«Tre cristiani che hanno vissuto una vita ordinaria in modo straordinario». Ma soprattutto tre figure che «hanno incontrato l’Amore di Dio e hanno speso la loro vita per amore degli uomini che hanno incontrato». È il filo rosso che l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, indica come collegamento per don Serafino Morazzone, suor Enrichetta Alfieri e padre Clemente Vismara, che domenica mattina saranno proclamati beati in piazza del Duomo a Milano. Un evento straordinario che «si colloca nell’anno pastorale che abbiamo voluto dedicare proprio alla santità» sottolinea ancora il cardinale Tettamanzi, nella conferenza stampa di presentazione della cerimonia, che domenica mattina radunerà davanti al Duomo migliaia di fedeli. «Tre figure diversissime per vocazione, azione, tempo e storia – ha continuato il cardinale –, ma che hanno saputo spendere la propria vita al servizio degli altri, proprio a partire dall’incontro con l’amore di Dio». Insomma una alleanza tra spiritualità e socialità, da cui possiamo trarre un forte segno di speranza. E quanto «bisogno di speranza» ci sia, lo ha sottolineato lo stesso arcivescovo, «soprattutto in tempi con prove pesanti, che ci fa guardare al mondo con la esclusiva categoria del male. Non possiamo negare questo bisogno di speranza – ha però aggiunto il porporato – perché sappiamo che insieme al male c’è il bene, che, però, spesso è nascosto».E nascosto, in un certo senso, è stato anche il bene compiuto dai tre futuri beati. Don Serafino Morazzone (1747-1822) fu parroco di Chiuso, nel Lecchese, ebbe attenzione per i giovani, cura per gli ammalati, premura per i poveri e assiduità al confessionale. Una testimonianza che fece crescere la sua fama di santità, tanto da diventare punto di riferimento per gli abitanti del circondario di Lecco. La sua figura venne inserita da Alessandro Manzoni, che lo conobbe personalmente, nella prima stesura di «Fermo e Lucia» - che diede poi vita a «I Promessi Sposi» - quando, dopo la conversione dell’Innominato, Lucia viene affidata a un parroco santo, che l’autore indicò proprio in don Morazzone.Nascosta nei raggi del carcere milanese di San Vittore fu l’opera di suor Enrichetta Alfieri (1891-1951), religiosa delle Suore della carità. VI svolse la propria azione per ben trent’anni a partire dal 1939 in piena Seconda Guerra Mondiale. In piena occupazione nazista per la sua opera viene condannata a morte, ma grazie all’intervento del cardinale Ildefonso Schuster venne condannata al confino. Tornerà a San Vittore nel 1945. Nel «nascondimento» dei villaggi della Birmania (oggi Myanmar) si svolge tutta l’opera missionaria di padre Clemente Vismara (1897-1988), sacerdote del Pime. Nato ad Agrate Brianza (Milano) partì nel 1924 per il Paese asiatico dove restò per 65 anni, tornando una sola volta in Italia nel 1957. Ha fondato quattro distretti missionari, portando la comunità cattolica a circa duemila persone. Ancora oggi la sua figura è venerata dalle popolazioni locali, come testimoniano anche i numerosi bambini birmani che portano il suo nome: Clemente.Tre vocazioni differenti, ma con «processi di beatificazione, che sono sembrati rincorrersi e attendersi l’uno l’atro» ha commentato monsignor Ennio Apeciti responsabile diocesano del Servizio per le cause dei santi, che ha seguito l’intero iter di questi tre processi di beatificazione. «E domenica – commenta soddisfatto – arriveranno insieme al traguardo». Un traguardo che «per la terza volta – aggiunge monsignor Gianni Zappa, moderator curiae e presidente del Comitato per le beatificazioni – vedrà piazza del Duomo a Milano accogliere un evento di santità, segno di speranza per la città». Attese migliaia di fedeli provenienti dal Lecchese, da Agrate Brianza e persino dal Myanmar. Ma anche «delegazioni di detenuti di San Vittore e delle guardie carcerarie – aggiunge monsignor Zappa –, e immigrati e autorità civili, tra cui il sindaco di Milano». Tutti riuniti in piazza del Duomo per festeggiare i tre nuovi beati. «Essere santi è difficile – conclude il cardinale Tettamanzi –, ma, davanti a queste tre figure, mi viene da dire anche che è possibile, è utile, e, aggiungerei, necessario».