Il paese perduto, per i malati di Alzheimer, è la passeggiata sotto casa, la partita a carte, un normale pomeriggio tra amici. Per oltre un milione di italiani tutto questo si annebbia giorno dopo giorno insieme ai volti più cari, che prima o poi diventano sconosciuti, anche se tanti anni prima li hai partoriti… 'Il Paese ritrovato', allora, è l’idea rivoluzionaria che mancava, un vero villaggio con una caratteristica che lo rende unico al mondo: tutti gli abitanti sono malati di Alzheimer. Costruito apposta per loro (la prima pietra fu posata un anno fa), unisce le tecnologie più sofisticate e una facciata di tradizione: la chiesetta al centro della piazza, le case che vi si affacciano, stradine e negozi, panchine e orti.
A due passi dalla Reggia di Monza, il 'Paese ritrovato' nasce per restituire alla persona ciò che la malattia le ha negato: una vita sociale, la possibilità di continuare a sentirsi utile e dare un senso al suo risveglio ogni mattina. «A rendere ingestibili i malati di demenza in una certa fase della patologia è l’alto stato di stress, a causa del quale diventano aggressivi, ed è allora che la famiglia non regge più», spiega Roberto Mauri, direttore della Cooperativa La Meridiana, che ha al suo attivo 40 anni di esperienza nei servizi all’anziano e ora si lancia nel progetto avveniristico. «Per questo motivo, persone che con una serie di accorgimenti potrebbero avere una vita del tutto soddisfacente vengono invece relegate nei nuclei Alzheimer delle Rsa, tra malati molto più gravi. Basterebbe invece abbassare il livello di stress del paziente per permettergli anni di vita accettabilissima per lui e per i suoi cari, nonché meno costosa per il sistema sanitario». Tanti gli studi nel mondo per capire come agire sullo stress, «e tra le innovazioni più efficaci abbiamo scelto l’esperienza olandese di 'paese protetto', unico esempio al mondo». Tra operai, elettricisti e imbianchini, oggi fervono i preparativi per il taglio del nastro, che avverrà sabato mattina alla presenza di centinaia di persone: in meno di un anno sono sorti i palazzetti variopinti e al centro del paese sono pronti ad entrare in funzione il bar, un minimarket, la palestra, il parrucchiere, la chiesa, persino il cine-teatro e la proloco, il tutto su un’area di oltre 14mila metri quadri e per un totale di 64 pazienti.
Ogni appartamento è di 420 metri quadri e comprende otto camere private, una zona pranzo comune e tre grandi zone giorno distinte: se la vera scommessa è abbassare lo stress, qui i ritmi li dettano i pazienti e la libertà è un piacere riconquistato. «La notte uno vuole alzarsi e fare colazione? Nessuno glielo impedisce», proprio le stranezze che a casa fanno impazzire i parenti, qui diventano lecite e creano relax. Ogni appartamento ha un operatore fisso più alcune figure jolly di supporto e la tecnologia fa il resto.
Se il paziente si alza, sotto il letto si accendono le luci di cortesia e una sorta di cammino luminoso lo guida in modo soft: un faretto illumina esclusivamente la porta del bagno e, una volta lì, un altro faretto illumina solo i servizi. Ma è in tutto il Paese ritrovato che gli accorgimenti tecnologici evitano ogni rischio, dai rilevatori che seguono passo passo gli spostamenti di ogni paziente nel villaggio e li comunicano allo smartphone del coordinatore, alla palestra con paesaggi virtuali che stimolano il movimento, alle luci e gli odori che cambiano di intensità nelle ore del giorno. «Nei negozi in realtà non si compra nulla – specifica il direttore –, sono anch’essi laboratori e fanno terapia».
Anche i due parrucchieri sono operatori socio sanitari, «esperti sia in taglio e piega, che nel rilassare per mezz’ora sotto il casco clienti tanto speciali». Persino la televisione ha un ruolo terapeutico, con una speciale telecamera che riconosce lo stato emotivo dello spettatore e, a seconda che debba essere stimolato o invece tranquillizzato, manda in onda contenuti precedentemente inseriti nel software dai familiari, ad esempio le foto dei nipotini o il suo concerto preferito. Tutte innovazioni guardate con interesse dal mondo della scienza, per il quale il 'Paese ritrovato' è anche un importante luogo di sperimentazione. «Con noi hanno collaborato il Cnr, il Politecnico e tanti specialisti. Entreremo a regime in maggio, quando assumeremo 55 operatori e dalla lista d’attesa sceglieremo le 64 persone più adatte, che abbiano cioè ancora una capacità residuale di cognizione». Il vero miracolo di tutta questa storia, però, è che dei 9,5 milioni di euro necessari, 6,5 sono già arrivati e tutti da donazioni private. «Siamo andati da alcune delle famiglie più importanti del nostro territorio e tre di loro, i Fontana di Veduggio, i Fumagalli e i Rovati di Monza, hanno elargito i primi 4 milioni per partire».
Poi sono arrivate Fondazione Cariplo, Fondazione della Comunità Monza-Brianza, Assolombarda, tante associazioni «e, cosa commovente, un mare di cittadini. Come avveniva secoli fa per erigere gli antichi ospedali o per costruire il Duomo di Milano, la grande risposta è venuta dalla comunità». E per i restanti 3 milioni «la Provvidenza ci ha abituati a credere che in qualche modo arriveranno. Ci manca poco… certo non ci arrendiamo qui».