Una fase del processo vaticano sull'utilizzo dei fondi della Santa Sede - Reuters
Le strade corrono parallele. Mentre ieri, nell’udienza sul processo sull’utilizzo dei fondi della Segreteria di Stato, è stato il giorno dell’interrogatorio di monsignor Alberto Perlasca, ex capo dell’Ufficio amministrativo della segreteria di Stato Vaticano, parallelamente continuano ad emergere dolorosi dettagli sulle conversazioni telefoniche e le chat tra il cardinale Angelo Becciu e alcuni familiari. Conversazioni finite nell’indagine della guardia di finanza di Oristano sulla cooperativa Spes di Ozieri (su rogatoria del Vaticano) riguardo invece il nuovo filone di indagine in cui, secondo il procuratore di giustizia vaticano Alessandro Diddi, lo stesso cardinale Becciu risulta indagato per associazione a delinquere. Anche se mercoledì i legali del porporato, e ieri quelli del fratello Tonino Becciu e della “nipote” Maria Luisa Zambrano, continuano a ripetere che «non risulta alcuna indagine a carico degli interessati per il reato di associazione a delinquere».
Nella seconda giornata di interrogatorio per monsignor Perlasca, invece, l’ex responsabile dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato ha sottolineato di non essere «né complice, né connivente, né favoreggiatore. La mia posizione è stata archiviata: io sono qui perché altri mi hanno portato qui». Inoltre Perlasca, tra molti «non ricordo» sulla successione di eventi e incertezze sulle date e firme degli atti, ha sottolineato anche che «il cardinale Becciu mi ha fatto fare le cose per le quali è imputato in questo processo». Lui infatti, sostiene, non aveva alcun potere di firma, «dovevo essere autorizzato» - la sottolineatura - aggiungendo che «se io ho firmato quell’atto si vede che ero certissimo che mi avrebbero dato la procura per firmare». L’atto a cui il teste chiave del processo si riferisce è la preparazione dei contratti per l’acquisto del palazzo a Sloane Avenue a Londra (quando però Becciu non era più sostituto). Poi sui presunti favoritismi a familiari di Becciu, sempre ieri Perlasca ha detto che sapeva solo di «dover versare quei soldi alla Caritas di Ozieri, e così ho fatto». «Dopo due anni di attesa, abbiamo avuto la conferma che nulla di quanto dichiarato dal monsignore - scrivono in una nota, riferendosi a Perlasca, i legali del cardinale Angelo Becciu Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo - fra ampie reticenze e numerose amnesia, riscontra l’ipotesi d’accusa».
Ma se questa è la notizia che viene dal dibattimento, e da una testimonianza che riprenderà il 30 novembre, nell’aria dell’aula dove si svolge il procedimento aleggiano le rivelazioni sulle chat che sempre Becciu animava di commenti e valutazioni, non tutti lusinghieri. Spesso purtroppo anche su papa Francesco. «Non pensavo arrivasse a questo punto: vuole la mia morte», scrive infatti il cardinal Becciu in un messaggio alla parente Giovanna Pani il 22 luglio dello scorso anno, due giorni prima che, con l'aiuto della figlia di questa e “nipote” di Becciu, Maria Luisa Zambrano, registrasse un telefonata con il Papa, la triste e sconcertante novità emersa nel corso dell'udienza di due giorni fa in Vaticano. «Non vuole fare brutta figura per la condanna iniziale che mi ha dato», dice ancora il porporato, proseguendo poi con un «mai avrei immaginato (che) non un Papa ma (che) un uomo arrivasse a tanto». Inoltre nei messaggi, riportati da fonti di agenzia, compaiono anche appellativi in lingua sarda rivolti al pontefice e agli investigatori, questi ultimi «di senso dispregiativo», chiosa la procura di Sassari.
Nei messaggi comparirebbe anche Cecilia Marogna, sedicente mediatrice per la liberazione di una suora in Mali, e la dimostrazione del legame di amicizia che la donna avrebbe avuto con la famiglia Becciu. Cecilia Marogna «nulla ha avuto mai a che fare con la gestione economica finanziaria della famiglia Becciu», si affretta a chiarire comunque Riccardo Sindoca, procuratore in atti della donna, «rammaricata e basita» di quanto appreso negli ultimi due giorni sulle inchieste ed il processo in corso in Vaticano.