Una immagine della Sea Watch 3
Mentre la procura di Ragusa ufficializzava l’inchiesta sul trasbordo di migranti dalla petroliera Maersk Etienne alla Mare Jonio, il Tribunale di Catania chiedeva il rinvio a giudizio per Medici senza frontiere e la procura di Trapani, dopo quattro anni, chiudeva l’inchiesta con cui chiederà il rinvio a giudizio, sempre per favoreggiamento dell’immigrazione illegale, ai danni ancora una volta di Medici senza frontiere. Tutto in ventiquattr’ore. Unica notizia di segno opposto, il Tar di Palermo ha sospeso i fermi che bloccavano la Sea–Watch 4 da sei mesi nel porto del capoluogo siciliano. «Le decisioni della magistratura, arrivate a poche ore di distanza, allungano l’elenco – spiega Msf in una dichiarazione ad Avvenire – dei numerosi tentativi di criminalizzare il soccorso in mare, che a oggi non hanno confermato alcuna accusa». A Ragusa, intanto, l’inchiesta su Mare Jonio, alla cui compagnia armatrice è contestato l’avere incassato un bonifico da 125mila euro dalla danese Maersk, ieri ha avuto uno sviluppo. Il gigante danese del trasporto marittimo ha spiegato di non essere mai stato contattato dagli investigatori, nonostante abbia inviato agli armatori di “Mediterranea” il bonifico contestato. «Abbiamo appreso che è in corso un’indagine ufficiale», si legge in una mail inviata ad Avvenire dal quartier generale di Copenaghen, tuttavia «non siamo stati contattati dalle autorità in relazione a questa indagine, ma siamo pronti ad aiutare in qualsiasi momento». Se le indagini arriveranno fino a Copenaghen si capirà se, come sostiene la procura, vi è stato un «accordo commerciale» preventivo tra Idra, proprietaria di Mare Jonio e Maersk. Oppure, come sostengono gli indagati, se quei fondi versati oltre un mese dopo il trasbordo siano stati il frutto del sostegno di Maersk che, anche nel corso di un congresso pubblico, aveva annunciato insieme ad altre compagnie di navigazione l’intenzione di offrire un supporto «politico e materiale» alle organizzazioni umanitarie.
Il presidente e il vicepresidente della società armatoriale, Alessandro Metz e Giuseppe Caccia, spiegano di avere “incontrato per la prima volta i manager della Maersk Tankers un mese dopo la conclusione dell’operazione di soccorso”.
Il faccia a faccia è avvenuto “nel contesto di riunioni con le Organizzazioni di rappresentanza degli Armatori danesi ed europei, con i quali stiamo da allora discutendo le problematiche delle navi mercantili che incrociano nel Mediterraneo e la comune richiesta affinché gli Stati europei rispettino gli obblighi relativi al coordinamento dei soccorsi e allo sbarco delle persone recuperate in mare”. In quella circostanza, spiegano Metz e Caccia, entrambi indagati, gli armatori “ci hanno chiesto come potessero aiutare le nostre attività umanitarie, politicamente e materialmente. Sulla base della Convenzione di Londra del 1989 sull’assistenza tra navi in acque internazionali, Maersk ha così parzialmente riconosciuto le spese aggiuntive sostenute da Idra Social Shipping per i servizi svolti in mare, come forma di sostegno alla nostra attività. Né più né meno”. Dal canto loro gli inquirenti sostengono invece di avere elementi da cui si può ritenere “plausibile” un intesa precedente al trasbordo.
La serie di inchieste emerse in queste ore riporta alla memoria la stagione delle indagini contro le Ong partite nel 2017 e mai arrivate a un solo processo. “Dopo anni di indagini, in un solo giorno, abbiamo ricevuto dalla Procura di Trapani l'avviso di chiusura delle indagini per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e dal Gup di Catania la decisione di rinvio a giudizio per traffico illecito di rifiuti”, riassume Medici senza frontiere. “Le decisioni della magistratura, arrivate a poche ore di distanza, allungano l’elenco dei numerosi tentativi di criminalizzare il soccorso in mare, che a oggi non hanno confermato alcuna accusa, ma che - si legge nella nota dell’organizzazione umanitaria - insieme alle ciniche politiche dell’Italia e dell’Europa hanno pericolosamente indebolito la capacità di soccorso nel Mediterraneo centrale, al drammatico costo di migliaia di vite umane”.
In mare si trova la Sea Watch 3 che fra il 26 e il 28 febbraio, nella sua prima missione dopo sette mesi di blocco forzato, ha soccorso 363 persone e stabilizzato un’imbarcazione in pericolo con 90 naufraghi a bordo. La nave Ong arriverà oggi nel porto di Augusta. «Le persone soccorse e il nostro equipaggio – dice la portavoce Giorgia Linardi – sono allo stremo: le condizioni meteo sono peggiorate a causa del vento ed è impossibile evitare il diffondersi dei casi di ipotermia». Presto potrebbe tornare a effettuare soccorsi anche la Sea Watch 4. Il Tar di Palermo ha infatti restituito la libertà di navigazione nell’attesa che la Corte di Giustizia Europea si pronunci sul caso. Era stato proprio il Tribunale amministrativo siciliano a rivolgersi alla giurisdizione europea a cui ha trasmesso i ricorsi presentati da Sea–Watch. La Corte di giustizia è chiamata a esaminare la legittimità dei provvedimenti di blocco anche alla luce delle emergenze umanitarie.