«È tutta una gioia». Così Roberto Corbella vive con la moglie Maria Anselma l’apertura della causa di beatificazione della figlia Chiara, morta poco più di sei anni fa, a soli 28 anni. «Faccio fatica a rendermi conto della realtà. Un conto è qualcuno per strada che ti dice: “Vostra figlia diventerà santa”, un altro è vedere il primo passo concreto di una possibilità del genere. Siamo felici, comunque vada. Tante persone hanno preso Chiara come un punto di riferimento e per noi è una giornata di festa» dice emozionato. Accanto a loro, l’altra figlia Elisa con il marito e i tre nipotini, parenti e amici arrivati dalle Marche (terra di origine di Maria Anselma) e da Como, città da cui proviene Roberto.
Entrambi, dopo il grande dolore della perdita della loro secondogenita, hanno assistito con stupore alla crescita della sua popolarità: centinaia di persone partecipano ogni anno alla Messa di anniversario della morte, il 13 giugno. Sulla sua tomba, al cimitero del Verano, incontrano sempre qualcuno in preghiera. E poi ogni giorno sui social network messaggi, richiesta di contatti. «Avviene soprattutto con il passaparola, facilitato dai mezzi di comunicazione».
Inoltre sono decine di migliaia i lettori della sua biografia, “Siamo nati e non moriremo mai più”, uscita nel 2013 per i tipi della Porziuncola e tradotta in 13 lingue. «Così la cerchia degli amici intorno a Chiara si allarga quotidianamente. Incontriamo centinaia di persone anche alle testimonianze che facciamo in tutta Italia: una partecipazione sempre molto ampia – racconta Roberto –. Sono occasioni per fare memoria e anche un modo per accettare meglio tutta la storia vissuta».
Prima della scomparsa prematura della figlia, hanno visto morire pochi minuti dopo la nascita i nipotini Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni, a causa di gravi malformazioni. Nel maggio 2011 la nascita di Francesco, dopo la quale Chiara si è sottoposta a tutte le cure per il carcinoma alla lingua, rimandate durante la gravidanza perché avrebbero danneggiato il piccolo. «Occorre sfatare luoghi comuni: Chiara non è una martire e non è vero che non si è curata. Ha fatto tutto il possibile per salvarsi, anteponendo però a se stessa la vita del figlio, per tutelarlo. Era una persona sorridente, positiva e scherzosa anche nella fase terminale della malattia; semplice e coerente, con la sua esperienza dice che ognuno potenzialmente può diventare santo».
La percezione di questa “normalità” è testimoniata dai biglietti che i Corbella trovano nella cassettina messa vicino alla tomba della figlia, al cimitero, «dove in tanti lasciano messaggi di richiesta e di ringraziamento. Ci fermano sacerdoti e suore, dicendo che trovano conforto nella storia di nostra figlia e conferma in quello che sono chiamati ad annunciare con la loro esistenza. Numerose le giovani mamme che hanno avuto figli con problemi o che non riescono ad averli. “Chiara mi ha cambiato la vita”, ripetono spesso. È una persona che sentono vicina, come fosse un’amica o una compagna di studi, per la condivisione di valori e di fede. Colpiscono il suo carattere, la sua dolcezza e fermezza, la sua docilità alla volontà di Dio. Se a volte le figure dei santi possono sembrare quasi irraggiungibili, Chiara risulta una di loro: su Youtube si può ascoltare la sua testimonianza, vederla, sentirne la voce».
Alla figlia è stata intitolata anche un’associazione, che sta supportando la causa. «Ma non ne siamo membri, volutamente: saremmo di parte». Non manca neppure l’ironia in questo padre sorridente, dagli occhi luminosi, quando scherzando conclude: «Noi ormai siamo per tutti non Roberto e Maria Anselma, ma “i genitori di Chiara”. È il nostro mestiere. Non bisogna prendersi troppo sul serio».