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San Domenico di Guzmán (1170-1221) fu – così lo ha definito nel maggio scorso papa Francesco in una Lettera scritta per gli 800 anni della sua morte – un «autentico predicatore di grazia» nell’Europa del suo tempo: il XIII secolo.
E probabilmente questo ritratto così simbolico accompagnerà domani a Bologna la Messa solenne in memoria e in onore di san Domenico. Proprio a otto secoli dalla sua «nascita in cielo».
A presiedere l’Eucaristia domani (4 agosto) alle 19 nella Basilica patriarcale intitolata al santo e dove riposa il corpo sarà il cardinale e arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi. Assieme al porporato tra i concelebranti ci sarà – a nome di tutta la Famiglia domenicana – l’attuale maestro dell’Ordine dei predicatori, il filippino fra’ Gerard Francisco Timoner III.
Un evento quello di questo mercoledì – che avviene alla vigilia della morte del fondatore dell’Ordine mendicante (sorto in parallelo con quello dei francescani) avvenuta proprio a Bologna, il 6 agosto di 800 anni fa, in una semplice cella, “presa in prestito” dal suo confratello fra’ Moneta da Cremona.
Giovedì 5 agosto alle 20.45 sempre a Bologna – città di cui il santo originario di Caleruega è compatrono – è prevista una fiaccolata e una processione (da Villa Aldini alla Basilica patriarcale). Durante il percorso che toccherà i luoghi bolognesi più simbolici dell’ultimo tratto di vita di Domenico di Guzmán verrà portata in processione una reliquia del santo. Oggi allle 19 sempre il cardinale di Bologna Zuppi presiederà i Vespri solenni nella Basilica patriarcale dei frati predicatori.
La Lettera all'Ordine di Radcliffe, Azipiroz Costa, Cadoré e Timoner
Ma sempre in questo 2021 i domenicani hanno voluto fare memoria di una altra importante tappa simbolica della loro plurisecolare storia all’interno della Chiesa Cattolica: gli 800 anni dei primi Capitoli generali dell’Ordine del 1220 e del 1221. A presiederli entrambi a Bologna – nel periodo di Pentecoste – fu proprio san Domenico. E l’attuale maestro dell’Ordine Gerard Francisco Timoner III e 88° successore del santo spagnolo ha voluto celebrare questo anniversario così simbolico con la pubblicazione di una Lettera indirizzata ai circa 5mila domenicani, sparsi nel mondo.
L’originalità di questo testo – reso pubblico il 13 maggio scorso per la solennità dell’Ascensione del Signore – sta nella scelta originale di Timoner di aver voluto realizzare e firmare questa pubblicazione assieme ai suoi predecessori che si sono succeduti per il mandato di nove anni alla guida dell’Ordine: l’inglese Timothy Radcliffe, l’argentino Carlos Azipiroz Costa e oggi arcivescovo di Bahia Blanca (Argentina) e il francese Bruno Cadoré.
Nel documento ogni autore mette in evidenza un particolare del carisma domenicano: dall’importanza della democrazia nel voto capitolare, al discernimento comunitario al fatto che ogni frate si senta soprattutto per gli altri «un fratello» e «un compagno» capace di vivere di itineranza, mendicità e missione. Dentro queste pagine tanti sono gli accenni alle scelte profetiche di Domenico di adottare già nel 1220 un “modello costituzionale” per la celebrazione dei Capitoli, ai grandi pensatori (basti pensare a Tommaso d’Aquino e Marie Dominique Chenu) che diedero gloria e onore a questa Famiglia religiosa. Ma soprattutto si scopre come ribadisce nella presentazione di questo bel testo Gerard Francisco Timoner che i Capitoli sono stati nel corso di questi otto secoli di storia «strumenti di unità e di comunione» proprio perché – come evidenzia nel suo intervento fra’ Timothy Radcliffe «lo Spirito Santo si è riversato su ogni frate».
La Lettera scritta “a otto mani” dagli ultimi maestri dell’Ordine non dimentica gli aspetti più specifici – quasi il Dna dei domenicani – l’importanza della predicazione e l’insegnamento della teologia. Ma in fondo – come scrivono i quattro autori della pubblicazione – il Capitolo per i frati vestiti tradizionalmente con l’abito bianco e nero ha rappresentato soprattutto la possibilità di esercitare la democrazia all’interno del loro Ordine. O per meglio dire – secondo una felice definizione di Vincent de Couesnongle – il Capitolo è stato il mezzo più efficace per realizzare la «ricerca democratica dell’unanimità». «L’Ordine è “sinodale”, perché sin dall’inizio i frati – è la brillante sottolineatura di Carlos Azipiroz Costa – hanno vissuto, pregato, governato, predicato come fratelli». Significativo è poi il contributo di Bruno Cadoré il medico francese che per nove anni ha guidato l’Ordine mendicante (dal 2010 al 2019) lasciando il testimone – durante l’ultimo Capitolo generale svoltosi a Bien-Hòa nel luglio del 2019 in Vietnam – all’attuale superiore dei domenicani e primo asiatico Gerard Francisco Timoner.
L’invito di Cadoré ai suo confratelli è quello di essere «mietitori» della Parola di Dio ma anche di sapere leggere «i segni dei tempi» in una società post-cristiana. «In un Capitolo generale – scrive nella conclusione Gerard Franscisco Timoner – i frati arrivano da tutte le parti del mondo per celebrare la nostra comunione di domenicani. Alla fine del Capitolo ritornano nelle loro Province. Per quanto sembri paradossale, anche se se ne vanno in direzioni diverse, continuano a camminare insieme, perché tutti noi apparteniamo alla Famiglia di san Domenico, lumen ecclesiae, e tutti noi abbiamo un’unica missione: irradiare la luce di Cristo, Parola incarnata, al mondo intero». Otto secoli di storia e di vita capitolare dunque a fianco del patriarca Domenico – quella condotta dai frati predicatori – che si possono condensare in una famosa massima di sant’Alberto Magno: In dulcitudine societatis, quaerere veritatem: cercare la verità nella soave armonia della vita fraterna.