giovedì 24 febbraio 2022
Da Firenze l'appello alla pace durante l'Incontro dei vescovi di Mediterraneo. Betori: evitare che la religione alimenti le ragioni della guerra. Pizzaballa: non strumentalizzare politicamente la fede
Il cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Comece

Il cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Comece - Vatican Media

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Un appello vibrante al Consiglio Europeo che si riunisce in giornata, oggi 24 febbraio, affinché faccia di tutto "per avviare la deescalation" del conflitto in Ucraina dopo l'invasione russa iniziata alle luci dell'alba. A farsene interprete è il presidente della Comece (l'organismo che riunisce gli episcopati dell'Ue), cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo, che ha chiesto che "si faccia tutto il possibile per ristabilire la pace". Come era prevedibile le allarmanti notizie provenienti da Kiev non hanno lasciato indifferenti i vescovi del Mediterraneo riuniti a Firenze per l'incontro promosso dalla Cei, sul tema delle frontiere di pace. "Vorrei dichiarare - ha aggiunto il porporato - la nostra amicizia al popolo ucraino. Il nostro Dio è un Dio della pace. Non è un Dio della guerra. È Padre di tutti, non solo di alcune nazioni".

Nel corso della conferenza stampa che ha fatto il punto sulla prima giornata e mezza di lavori, la crisi ucraina ha avuto largo spazio. Il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo del capoluogo toscano, questa mattina ha presieduto la Messa, applicandone l'intenzione per la pace. "In quanto credenti la prima cosa che dobbiamo fare è pregare. Occorre evitare - ha aggiunto inoltre - che la religione alimenti le ragioni della guerra. E questo avviene – ha proseguito il cardinale – solo quando la religione non si trasforma in fondamentalismo e non diventa strumento di populismi e nazionalismi. Va rifiutata ogni pretesa di annessione da
parte di qualsiasi potere politico”. Betori ha molto insistito sulla preghiera. "Dobbiamo chiedere la pace che è un dono di Dio. Noi da soli non siamo capaci di fare la pace. Purtroppo sappiamo fare la guerra".

C'è preoccupazione in tutti i partecipanti all'incontro di Firenze. Ma anche speranza che alla fine prevalga il buon senso. "Il nostro ruolo - ha spiegato Hollerich - è costruire relazioni che non siano strumentali a visioni politiche, ma che anzi aiutino la politica ad avere una visione aperta. Anche dal patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, l'invito a non strumentalizzare politicamente la fede.

La Comece ha fatto sentire la sua voce, aggiungendola a quella del Ccee e dei vescovi del Mediterraneo. In una dichiarazione scritta si fa "appello alle autorità russe affinché si astengano da ulteriori azioni ostili che infliggerebbero ancora più sofferenza e violerebbero i principi del diritto internazionale. La guerra è un grave affronto alla dignità umana e non ha posto nel nostro continente. Pertanto, chiediamo urgentemente alla comunità internazionale, compresa l’Unione europea, di non cessare di cercare una soluzione pacifica a questa crisi attraverso il dialogo diplomatico. Facciamo appello ai leader europei riuniti oggi per una riunione speciale del Consiglio europeo perché mostrino unità e approvino misure che promuovano la riduzione dell’escalation e il rafforzamento della fiducia, evitando al contempo qualsiasi passo che potrebbe potenzialmente rafforzare il conflitto violento". Inoltre, continua la nota, alla luce dell’emergente situazione umanitaria provocata dalle ostilità in corso, facciamo appello alle società e ai governi europei affinché accolgano i rifugiati che fuggono dalla loro patria in Ucraina a causa di guerre e violenze e cercano protezione internazionale".


I lavori dei vescovi del Mediterraneo hanno intanto affrontato il tema del dialogo necessario tra le diverse sponde - nord, sud e mediorientale - pur in presenza di notevoli diversità politiche e culturali. Molti gli interventi dei 60 delegati. “Termini come identità, appartenenza, democrazia, diritti, non suonano allo stesso modo in tutte le città”, ha detto monsignor Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e vicepresidente della Cei. “Dai racconti delle esperienze vissute – ha spiegato - sono emerse grandissime diversità: parlare di diritti è una cosa molto diversa a Marsiglia, a Rabat, ad Istanbul, a Gerusalemme, a Baghdad. L’impegno è capire se esiste un minimo comune denominatore, oppure interrogarsi su come queste diversità possono diventare ricchezza, arricchimento reciproco, giusto equilibrio, scambio autentico di esperienze e iniziative che possano arricchire tutti”. Fin dall’inizio del dibattito, ha comunque affermato il vicepresidente della Cei, “sono però già emerse alcune risposte: le comunità cristiane, soprattutto cattoliche, sono molto apprezzate se hanno le porte aperte per tutti e riescono a mettere insieme diversi e lontani: con le mense, le scuole, i servizi spesso gratuiti come la distribuzione di medicinali o i soccorsi migratori”.

L'incontro ha subito una modifica nel programma: i lavori infatti si sono fermati alle 17.30 perché tutti i partecipanti sono andati nella Basilica di Santa Maria Novella per un momento di adorazione eucaristica e di preghiera silenziosa per la pace.

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