Giorgio Marengo, missionario della Consolata, classe 1974, prefetto apostolico di Ulaanbaatar, Moongolia, sarà il più giovane cardinale del Collegio. È alla guida di una Chiesa che quest’anno celebra i suoi primi 30 anni di vita - Collaboratori
Sarà il più giovane cardinale del Collegio, alla guida di una Chiesa che quest’anno celebra i suoi primi 30 anni di vita. Monsignor Giorgio Marengo, missionario della Consolata, classe 1974, prefetto apostolico di Ulaanbaatar, rientrato dalla Mongolia per il Concistoro, a poco più di due mesi dalla sua nomina esprime ancora stupore e gratitudine per la scelta di papa Francesco. «Quello che riesco a verbalizzare su ciò che mi preparo a vivere è che penso sia un segno dell’attenzione che il Papa ha per quelle realtà in cui il popolo di Dio è una minoranza assoluta e vive con grande umiltà il poter essere cristiani e che il mio essere cardinale rappresenti così un modo in cui anche l’esperienza di questa piccola Chiesa possa essere utile al cammino della Chiesa universale».
«Così – prosegue – in questi due mesi è stato significativo condividere il tempo di preparazione al Concistoro con la prima Settimana pastorale organizzata dalla Chiesa mongola, con le celebrazioni per il trentennale della Chiesa cattolica nel paese e con la consultazione del cammino sinodale. Sono state giornate di ascolto di tutta la comunità, di tutti i suoi membri, di grande coinvolgimento e di presa di coscienza - guardando al passato e al futuro del nostro cammino - che il filo rosso che unisce tutto è l’amore per Cristo, per il suo Vangelo e per la Chiesa, sua sposa, che adesso sta mettendo radici in questa terra e nel cuore di questo popolo».
Così la nomina a cardinale diventerà un ulteriore stimolo e slancio per il percorso di fede di tutta una comunità che, prosegue monsignor Marengo, «all’inizio non sapeva nemmeno bene cosa significasse il termine “cardinale”, ma vorrei fosse recepito come un riconoscimento al cammino di tutti. Anche la stampa locale ne ha dato notizia: segno di un interesse importante per i rapporti con la Santa Sede, di un dialogo positivo che si sta costruendo. Dialogo che è il cuore della nostra presenza di cattolici in Mongolia».
Parla Marengo della sua Chiesa mongola, che conta 1.400 battezzati e che in 30 anni ha generato due vocazioni sacerdotali locali e dove sono presenti una cinquantina di missionari e missionarie stranieri, e si coglie quella dimensione di fraternità e di rispetto che caratterizza l’annuncio evangelico anche nel confronto interreligioso.
«La domenica in cui è stato dato l’annuncio del cardinalato – prosegue – ero a Roma perchè il giorno precedente ero stato in udienza dal Papa con una delegazione buddista. E proprio tra i primi che ho incontrato appena avuta la notizia c’è stato uno dei monaci che mi ha offerto una sciarpa azzurra: per loro un tributo di onore. E poi ancora al ritorno in Mongolia, tra i monaci la voce si è sparsa e tanti incontrandomi hanno condiviso fraternamente la gioia per la nomina».
Ad accompagnare Marengo al Concistoro una piccola delegazione mongola: uno dei due sacerdoti locali e due catechiste. Ad attenderlo a Roma in tanti: familiari ed amici legati alle numerose realtà che hanno segnato il cammino di padre Marengo come gli scout torinesi di cui ha fatto parte per anni, i Missionari della Consolata cui appartiene (è il primo cardinale della congregazione) e le Missionarie della Consolata con le quali è stata avviata la missione in Mongolia. Padre Marengo è nato a Cuneo, ma torinese d’adozione (a Torino ha vissuto dagli anni ’80), ha studiato Filosofia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale e Teologia alla Gregoriana di Roma; nel 2006 ha conseguito la Licenza e il Dottorato in Missionologia. Ordinato sacerdote il 26 maggio 2001 a Torino, dal 2003 in Mongolia. Il 2 aprile del 2020 la nomina a Prefetto apostolico di Ulaanbaatar e l’8 agosto dello stesso anno la consacrazione episcopale.
Cosa cambierà dopo il Concistoro? «Io – conclude – continuerò il mio servizio nella semplicità e nella umiltà come ora, la nomina di papa Francesco mi ha fatto capire che vivere di fede è abbandono quotidiano alla volontà di Dio, come ha fatto Maria e per questo a lei affido la Mongolia e il cammino che ci attende».