martedì 1 ottobre 2024
Dopo le testimonianza di tre donne contro padre Sauro De Luca morto nel 2012, il Movimento eucaristico giovanile (Meg), annuncia un’inchiesta. Padre Colizzi: priorità al dolore delle sopravvissute
La Chiesa del Gesù, chiesa madre dei gesuiti

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«Cominciamo un cammino di verità. Perché la verità è il primo passo di un possibile processo di guarigione e liberazione, per le vittime-sopravvissute prima di tutto, ma anche per il Movimento eucaristico giovanile (Meg)». Padre Renato Colizzi scandisce con pacata decisione le parole «cammino di verità». Il momento è difficile. Il direttore nazionale del Meg e della Rete mondiale di preghiera del Papa, Opera pontifica affidata alla Compagnia di Gesù, ha incontrato Avvenire per parlare di una vicenda dolorosa che tocca le fibre più intime della realtà ecclesiale, fondata 110 anni fa e articolata in una quarantina di comunità sparse per l’Italia. La frequentano circa 2.500 bimbi e ragazzi tra gli 8 e i 23 anni. Lo scorso marzo, il Movimento è stato contattato da tre donne tra i 45 e i 50 anni le quali, dopo una lunga e sofferta fase di elaborazione, hanno voluto farsi avanti per raccontare gli abusi subiti negli anni Novanta dall’allora direttore, padre Sauro De Luca, morto nel 2012. Una figura centrale nella storia del Meg: l’ha guidato per trentuno anni, dal 1967 al 1998, aiutandolo a inserirsi nella Chiesa del post-Concilio, ed è stato un riferimento spirituale per diverse generazioni di giovani. Eppure quella stessa persona, durante i colloqui privati con le tre vittime-sopravvissute, all’epoca di età compresa tra i 14 e i 16 anni, ha avuto comportamenti inappropriati che hanno causato una lacerazione profonda nella vita delle giovani. Il disagio ha richiesto l’accompagnamento della psicoterapia per potersi riappropriare di quella parte della loro storia. «Quando l’ho saputo, la mia prima reazione è stata: “Che cosa fare?”. Quella domanda è diventata un assillo. E lo è ancora», racconta padre Colizzi. Da qui, dopo attenta riflessione e discernimento, assieme al provinciale, padre Roberto Del Riccio, e al delegato per gli abusi della Compagnia, padre Paul Pace, è maturata la scelta coraggiosa: avviare un cammino di verità. «Abbiamo deciso di mettere al centro le sofferenze delle vittime-sopravvissute. Alcune si sono rivolte a noi e di questo le ringraziamo di cuore, oltre a implorare umilmente il perdono loro e delle famiglie. Ma non possiamo non chiederci: ce ne saranno altre? Per questo, vogliamo invitare chiunque abbia subito abusi nel Meg o sia a conoscenza di episodi del genere, a farsi avanti». Le loro testimonianze saranno raccolte da Grazia Villani (è contattabile a questi contatti: tutela@meg-italia.it, 337.1122389), persona con oltre dieci anni di esperienza in percorsi di guarigione e coscientizzazione e indipendente dal Meg e dai gesuiti. Ad aiutarla sarà l’associazione Meter di don Fortunato di Noto. Insieme all’appello pubblico, un’analoga esortazione è stata inviata a tutto il Movimento «con ogni canale disponibile: mailing list, whatsapp e sito. Vogliamo prendere consapevolezza di quanto accaduto nel nostro passato e di quando dobbiamo fare affinché non accada mai più». Alla fase di ascolto, dunque, seguirà l’elaborazione di un rapporto, sempre da parte di Grazia Villani, che dovrebbe essere pronto fra un anno e il cui obiettivo è far emergere, nella sua completezza anche scomoda, la verità dei fatti.

«Siamo consapevoli che la Compagnia non ha fatto tutto quello che doveva o poteva fare. Per questo, un capitolo dovrà riguardare il nostro operato», aggiunge il direttore nazionale. Negli anni Duemila, erano circolate voci e segnalazioni orali. «Probabilmente sono state sottovalutate perché non ci risulta ad ora, da una prima indagine, che sia stato fatto qualcosa per appurare o capire meglio la vicenda». La prima inchiesta formale risale al 2010, grazie alla denuncia di due vittime-sopravvissute, altre rispetto a quelle che si sono palesate lo scorso marzo. In seguito all’indagine dell’allora delegato per gli abusi, di cui si era appena dotata la Compagnia, padre De Luca ha confessato le proprie colpe e accettato le misure restrittive imposte, ovvero la reclusione nell’infermeria di Gallarate con il divieto di incontrare persone al di fuori dei componenti della comunità. Là è morto due anni dopo, a causa di un tumore. «All’epoca, la Compagnia e il Meg hanno preso sul serio le testimonianze delle prime donne che si sono presentate. Si sono fatti carico di quel dolore e hanno anche previsto una forma di riparazione, concordata con le interessate. La novità di questo cammino che ci accingiamo a intraprendere consiste nell’essere noi a rivolgerci a eventuali vittime-sopravvissute di cui non sappiamo niente perché, con la loro testimonianza, quando e come vorranno darla, ci consentano di fare emergere la verità. Finora, tra il 2010 e lo scorso marzo, abbiamo avuto le testimonianze di cinque donne di varie città italiane, del nord, del centro e del sud. Ce ne potrebbero essere altre che non conosciamo e alle quali sentiamo il dovere di andare incontro. L’idea è cambiare il paradigma. A lungo, abbiamo risposto alle richieste di chi si palesava, mettendo, però, in primo piano, la tutela dell’istituzione. Questo istinto ci porta, a volte, anche inconsciamente, a minimizzare, ignorare, auto-assolverci. È un istinto che paralizza, impedisce di destinare risorse umane qualificate, anche quelle di gesuiti, per avviare processi di trasparenza, accompagnamento, prevenzione. Ora, sentiamo di dovere mettere al centro la sofferenza delle persone abusate. Non si tratta di puntare il dito su qualcuno o gettare il fango sull’istituzione. Il cammino di verità è aperto a tutti, anche a chi ha eventualmente ha commesso inadempienze. Saperlo e riconoscerlo è cruciale, però, è cruciale per le vittime-sopravvissute: la loro esigenza di giustizia è già un inizio di guarigione. Senza non possono farcela. Quella a cui vogliamo arrivare non è una verità che inchioda alla colpa. È una verità rivolta al futuro. A ispirarci è la frase di Gesù: “Io sono la Via, la Verità, la Vita”. Iniziamo un cammino, la via appunto, per arrivare alla verità, nella speranza che questa produca vita. Per le vittime-sopravvissute, per il Meg, per la Compagnia, per la Chiesa».


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