venerdì 20 settembre 2024
Volontario dell'Associazione "Casa di Maria", Marco VIgnati da trent'anni organizza e anima i pellegrinaggi nella città della Bosnia Erzegovina. «Qui tutto è cadenzato dalla preghiera»
Pellegrini in preghiera davanti alla statua della Vergine

Pellegrini in preghiera davanti alla statua della Vergine - Ansa

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«Un aspetto specifico del pellegrinaggio a Medjugorje? Il tempo della preghiera». Non ha dubbi Marco Vignati, volontario dell’associazione “Casa di Maria” nell’indicare una peculiarità dei viaggi di fede nella località della Bosnia-Erzegovina, dove la Vergine sarebbe apparsa a quattro ragazze e due ragazzi nel 1981. Vignati da oltre trent’anni organizza pellegrinaggi in questo luogo di devozione mariana, o meglio «con la nostra Associazione accompagniamo i pellegrini durante la loro permanenza qui». Insomma se la parte della logistica (mezzo con cui arrivare, alberghi e sistemazioni) è a carico delle agenzie di viaggio, a Vignati e agli altri volontari di “Casa di Maria” spetta il compito di ”animare” il tempo di permanenza. «Diciamo che le tappe sono abbastanza delineate, anche da una tradizione che ha più di quarant’anni» spiega il volontario: la salita alla collina delle apparizioni, quella sulla collina della croce e la chiesa parrocchiale di san Giacomo. Ma «più che i gesti compiuti, è il tempo della preghiera a scandire la presenza dei pellegrini in questa città». Si prega durante le salite alle due colline, anzi «è proprio la preghiera a scandire il passo verso il luogo delle apparizioni e della croce». E poi c’è la chiesa parrocchiale affidata ai frati francescani, che «ha una autentica vita parrocchiale in cui i pellegrini si inseriscono e partecipano». Proprio nella chiesa parrocchiale «ogni sera si svolgono le grandi celebrazioni che comprendono la recita del Rosario, la celebrazione dell’Eucaristia e un momento di preghiera finale». Del resto, ricorda ancora Vignati, «l’invito a pregare, a “trovare il tempo per Dio”, è il fondamento dei messaggi che la Vergine ha lasciato ai veggenti. E qui si cerca proprio di imparare a trovare quel tempo per Dio, che la vita caotica spesso ci fa dimenticare». “Trovare il tempo”, un tempo dedicato alla preghiera, che è dialogare con Dio: ecco uno dei “segreti” di Medjugorje. «Durante la loro permanenza i pellegrini riescono a vivere un’esperienza di fede e di preghiera molto intensa - aggiunge Vignati, autore anche di diversi libri sui luoghi mariani -. Una preghiera senza vincoli di tempo, un tempo personale, nel rispetto di tutti e ciascuno». Così come nelle salute sulle due colline. «Ovviamente è un’esperienza offerta a tutti coloro che arrivano qui in pellegrinaggio, e devo dire che la quasi totalità dei fedeli compie almeno la salita al luogo delle apparizioni». È un cammino scandito dalla preghiera e dalla recita del Rosario, che «permette a tutti di salire secondo i propri mezzi e i propri tempi, aiutati in questo anche dalla preghiera che i gruppi recitano salendo». Forse un po’ più complessa quella alla collina della croce - circa un’oretta di strada -, ma anche in questo caso «come volontari animiamo il momento di preghiera per coloro che sono oggettivamente impossibilitati a compiere la salita, nello spiazzo accanto alla parrocchia di San Giacomo. Insomma, nessun è escluso da questa esperienza di preghiera».

E poi ci sono i momenti di riflessione e di incontro con alcuni testimoni, a completare i giorni del pellegrinaggio. Forse i più attesi sono proprio i veggenti, ma «è ormai da molto tempo che non incontrano più i pellegrini» spiega Vignati. Forse anche una scelta per non introdurre elementi più di curiosità che di carattere religioso in questa esperienza. Insomma, l’adozione di un profilo più riservato. «Ma se inizialmente si può percepire un pizzico di delusione - aggiunge il volontario di Casa di Maria -, abbiamo notato che i pellegrini presto superano questa assenza e riescono a vivere l’esperienza con pienezza». Ad incontrare i pellegrini in questi momenti di testimonianza sono soprattutto i frati che hanno la cura pastorale della parrocchia di San Giacomo, ma «a volte è presente anche l’arcivescovo Aldo Cavalli», che è il visitatore apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje. Non mancano pure «le testimonianze di persone a cui l’incontro con questo luogo mariano ha cambiato radicalmente la vita e che raccontano la propria esperienza ai pellegrini. Penso ai ragazzi della Comunità Cenacolo creata da suor Elvira, che raccontano il proprio cammino di uscita dalla dipendenza». Momenti importanti e arricchenti per chi intraprende questo viaggio. Per molti la visita a Medjugorje diventa un appuntamento ciclico, se non annuale. «In tante occasioni ritroviamo uomini e donne che sono già stati qui e che ci sono voluti tornare, quasi richiamati dal clima e dall’esperienza vissuta. In alcuni casi le visite sono davvero tante. Eppure non si coglie nei pellegrini più assidui una sorta di meccanicità o di mera ripetitività dei gesti. Anzi in ognuno si coglie sempre l’emozione, come quella vissuta nella prima visita a questa città mariana». E l’eredità più grande di questo pellegrinaggio? «Riscoprire l’importanza del trovare tempo per Dio con la preghiera - risponde Vignati -, come del resto chiedo in numerosi messaggi la stessa Madonna. Forse più che di eredità parlerei di sfida per il ritorno a casa: cioè continuare a trovare nella propria quotidianità quel tempo per Dio che a Medjugorje si riesce a vivere».

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