Da sinistra, il cardinale Cantoni, l’arcivescovo Delpini, il cardinale De Donatis, il neo vescovo Di Tolve col pastorale e l’ausiliare Raimondi / Fotogramma - Fotogramma
«Con l’ordinazione episcopale noi invochiamo ogni grazia per don Michele mentre gli diciamo: benvenuto tra coloro che sono inviati da Dio a farsi carico di un popolo senza sogni». Sono state queste le parole con cui l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, si è rivolto a monsignor Michele di Tolve, il 60enne sacerdote ambrosiano nominato il 26 maggio scorso da papa Francesco vescovo ausiliare di Roma e rettore del Pontificio Seminario romano. Sabato, nel Duomo di Milano gremito di fedeli in festa, Delpini ha presieduto la celebrazione dell’ordinazione episcopale, avendo accanto i due conconsacranti, il cardinale vicario di Roma, Angelo De Donatis, e il vescovo Luca Raimondi, ausiliare di Milano.
Oltre 200 i sacerdoti, tra cui i cardinali Oscar Cantoni e Francesco Coccopalmerio, una ventina di vescovi, tutti i membri del Consiglio episcopale milanese e i canonici della Cattedrale. In prima fila, con i familiari, le autorità locali con la vicesindaco di Milano e i primi cittadini di altri Comuni, tra cui Lainate, dove di Tolve è nato, e Rho in cui ha svolto negli ultimi tre anni il ministero di parroco. Nutrita anche la rappresentanza proveniente da Roma.
Dopo la presentazione dell’eletto, la proclamazione della lettera apostolica di papa Francesco per la nomina – «Ti esortiamo, o figlio diletto, a svolgere con impegno il ministero episcopale e chiediamo a Dio che ti conceda di brillare nella carità verso i poveri e di servire i fedeli nella gioia con operosa misericordia», ha scritto il Pontefice –, la riflessione dell’arcivescovo di Milano ispirata alle letture appena proclamate, tra cui la narrazione del dialogo tra Dio e Mosè sulla schiavitù del popolo di Israele in terra d’Egitto. Un messaggio chiaro anche per l’oggi. «Il popolo ridotto in schiavitù è un popolo senza sogni, è un popolo che ritiene la rassegnazione più sensata della speranza. Il popolo che grida e si rassegna vive dappertutto, forse vive anche oggi, forse anche nella Chiesa. Un popolo che si ingegna nell’arte di sopravvivere, di adeguarsi, sempre ansioso di rendersi accettabile, di adeguarsi alle pretese del padrone e di adorare i suoi dei. Il popolo che dice di vivere in una valle di lacrime, ma non desidera la terra promessa, il paradiso».
Eppure, nei millenni, ci sono sempre uomini chiamati a farsi carico di un tale popolo. «Come Mosè – ha proseguito il presule – gli inviati di Dio al popolo senza sogni, possono trovare solo nell’incontro con il Dio dei padri la luce, la forza, l’iniziativa per seminare speranza e incoraggiare la fiducia. A questo siamo chiamati, alla pienezza della gioia».
Da qui il riferimento ai compiti futuri di monsignor Di Tolve. «Sappiamo che non ti spaventano le fatiche e le responsabilità. In questo tempo, non il profeta solitario, non l’eroe protagonista, ma solo la Chiesa nella sua comunione può farsi carico della speranza dell’umanità e annunciare il compimento delle promesse di Dio».
Poi i gesti della liturgia di ordinazione e il canto del Te Deum di ringraziamento, durante il quale Di Tolve ha percorso la navata centrale del Duomo benedicendo i fedeli e tornando poi all’altare maggiore per il suo saluto finale. «Ti ringrazio, Signore, e ti benedico per la tua Chiesa perché solo grazie a lei ho potuto conoscerti e sperimentare la compassione per me e per le tante persone che mi hai fatto incontrare. Grazie perché mi hai chiamato a essere prete». Un ringraziamento esteso anzitutto al Papa, all’arcivescovo, a tutte le comunità della Chiesa ambrosiana e alla diocesi di Roma.
Di Tolve nell'arcidiocesi ambrosiana è stato, tra l'altro, rettore del Seminario Arcivescovile di Milano e Rettore del Quadriennio teologico. E, ancora prima, responsabile del Servizio per l’Insegnamento della Religione Cattolica e del Servizio per la Pastorale Scolastica dell’Arcidiocesi di Milano.