Il cardinale Gualtiero Bassetti
Il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, è il nuovo presidente della Cei. La notizia è stata comunicata dal cardinale Angelo Bagnasco al termine della Messa nella basilica vaticana. “E adesso – le parole di Bagnasco – ho l’onore e il piacere di comunicare che il Santo Padre ha nominato il cardinale Bassetti presidente della Conferenza episcopale italiana”.
Chi è il nuovo presidente della Cei?
Un meccanico di biciclette mancato. Ai bambini che gli chiedono come la sua famiglia abbia accolto l’ingresso nel Seminario di Firenze, il cardinale Gualtiero Bassetti, nuovo presidente della Cei, racconta che il «babbo» lo vedeva «biciclettaio». E che poi il suo parroco a Marradi, sull’Appennino tosco-romagnolo, persuase il genitore che la strada era un’altra. «Alla fine ha avuto ragione il babbo. Mi tocca ancora pedalare parecchio», scherza con un’ironia tutta toscana l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. Un «due di briscola», sorride su se stesso quando papa Francesco lo crea cardinale “a sorpresa” nel 2014.
Ha 75 anni Bassetti che in tutto e per tutto è fiorentino seppur sia nato nel paese del poeta “folle” Dino Campana dove, confida lo stesso cardinale, «le galline hanno bisogno di un freno alle zampe» tanto è ripida la montagna. Un mese fa, Bergoglio lo proroga alla guida dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve con la formula «donec aliter provideatur» (finché non sarà disposto diversamente). «La Chiesa italiana sente da tempo di essere chiamata a uscire dalle sagrestie – spiega Bassetti mentre riceve la berretta –. Probabilmente ci siamo troppo adagiati sull’esistente».
Dopo gli anni in parrocchia, Bassetti “torna” in Seminario: prima come responsabile, poi come rettore del Minore. «Successivamente, nel 1979, il cardinale Giovanni Benelli mi chiese di passare al Seminario Maggiore». Aveva 37 anni.
«Una domenica di luglio del 1994 - racconta Bassetti - , “don Silvano”, così era chiamato il cardinale Piovanelli a Firenze, mi convocò e senza tanti preamboli mi mise sotto gli occhi una lettera: diceva che il Santo Padre mi aveva nominato vescovo di Massa Marittima-Piombino, nel cuore della Maremma: avevo 52 anni». Come motto episcopale sceglie un passo della Lettera di san Paolo agli Efesini: “In caritate fundati” (Fondati nella carità).
Nel 1998 il trasferimento nella diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro che guida per oltre dieci anni. Nel 2009 l’arrivo a Perugia-Città della Pieve.
Nei suoi interventi – come testimonia il libro "La gioia della carità" del 2015 che li raccoglie– sottolinea che la Chiesa deve essere «accogliente» e vivere la «povertà», che il vescovo è chiamato ad avere lo stile di un «padre» e a mettere al centro la «vicinanza» (papa Francesco lo nomina membro della Congregazione per i vescovi), che è necessario ridurre la «pericolosa distanza fra chi governa e il cittadino». Da uomo del Concilio, invita a dare spazio al laicato spronandolo a offrire un «contributo vivo e responsabile», richiama alla «comunione» che è «lo splendore dell’unità nella carità» e sollecita il dialogo con le altre fedi e confessioni cristiane (è membro del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani).
Nelle meditazioni per la Via Crucis al Colosseo che Bergoglio gli affida nel 2016 definisce «crocifissi della storia» chi arriva in Europa sulle «carrette del mare», coloro che «pensano di non avere più dignità perché hanno perso il lavoro», quanti «soffrono per una famiglia spezzata». La porpora lo coglie in una chiesa di periferia. «Ero ad amministrare le Cresime. Una donna venne in sacrestia per dare l’annuncio. Io non le credei e la trattai male. Mi comportai come gli Apostoli all'annuncio della Resurrezione di Gesù da parte delle donne». E, quando a Francesco rivela che «ora lo zaino lo devo caricare ancora di più», non pensa sicuramente alla presidenza dei vescovi italiani ma a «non trascurare la mia anima». Però la Provvidenza ha stabilito altro.