Ernesto Olivero, fondatore del Sermig (Ansa)
Un momento fondamentale nei 55 anni di storia del Sermig. Questa mattina, con una Messa concelebrata alle 9.30 dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, e dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, l’Arsenale della pace è diventato «Casa di Maria».
Cosa significa, Ernesto Olivero?
Per noi è una carezza. Devo dire grazie al nostro arcivescovo Cesare Nosiglia che ha avuto questa intuizione. Diventare Casa di Maria significa rendere visibile uno stile, la maternità di un luogo che accoglie, ascolta, accompagna. Per noi ha anche un significato in più. Rende viva la memoria di quando eravamo un piccolo gruppo di ragazzi con grandi ideali. Muovevamo i primi passi come Sermig e sentivamo vicinissima la Madonna. Da molti anni la invochiamo come Madre dei Giovani e all’Arsenale della Pace custodiamo un’icona bellissima: la Madonna delle tre mani. Lei davvero ci ha sempre accompagnato. Poi abbiamo ricevuto un mandato particolare da dom Helder Camara, l’8 dicembre 1986. Ci scriveva da Firenze e, a nome della Madonna, ci chiedeva di mettere i giovani sempre al primo posto. Poi madre Teresa di Calcutta, nell’ultima sua lettera, che abbiamo ritrovato dopo la sua morte, ci scriveva: «…dobbiamo prendere la Madonna con noi e insieme a Lei andare alla ricerca dei bambini e dei giovani per portarli a casa». Una casa appunto, casa di Maria.
Quali cambiamenti ci saranno nelle attività del Sermig e nelle sue prospettive dopo questa dedicazione?
Quando abbiamo ricevuto un dono o un riconoscimento lo abbiamo sempre affidato alla trascendenza, vivendolo come una responsabilità a fare meglio. Solo camminando scopriremo il significato concreto di questa nuova tappa della nostra storia. Di certo, dobbiamo fare in modo che chiunque venga all’Arsenale si senta accolto nel profondo. Il grande desiderio della Madonna è portare gli uomini e le donne a Gesù. Senza esaltazione e con una grande umiltà, vorremmo dare il nostro contributo.
C’è qualche ricordo particolare per illustrare la protezione che vi ha dato la Vergine?
Prima ancora dell’Arsenale della Pace la nostra storia si è intrecciata da subito con la presenza di Maria. Penso, negli anni settanta, ai primi incontri con Giorgio La Pira e papa Paolo VI, al discernimento che suscitarono. Nei ruderi del vecchio arsenale militare di Torino vedevamo la possibilità di vivere concretamente la profezia di Isaia, quella di un tempo in cui le armi non sarebbero state più costruite e trasformate in strumenti di lavoro. Quel sogno ci superava, era davvero più grande di noi. Non era affatto semplice riuscire ad avere in comodato quell’area della città. Mi piace dire che lo “occupammo” spiritualmente con Maria. Per diversi anni, ogni sera ci trovavamo davanti ai cancelli a pregare il Rosario oppure al santuario della Consolata per chiedere di averlo. L’arsenale arrivò e attirò un mare di gente pronta a mettersi in gioco per trasformarlo. La Madonna aveva ascoltato le nostre preghiere. Da allora ogni giorno è stato un miracolo di provvidenza e ogni volta la protezione, la soluzione dei problemi che si affacciavano, le chiedevamo a Maria. Non ci ha mai deluso.
Che ruolo avrà la Casa di Maria nella Chiesa torinese e in quella italiana?
L’Arsenale continuerà ad essere un luogo di preghiera e di vita attiva nella città. Mi piace definirlo una porta sempre aperta 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno. Una casa per chi è in difficoltà, ma anche per chi cerca il senso della vita. Penso soprattutto ai giovani. Credo che le parole chiave della nuova Casa di Maria siano queste: silenzio e preghiera, umiltà e trasparenza, accoglienza di chi vuole cambiare vita, fatti concreti.
Qualcuno ha voluto trascinare la Madonna nella lotta politica strumentalizzandone la figura. Ma qual è il messaggio autentico di Maria?
C’è un episodio bellissimo nel Vangelo di Giovanni, quello delle nozze di Cana. La Madonna, indicando Gesù, dice semplicemente: «Fate quello che vi dirà». E qual è il messaggio di Gesù? L’amore. Ma c’è un ma. L’amore di cui parla Gesù non è una scatola vuota. Amore è dare da mangiare agli affamati, amore è accogliere lo straniero, amore è visitare i carcerati. Nient’altro. Chi vuole mettere la Madonna nei propri programmi politici, faccia questo. Semplicemente.
La preghiera in onore alla Vergine
Qui, Casa di Maria, ogni persona può desiderare un cuore materno per trasmetterlo al mondo.
Qui le differenze possono diventare ricchezza e la ricchezza, condivisione.
Qui gli ultimi possono trovare la casa dove essere i primi, i più amati.
Qui nessuno sarà mai sottomesso.
Qui ognuno è valorizzato, accompagnato nella fatica di crescere.
Qui tutti coloro che hanno conosciuto il male, anche nelle sue peggiori forme, possono cambiare.
Qui la vendetta può diventare desiderio di perdono e a volte, per grazia, autentico perdono.
Qui ogni peccato conosce la riconciliazione e la riconciliazione fa nascere dentro la nostalgia dell’infinito da amare.
Qui anche l’impossibile può trovare accoglienza.
Qui la fame di cibo può diventare fame di Dio.
Qui il silenzio fa incontrare chi crede e chi non crede.
Qui custodiamo l’attesa di Gesù, il desiderio di lui, consapevoli del compito che ci ha affidato: fare come lui. Lo sappiamo bene perché lo viviamo ogni giorno: qui l’altro sono io.
Qui il tempo è donarsi 24 ore su 24.
Qui vive chi custodisce nell’intimo e ripete ogni istante l’Eccomi di Maria.
Sì, qui Maria può trovarsi bene, sì, Maria può stare bene, tra noi.
Sì, qui Maria può trovare casa. Qui, a casa nostra: Casa di Maria.
Ernesto Olivero