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«Un’esperienza di umanità profonda nella condivisione della sorte di tutti». Ci sono pace e serenità nelle parole di una monaca benedettina dell’abbazia di Viboldone. Nel convento di clausura alle porte di Milano, il coronavirus è entrato nella vita delle 22 suore che hanno dovuto fare esperienza con qualcosa di inaspettato e terribile che però, non ha intaccato, se mai rafforzato, la loro fede.
Il nemico invisibile che ha invaso la Lombardia ha raggiunto anche quest’oasi di pace, contagiando nove monache che ora sono in isolamento, e affidate alle cure di una di loro che è medico. La conferma della positività al Covid–19 è arrivata ieri. «Si sono presentati – racconta ancora la monaca che preferisce non dire il suo nome come rappresentante dell’intera comunità – i medici dell’ospedale Sacco e hanno fatto il tampone a 10 di noi. Hanno detto che torneranno per controllarci tutte». I sintomi, peraltro, lasciavano pochi dubbi. Le suore hanno febbre alta, tosse, qualcuna fatica a respirare. Le benedettine hanno chiesto prima aiuto al «medico condotto che ci ha guidate telefonicamente ». E poi ai medici dell’ospedale di Melegnano che «ci hanno sconsigliato di presentarci al pronto soccorso per evitare di infettarci ancora di più». Così la suora dottoressa ha preso in mano la situazione e ha inviato anche un report dettagliato all’Ats, da dove hanno risposto «che ci mettevano in lista » per i tamponi «ma che le liste di attesa erano lunghissime e solo con problemi respiratori davvero severi» sarebbero venuti. «Così ci siamo attrezzate – spiega ancora la suora – e abbiamo cercato il più possibile di fare da sole».
Le prime mascherine le sorelle le hanno cucite nella sartoria dell’abbazia con le loro mani: «Ci siamo industriate con garze e tessuto che avevamo qui, abbiamo capito da subito che era importante proteggerci». Tutto è iniziato quando a fine gennaio una delle monache ha visitato la sorella (in seguito deceduta) che aveva appena subito una delicata operazione in un ospedale vicino. Al suo rientro in abbazia si è messa in auto quarantena non appena sviluppato i primi sintomi, ma dopo di lei altre sorelle hanno iniziato a stare male assistite con la massima premura da coloro che
non si sono ammalate. La vita in comunità prosegue per chi non è contagiata e qualcuna inizia a stare meglio. La spesa viene lasciata davanti al portone da un’amica (il supermercato che le riforniva ora è chiuso) e il sindaco di San Giuliano, Marco Segala, ha promesso di portare, il prima possibile tutti i presidi sanitari necessari.
In tutto questo, la preghiera resta un aiuto formidabile. «Mai – conclude la religiosa – abbiamo sentito le invocazioni dei Salmi avere un così forte spessore di verità».