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Crescono denunce e richieste delle associazioni: in tanti entrano nei gironi infernali e pagano con la vita «Legge anacronistica, si aiutino subito le vittime. Le banche? Recuperino la funzione sociale del credito» Ogni giorno, un blitz contro gli usurai. L’ultimo, venerdì, ha portato i militari della Guardia di Finanza di Bergamo a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di tre persone, un commercialista e due imprenditori. Che si tratti di usura di vicinato, di fenomeno da colletti bianchi o di strumento per controllare il territorio da parte delle mafie, il denaro sfruttato come elemento di estorsione e di ricatto (con richieste di rimborsi a tassi altissimi da parte degli strozzini) è uno dei tratti-chiave della 'pandemia sociale'. Preoccupa tante associazioni che sono in prima linea a difesa dei più fragili, a partire dal mondo cattolico. Ci sono tanti 'invisibili', come quelli che raccontiamo in questa pagina, che entrano involontariamente nei circoli del malaffare e finiscono per pagare con la vita. Di altri 'invisibili', in particolare di senza fissa dimora, richiedenti asilo, rifugiati e apolidi, persone rom e sinti, si è occupato invece un altro appello lanciato ieri dalle associazioni che aderiscono al Tavolo immigrazione e salute al ministro della Salute, Roberto Speranza: siano emanate subito, è il senso della mobilitazione, indicazioni nazionali che definiscano le modalità di inclusione nel piano vaccinale nazionale di 500mila persone .
Allarme usura anche per il nuovo esecutivo. La pandemia, come dicono da mesi cronache e report, sta facendo crescere soprattutto al Sud il ricorso agli strozzini, spesso legati alla malavita organizzata, persino per curare i famigliari. Chi sta in prima linea, da tempo avanza proposte per mettere lo Stato in condizioni di aiutare efficacemente e in fretta le vittime. E per evitare tragedie come quella di Alberto, una storia di qualche anno fa eppure purtroppo attuale. Un termometro della realtà, non solo napoletana. Titolare di una tabaccheria avviata e proprietario di una casa, decide di rilevare una pasticceria in crisi costituendo con i parenti una società per separare le attività. Investe tutti i risparmi, ricorre a un mutuo bancario e paga i fornitori con una robusta dilazione di pagamento cambializzata. Parte bene, con un contratto di fornitura con Alitalia di 50mila euro al mese che, però, gli lascia pochi margini per pagare i debiti. Ricorre nuovamente alle banche, ma la risposta è negativa. Gli manca la liquidità per acquistare i tabacchi e decide di ridurre gli acquisti settimanali.
Ma così perde i clienti, quindi incassi e utili. C’è un altro problema: un paio di cambiali non vengono onorate con conseguente segnalazione alla Banca di Italia e l’iscrizione di Alberto nel registro dei cattivi pagatori che comporta il marchio di inaffidabilità bancaria. Da questa situazione, si salva almeno inizialmente la pasticceria. Ad Alberto però servono nuovi finanziamenti, ma non può più chiederli a un istituto di credito perché è sovraindebitato. Deve allora cercarli in circuiti paralleli imboccando una strada senza uscita. Un parente gli presenta – un classico – 'un amico' con cui concorda la divisione al 50% degli utili e la restituzione delle somme anticipate entro un mese. Dopo quattro settimane l’investimento arriva a circa 150mila euro e gli utili vengono divisi, ma Alberto non impiega il ricavato per acquistare nuova merce e sistema le pendenze. 'L’amico' non è d’accordo, chiede e ottiene di subentrargli nella gestione della tabaccheria pattuendo il 50% degli utili che Alberto non vedrà mai perché l’usuraio rivela il suo vero volto trattenendoli come rimborso. Per pagare i fornitori rastrella contanti dalla pasticceria e per non fallire è costretto a sottoscrivere un altro patto con lo strozzino: un nuo- vo prestito in cambio dei pagamenti della commessa Alitalia. Ma così non riesce più ad arrivare a fine mese e dopo pochi mesi deve chiudere anche la pasticceria. L’usuraio lo minaccia, rivuole la somma prestata, nel frattempo moltiplicatasi a causa dei tassi di interesse illegali.
Dopo avergli ceduto la tabaccheria è costretto ad assecondarlo, quando lo strozzino chiede alla banca un mutuo con la garanzia ipotecaria della casa dello sventurato. L’usuraio incassa il mutuo, non paga le rate e l’istituto di credito avvia un’azione esecutiva per espropriare l’abitazione di Alberto. Il quale, ormai rovinato, finalmente si convince a denunciarlo ai carabinieri e chiede alla Prefettura gli interventi previsti dalla Legge 108/96. Dopo anni di giudizio, che vede anche la costituzione come parte civile di una associazione antiusura e dell’associazione di categoria, all’usuraio e ai suoi complici vengono inflitte pene da quattro a sette anni di carcere. Ma l’intervento del fondo antiusura per le vittime viene rifiutato per cavilli burocratici. E ad Alberto, dopo tante lotte, cede il cuore. Cosa avrebbe potuto salvare lui e tante altre vittime? «La velocità nell’intervento e la fiducia nello Stato».
Per l’avvocato Pasquale Riccio, per molti anni responsabile del centro di ascolto della fondazione antiusura di Napoli Moscati e poi cofondatore del Pio Monte Somma, «la legge è anacronistica. È del 1996 e quello era un altro mondo. Il problema risiede nel sistema bancario, ormai privatizzato. Così è venuta meno la funzione sociale del credito. Il problema è la difficoltà di denunciare l’usuraio perché le vittime si sentono sole, abbandonate dallo Stato e hanno paura per il presente e anche per il futuro perché potrebbero avere bisogno di rivolgersi alla persona che hanno denunciato». Riccio sottolinea il nodo-chiave della tempistica. «Dall’inizio del dramma al momento del risarcimento possono trascorrere 10 anni. Se non c’è un intervento immediato è impossibile fare prevenzione». E la gravità della situazione nella sua città.
«A Napoli e al Sud il Covid ha fatto aumentare diseguaglianze e povertà. Ha fatto danni, dal punto di vista economico, superiori a quelli registrati in altre parti del Paese per la fragilità delle imprese, per il maggior numero di famiglie monoreddito e per il grande ricorso al lavoro nero che non ha consentito né alle attività, né ai lavoratori di accedere a ristori e sussidi. Il ministero dell’Interno sostiene che il fenomeno usurario ammonti a circa 30 miliardi, di cui più di un terzo controllato dalle mafie. Ritengo questi numeri ampiamente sottostimati».
Riccio chiude con una panoramica drammatica di Napoli «Nei quartieri storici e periferici delle città si ricorre all’usura anche per pagare la rata del mutuo, l’affitto, la rata dell’auto o di un elettrodomestico, le bollette. Anche per questo fenomeno vi è stato un cambiamento dovuto alla volontà della malavita organizzata di puntare, attraverso l’usura, all’acquisto di attività lecite per ripulire il danaro sporco. Così è stata lasciata ai piccoli usurai di quartiere la facoltà di 'curare' le famiglie del territorio ». Suona come un appello al nuovo governo.