaragua, Nigeria, Papua Nuova Guinea, Romania, Sud Africa, Venezuela e Zimbabwe). Mentre hanno superato l’età pensionabile (75 anni) i nunzi negli Usa, in Italia, in Siria, in Albania e in Israele e Palestina. Tre nunzi – quelli in Siria, negli Stati Uniti e in Italia – sono stati creati cardinali da papa Francesco, mantenendo l’incarico. Dal marzo 2022, per decisione unilaterale del governo, il Nicaragua ha sospeso i rapporti diplomatici con il Vaticano, così la nunziatura è stata chiusa e gli interessi della Santa Sede sono curati dall’ambasciata italiana (attualmente il regime di Daniel Ortega tiene in prigione un paio di vescovi e diversi sacerdoti, mentre un altro presule è stato costretto all’esilio). Dal maggio del 2021 è vacante la nunziatura in Venezuela. Attualmente sono una novantina le cancellerie di ambasciate con sede a Roma. I Paesi rimanenti sono rappresentati in genere da diplomatici residenti in altre capitali europee. Con papa Francesco sono diventati residenti gli ambasciatori “non residenti” di Armenia, Azerbaigian, Belize, Ghana, Malaysia, Palestina, Sud Africa e Svizzera. Il decano del Corpo diplomatico è Georgios Poulides, a Roma dal 2003 come ambasciatore di Cipro. Cristiano ortodosso, è il primo non cattolico a ricoprire l’incarico.