giovedì 11 giugno 2020
Febbrile attività per definire i lavori (con Lagarde e Colao). Conte allarga le consultazioni ai capigruppo Ma perde il centrodestra: passa la linea Meloni
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, all’uscita da Palazzo Chigi

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, all’uscita da Palazzo Chigi - Ansa

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Si inizia sabato con la sessione internazionale, perché l’ampio “slot” lasciato alle opposizioni venerdì pomeriggio è rimasto vuoto. Lega, Fdi e Fi, infatti, hanno declinato l’invito del presidente del Consiglio e non andranno agli Stati generali di Villa Pamphili, considerati dai tre leader Salvini, Meloni e Berlusconi uno «show», una «passerella » a uso e consumo del premier Conte. Uno strappo forte, la prima mina sulla kermesse pensata da Palazzo Chigi per preparare il piano su cui canalizzare i contributi del Recovery fund europeo.

Quantomeno, la conclusione del balletto con le opposizioni mette fine ai dubbi sull’inizio degli Stati generali. Si parte sabato con la videopresenza dei vertici delle istituzioni europee, dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen a quello dell’Europarlamento David Sassoli. Dovrebbe essere fisicamente a Roma il commissario economico Paolo Gentiloni, il “colpo” cui si lavora è la presenza in sede della governatrice della Bce Christine Lagarde.

Dovrebbe collegarsi anche la direttrice del Fondo monetario Kristalina Gheorghieva. Il parterre economico finanziario potrebbe completarsi con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco. Non ci sarà, invece, Mario Draghi. Un altro caso, quello che riguarda l’ex vertice della Bce. Da un lato non sarebbe partito un invito ufficiale, dall’altro lui avrebbe lanciato segnali negativi su una sua presenza. In realtà, di inviti formali pare ne siano arrivati ancora pochi. Le ultime ore prima di spostare il quartier generale del governo a Villa Pamphili sono segnate dal lavorìo per mettere diverse toppe sui contrasti politici. Conte ha completato il “giro dei ministri” ieri, oggi vedrà i gruppi parlamentari di maggioranza.

Quindi scriverà e firmerà insieme al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri il masterplan da presentare, da sabato, prima ai vertici Ue e poi alle parti sociali (i panel con imprese e sindacati partiranno lunedì). Un «piano concreto», ha detto il premier ieri sera incontrando la stampa all’esterno di Palazzo Chigi. Un piano, soprattutto, che ha un valore ufficiale e istituzionale rispetto a quello scritto dalla Task force guidata da Vittorio Colao, trapelato pochi giorni fa. La ferita tra il premier e il supermanager non è ricucita.

«Omaggeremo Colao lunedì mattina», dice Conte usando questo verbo inusuale, omaggiare. Definisce «buono» il documento degli esperti che lui stessi ha nominato, ma poi afferma che le critiche «ci stanno». Insomma, quel testo non lo rappresenta, lo si capisce. Quello in preparazione con Gualtieri ha altro tenore, è più “riformista” e “progressista” e meno “liberista”. Le carte per ora sono coperte, ma dentro ci sta sicuramente il rilancio della lotta all’evasione fiscale e al contante. Nell’incontro cercato con i cronisti, Conte sembra scaricare le tensioni delle ultime ore. «Non ho un mio partito, è a mia insaputa », scherza il premier consapevole che molti dei problemi di maggioranza – e delle rinnovate voci di crisi – nascono dall’ipotesi che possa mettersi in proprio. oi cerca di stanare il centrodestra: «Mi sorprendono, Villa Pamphili è sede istituzionale di alto livello. Mi dicono di andare in Parlamento? Ma io non mi sono mai sottratto, è ardito dire il contrario...». Il premier pare sorpreso soprattutto da Giorgia Meloni: «Anche lei ha detto no?», chiede Conte ai cronisti. E lì si capisce che il presidente del Consiglio ha cercato – a vuoto – un approccio più diretto con la leader di Fdi. Pochi minuti prima, però, il centrodestra – Berlusconi compreso – si era ricompattato sul «no» e sull’affondo contro gli «show» del premier.

E ha iniziato a lasciarsi sollecitare dall’idea di una commissione d’inchiesta parlamentare sul coronavirus. «Ben venga, chi governa è tenuto a dare risposte», se la cava Conte salutando i cronisti per «andare a prendere un caffè». Ma dopo pochi metri, il premier incontra una persona che protesta. Uno scambio molto vivace sulla fame nel Paese e sul Mes. Poco lontano, un gruppetto lo contesta aspramente. Niente caffè, il premier rientra a Palazzo Chigi. È la prima volta che Conte rinuncia a un incontro più ravvicinato con i cittadini.

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