La Sea Watch ancorata al porto di Catania (Ansa)
“Non è emerso, pertanto, alcun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della Sea Watch 3”. È il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, con una lunga nota diramata questa mattina alle 8.55, a smentire tutte le accuse formulate dai ministri Salvini e Toninelli contro l’organizzazione umanitaria tedesca che naviga con una nave olandese.
Non solo, pur ribadendo la sussistenza “all’inidoneità tecnico strutturale della predetta motonave a effettuare un’attività sistematica di soccorso in mare”, l’Ong non è in condizioni di “illegalità” perché le prescrizioni navali rispondono a quelle previste dai Paesi Bassi. Tuttavia “le autorità olandesi, come risulta dal carteggio acquisito in atti, hanno acquisito consapevolezza - si legge nella nota - in ordine alla necessità di introdurre nella loro legislazione dei requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti”. Normativa, “che però non è ancora applicabile ai natanti già registrati”. Sea Watch dunque navigava nel pieno rispetto della leggi vigenti nel Paese di cui batte bandiera.
Le dichiarazioni raccolte dagli investigatori hanno permesso di aprire un fascicolo d’indagine “nei confronti di ignoti per i delitti di associazione a delinquere finalizzata all’agevolazione dell’immigrazione clandestina e di agevolazione dell’immigrazione clandestina”. L’obiettivo sono cioè i trafficanti di esseri umani e i loro complici nei gangli libici. Viene escluso in questa fase qualsiasi coinvolgimento della Sea Watch, come invece ipotizzato in passato a carico di altre Ong ma senza ottenere alcun riscontro. “Dalle risultanze investigative - ribadisce la procura di Catania - non è emerso, pertanto, alcun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della Sea Watch 3”.
E per sottolineare questo esito il procuratore Zuccaro vuole ringraziare proprio gli investigatori messi in campo, alcuni inviati dal Ministero dell’Interno proprio per stanare le presunte responsabilità dell’equipaggio. Uno dei passaggi del comunicato della procura spiega quale forza investigativa sia stata messa in campo e che, a questo punto, ogni accusa che arrivasse ancora dai positivi contro Sea Watch andrebbe a sbattere contro “il prezioso contributo delle migliori Forze di Polizia operanti in materia, dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, alla Squadra Mobile della Questura di Catania, dal Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria alla Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza”, che hanno effettuato giorno e notte per tre giorni “indagini ad ampio spettro, finalizzate ad individuare da una parte i trafficanti libici che hanno organizzato la partenza dei migranti dalla costa libica, dall’altra gli scafisti che hanno condotto il gommone poi soccorso dalla “Sea Watch 3” ed accertare infine la liceità della condotta tenuta dai responsabili di quest’ultima motonave”.
Inizialmente, ammette Zuccaro, le dichiarazioni contrastanti di alcuni migranti hanno fatto ipotizzare in un comportamento sospetto dell’Ong, specie riguardo alla scelta di dirigersi verso l’Italia e non verso la Tunisia, e la reale urgenza di soccorrere i migranti senza attendere la Guardia Costiera libica. Ma gli accertamenti hanno permesso di appurare che le comunicazioni con la centrale di soccorso di Tripoli “si sono interrotte perché i libici mostravano di non comprendere la lingua inglese” (requisito base per chi attiva un centro di coordinamento), mentre quelle italiane e maltesi “avevano rappresentato la loro non competenza ad agire secondo le norme delle convenzioni internazionali”.
Dalle ore 13 del 23 gennaio, a causa dell’imminente e previsto peggioramento delle condizioni meteomarine, Sea Watch “si dirigeva verso le coste orientali della Sicilia piuttosto che dirigersi verso le coste tunisine, benché più vicine in termini di distanza”. Anche su questo sia il ministro Salvini che Toninelli non hanno mancato di parlare di comportamento “strano” e perciò meritevole di sospetti. Al contrario per il procuratore Zuccaro, fino ad ora considerato il “nemico numero 1” delle organizzazioni non governative e il procuratore più apprezzato dal fronte anti Ong, è perentorio: “Tale decisione è apparsa giustificata agli investigatori perché la rotta tunisina avrebbe costretto la nave a muoversi in direzione della perturbazione meteo in arrivo”.
Anche su quanto avvenuto due giorni prima era stato adombrato un comportamento piratesco dell'equipaggio. Ma anche su questo questo Zuccaro ha compiuto verifiche: "Dalle 12,20 del 21 gennaio la motonave aveva effettuato un cambio di rotta verso Nord in direzione del Canale di Sicilia in condizioni meteomarine che non presentavano alcuna situazione di pericolo per la motonave e dalle ore 1 del 22 gennaio la navigazione era proseguita verso le coste di Lampedusa a seguito di convocazione da parte della Procura".
Sia il comandante della Sea Watch che il capo missione hanno asserito durante le loro testimonianze rese per oltre sei ore davanti agli investigatori, che peraltro in passato le autorità di Tunisi si erano mostrate poco collaborative e generalmente non rispondono alle richieste della navi umanitarie che cercano riparo. “La veridicità di tale dichiarazione - scrive ancora Carmelo Zuccaro - sembra trovare conforto nelle dichiarazioni rese dal responsabile di Mrcc olandese (il centro di coordinamento della ricerca e soccorso). Contattato dai colleghi italiani, ha asserito di avere - di propria iniziativa e senza informare il comandante della motonave - richiesto alle autorità tunisine di consentire l’approdo nei loro porti del natante, senza riceverne alcuna risposta. Tale circostanza è invero sintomatica della linea di condotta che le Autorità tunisine hanno deciso di adottare nei confronti delle Ong”.
L’intera nota di Zuccaro da sola smonta oltre due anni di attacchi al veleno contro i soccorrritori. “In tale situazione - aggiunge il procuratore di Catania - non può pertanto ritenersi ingiustificata la scelta del comandante della motonave di dirigersi a partire dal 21 gennaio verso Nord alla ricerca di un Pos”, ovvero di un “Place of safety”, dunque il porto sicuro di sbarco indicato come requisito essenziale di tutte le norme internazionali.
La squadra di investigatori ha anche ascoltato separatamente e ripetutamente i migranti soccorsi, alcuni dei quali hanno confermato “le dichiarazioni dei responsabili della motonave”. In ogni caso la situazione di “distress”, cioè di imminente rischio di naufragio, “che giustificava il soccorso da parte di Sea Watch 3 era dovuta, oltre che alla palese inidoneità tecnica del gommone ad affrontare la traversata, alla circostanza, confermata dai migranti escussi, circa il progressivo sgonfiamento dei tubolari del gommone, da cui tutti sentivano fuoriuscire dell’aria, sgonfiamento che avrebbe inesorabilmente portato all’affondamento del natante”.
I volontari sulla Sea Watch 3, in altre parole, ha evitato una nuova strage. In quella condizione ”l’ulteriore approfondimento circa la necessità di un immediato intervento della Sea Watch appare del tutto superfluo”, nota il procuratore di Catania. Un aspetto che avrebbe avuto rilevanza investigativa solo “se la motonave si fosse affrettata a intervenire per anticipare l’intervento di una motovedetta delle autorità libiche, responsabili dell’Area Sar in cui stava operando”. Come già accaduto in altre circostanze “per ben due giorni nessuna motovedetta libica è intervenuta in quella zona”.