mercoledì 18 marzo 2015
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La santità del terzo millennio cristiano comincia a parlare il linguaggio della famiglia. Alle austere icone di monaci eroici e di vergini sante si sono aggiunte in quest’ultimo decennio quelle più vivaci e colorate di tanti gruppi familiari sorridenti: papà, mamme, bambini. Uomini e donne esemplari nella loro paternità e maternità. Gioiosi nel comprendersi e nell’amarsi, generosi nel dono reciproco della sessualità che si apre a un nuova vita, pazienti nell’educare, disponibili ad intrecciare un rapporto solidale tra famiglia e società. Padri e madri così meritano davvero di essere indicati come esempi di pienezza e di perfezione cristiana. La Chiesa e la società hanno bisogno di genitori santi non solo per iniettare nelle vene di una contemporaneità schizofrenica e indifferente dosi risanatrici di equilibrio, di tolleranza, di spirito fraterno, di austerità e di sobrietà nei comportamenti e nei consumi, ma anche per rinnovare l’elenco dei santi canonizzati e attualizzarlo secondo i modelli familiari e sociali dei nostri giorni. Che non significa né banalizzare né impoverire i concetto di santità, ma impegnarsi a costruire un’immagine significativa di una realtà ecclesiale che, dopo aver a lungo sollecitato l’opzione laica, ha adesso l’urgenza di presentare testimoni credibili di vita familiare.  Anche il profondo rinnovamento della spiritualità coniugale, avviato con coraggio da qualche anno, deve trovare una specificità coerente nella canonizzazione di mariti e di mogli contenti del proprio matrimonio, affascinanti per stile di vita coniugale, e per impegno educativo e sociale. Ma, a parte i coniugi Zelia e Luigi Martin, avviati alla canonizzazione, chi sono gli altri “sposi santi” dell’era moderna, coloro cioè che la Chiesa considera meritevoli di essere venerati in quanto sposi e genitori esemplari? Innanzi tutto i coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, proclamati beati già nel 2001. Trascorsero a Roma la maggior parte della loro vita ed ebbero quattro figli. Lui fu a lungo vice-avvocato generale dello Stato a cavallo degli anni Trenta, amico di don Sturzo e De Gasperi. Lei scrittrice feconda di temi educativi, fu pioniera dell’associazionismo cattolico. I primi tre figli, Filippo, Stefania, Cesare, abbracciano tutti la vita consacrata: la nascita dell'ultimogenita Enrichetta fu preceduta da una gravidanza drammatica, dovuta ad una placenta previa totale. Una situazione così drammatica per le conoscenze dell’epoca, da indurre i medici a consigliare l’aborto. In caso contrario, fu la diagnosi, la mamma sarebbe andata incontro a morte certa. Ma i coniugi rifiutano con fermezza; il lunedì Santo del 1914 Maria darà alla luce la figlia Enrichetta. I medici, stupiti, furono costretti a constatare le buone condizioni di entrambe. Numerosi poi, in questi ultimi, i coniugi dichiarati servi di Dio – il primo passaggio del cammino di canonizzazione – che attendono ora il riconoscimento di un miracolo per arrivare alla beatificazione. Sono tutti vissuti nella seconda metà del Novecento. Dai coniugi romani Ulisse e Lelia Amendolagine, ai catanesi Anna Maria e Marcello Inguscio. Dai baresi Francesco e Teresa Savilli ai modenesi Domenica e Sergio Bernardini. Di ordinaria straordinarietà, per impegno cristiano e coerenza sociale, la vicenda di Licia e Settimio Manelli. Lui di origini abruzzesi, lei bergamasca, vissero a lungo a Roma ed ebbero 21 figli (dieci viventi). Lei è scomparsa nel 2004. Sono servi di Dio anche Rosetta e Giovanni Gheddo, i genitori di padre Piero Gheddo, missionario Pime. Vercellesi, iscritti all’Azione Cattolica, tre figli, lei morì di parto nel 1934, dando alla luce due gemellini che non riuscirono a sopravvivere alla madre. Lui, capitano di Artiglieria, morì in Russia durante la seconda guerra mondiale, con un atto di eroismo che ricorda quello di san Massimiliano Kolbe. I “coniugi santi” più vicini a noi nel tempo sono però Maria Rosaria e Francesco Bono, di origini calabresi. Lui era nato nel 1948, lei 1955. Si sposarono nel ’78 ad Assisi e, davanti alla tomba del Poverello, chiesero la grazia di diventare santi insieme. Ebbero cinque figli. Lui fu a lungo attivo nell’Azione Cattolica e per un breve periodo fu sindaco di Locri. Morì nel 1996. Lei, medico, fece parte del movimento dei Focolari. Quando morì nel 2000, Chiara Lubich annunciò al movimento la sua scomparsa definendola “capolavoro umano e divino”.
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