Gisèle Pelicot ad Avignone - Fotogramma
Gisèle ce l’ha fatta. Non solo perché il marito e i 50 uomini che per anni hanno abusato di lei sono stati condannati dal tribunale di Avignone, ma soprattutto perché, grazie alla sua denuncia e al suo coraggio, «la vergogna ha cambiato lato». La vittima è diventata protagonista e accusatrice. Il volto di una donna, resa incosciente dalle droghe, sottoposta a violenza, stupro e dileggio, il volto di Gisèle, è diventato quello del coraggio e della ribellione.
Segnata dalle rughe, i capelli a caschetto, grandi occhiali a coprire gli occhi, la testa alta, il passo deciso, l’espressione determinata di chi vuole andare fino in fondo, Gisèle si è presentata in tribunale e ha affrontato il marito e i 50 uomini che hanno abusato di lei senza un tentennamento, senza un’incertezza. Eppure non deve essere stato facile. Lei non è una diva di Hollywood, una donna patinata e bellissima di cui un produttore ricattatore ha abusato, ma che può contare sulle leve della fama e della popolarità per ricevere solidarietà planetaria. Come è avvenuto durante il #MeToo. Non è una giovane stuprata la cui innocenza devastata dalla brutalità maschile può emozionare e commuovere e, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, indignare.
In questi casi – almeno formalmente – l’opinione pubblica esibisce buoni sentimenti, richiama principi. Gisèle ha 72 anni e non nasconde la sua età. È stata stuprata, centinaia di volte, nel suo letto, incosciente, con il consenso del marito. Nessuno sapeva e quel che le indagini hanno portato alla luce poteva essere facilmente silenziato e occultato. Dopo la sofferenza – tanta e indicibile - poteva tornare alla “normalità”: il marito allontanato, la solidarietà familiare, l’affetto dei figli, il dolore da addomesticare, anni di solitudine, il tentativo di dimenticare. Una vita di nuovo “normale”.
Forse io avrei fatto così – ho pensato – mentre leggevo della sua vicenda. Non avrei avuto la forza di sfidare un’opinione pubblica che può essere malvagia, di affrontare l’ostilità, la diffidenza, la curiosità morbosa, forse il dileggio. Ho immaginato l’ironia negli occhi di tanti, i pensieri non detti ma insinuanti: «Che vuole questa vecchia? In fondo non ha sofferto, non si accorta di niente», oppure «Il marito ha sbagliato, ma a una certa età... ». «Come ha potuto non accorgersi per dieci anni di quello che accadeva!».
Un corpo che ha molti anni non commuove, le rughe non inteneriscono, anzi l’offesa si attenua, il sopruso si stempera. Pazienza! Pazienza è la virtù dei vecchi e soprattutto delle vecchie. Gisèle avrebbe dovuto sopportare e andare avanti. E avrebbe potuto farlo.
Invece no. Gisèle ha capito che in questo caso la pazienza non era una “virtù” e tanto meno una forza. È andata in tribunale e ha accusato. Ha reso pubblica quella che altri avrebbero definito vergogna.
Il processo agli uomini che hanno usato e abusato del suo corpo è diventato un atto di accusa potente, l’offesa alla sua persona è diventata un grido politico. Chi aveva voluto degradarla è stato umiliato non solo dalla sentenza del tribunale ma dall’opinione pubblica, dalle donne che si sono schierate con lei.
Gisèle ha trovato il sostegno dei media e della società. Il peso della vergogna è oggi tutto sulle spalle di chi voleva infliggergliela.
Nei giorni in cui si fanno bilanci, in cui i giornali e le riviste dedicano le copertine all’Uomo dell’anno, (quasi sempre di uomini si tratta) e in cui il Times la dedica a Trump, Gisèle Pelicot consente anche alle donne un bilancio positivo nella loro lotta per la libertà. Dice che il coraggio non ha età, che si può vincere anche nelle circostanze più difficili. Dice che si possono superare le umiliazioni. Che ogni donna può rovesciare il suo ruolo, diventare protagonista della sua vita anche quando sembra tardi, quando anche gli anni sembrano congiurare contro di lei.
Gisèle ce l’ha fatta perché si è rifiutata di diventare una vittima. Di essere solo, nel migliore dei casi, compatita. Questa è la sua vittoria. Per questo è un simbolo. La sentenza del tribunale, la punizione inflitta a chi ha abusato di lei, per quanto importanti, importantissime, sono secondarie rispetto alla lezione di coraggio che ha saputo dare agli uomini e alle donne. Buon 2025 Gisèle!
Giornalista e scrittrice