Una Messa con le misure anti-Covid in Italia - Ansa
Si chiude definitivamente il lungo (e doloroso) capitolo dell’emergenza Covid nelle parrocchie italiane. Con una lettera indirizzata ai vescovi della Penisola, la presidenza della Cei annuncia che «tutte le attività ecclesiali, liturgiche, pie devozioni possono tornare ad essere vissute nelle modalità consuete». È la parola “fine” sulle restrizioni all’ombra dei campanili che erano state necessarie per limitare i contagi e soprattutto per tornare a riunirsi nelle chiese dopo lo stop delle Messe “a porte aperte” che avevano segnato quasi tre mesi di vita cristiana nella primavera del 2020. In realtà le limitazioni legate alle celebrazioni “sicure” e alle iniziative parrocchiali erano via via cadute con il passare dei mesi, con la riduzione dei contagi e con le vaccinazioni di massa.
La lettera datata 8 maggio 2023 cancella tutte le misure ecclesiali anti-coronavirus, comprese quelle sui dispositivi di protezioni, anche se la Cei lascia ai vescovi diocesani la possibilità «di disporre o suggerire alcune norme precauzionali come l’igienizzazione delle mani prima della distribuzione della Comunione o l’uso della mascherina per la visita ai malati fragili, anziani o immunodepressi». Certo, il giro di vite che i vertici della Conferenza episcopale italiana indicano nella missiva è quello sulle liturgie via Web che erano state la via d’uscita quando l’Eucaristia era senza il popolo e che adesso vanno interrotte. «Riteniamo sia opportuno - scrive la presidenza Cei - che cessino, o quantomeno siano diminuite nel numero, le celebrazioni trasmesse in streaming». Parole che mettono un punto fermo sul tema. Se nei mesi “bui” della pandemia erano state la sola possibilità per vivere l’Eucaristia anche con la “Comunione spirituale” suggerita dal Papa e dai vescovi, le Messe in Rete erano poi proseguite per venire incontro alle esigenze di quanti, soprattutto anziani e malati, non se la sentivano di tornare in parrocchia con il virus ancora in circolazione. Però erano state lette come un “surrogato” che poteva diventare un pretesto per evadere dalla partecipazione diretta. Sulla questione che è stata al centro di riflessioni e discussioni, la Cei prende posizione all’indomani dell’annuncio della fine dell’emergenza Covid da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità.
«È stato un tempo difficile - spiega la presidenza – in cui le nostre comunità cristiane sono state prossime con la preghiera e le opere di carità a chi ha sofferto la malattia e le conseguenza della difficile fase economica». I vertici dell’episcopato italiano esprimono «sentimenti di gratitudine al personale sanitario che con dedizione e mettendo a rischio la propria vita si è preso cura dei numerosi ricoverati a causa del Covid-19 e per tutti coloro che, in qualsiasi maniera, hanno dato il loro contributo per alleviare i disagi e affrontare la crisi: amministrazioni pubbliche, forze dell’ordine e di vigilanza, personale della scuola, lavoratori impegnati nelle attività primarie, operatori della comunicazione, imprenditori, operatori pastorali e quanti si sono prodigati per la sicurezza degli ambienti della Chiesa, e semplici cittadini». La presidenza della Cei ricorda le «tante persone che hanno perso la vita, tra cui centinaia di sacerdoti che hanno contratto l’infezione adoperandosi per il proprio ministero». Secondo gli ultimi dati ufficiali, sono oltre 188mila i morti in Italia per il coronavirus. Poi la Cei cita papa Francesco per dire che «anche per loro dobbiamo affrontare con responsabilità e determinazione le tante sfide nella consapevolezza che siamo sulla stessa fragile barca».
Già a dicembre erano state rimosse varie disposizioni di contenimento delle liturgie suggerendo comunque l’uso della mascherina e l’igienizzazione delle mani all’ingresso dei luoghi di culto. Ma era stato dato il via libera al ripristino delle acquasantiere, alla possibilità di tornare a dare la Comunione in bocca, alle processioni offertoriali, alla fine del distanziamento tra i fedeli, all’ordinaria forma dello scambio del segno della pace ossia con la stretta delle mani (gesto vietato durante la pandemia e sostituito con lo “sguardo” di pace).
Oltre un anno fa, il 1° aprile 2022, era venuto meno il protocollo sulle «Messe sicure» firmato da Cei e governo che aveva disciplinato i riti al tempo del Covid dopo il blocco delle Messe con la gente nel 2020.