La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha respinto la richiesta avanzata dalla nave Sea Watch 3 affinché siano adottate "misure provvisorie" che consentano l'approdo sulla terraferma delle 42 persone migranti, a bordo della nave da 13 giorni. Nessuno sbarco immediato, dunque. La conferma è arrivata dalla stessa Cedu. Immediato il commento del ministro dell'Interno Salvini: «Anche Strasburgo ci dà ragione, porti chiusi». Ma ovviamente la decisione della Cedu non dice nulla di tutto questo, anzi, (leggi qui il documento integrale) stabilisce che "conta sulle autorità italiane affinché continuino a fornire l'assistenza necessaria alle persone a bordo di Sea Watch 3, che sono vulnerabili a causa della loro età o delle loro condizioni di salute".
I ricorrenti, cioè il capitano della Sea Watch 3 e una quarantina di migranti, avevano invocato gli articoli 2 (diritto alla vita) e 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione, chiedendo di essere sbarcati subito con un provvedimento provvisorio d'urgenza per poter presentare una richiesta di protezione internazionale. La Corte ha rivolto alcune domande alle parti e ha chiesto loro di rispondere lunedì 24 giugno. Al Governo è stato chiesto quante persone erano state già sbarcate dalla nave, il loro possibile stato di vulnerabilità, le misure previste dal Governo, nonché la situazione attuale a bordo della nave. Le domande rivolte ai richiedenti riguardavano le loro condizioni fisiche e mentali il loro possibile stato di vulnerabilità.
Oggi, dopo aver esaminato le risposte ricevute, la Corte ha deciso che non c'erano sufficienti motivazioni per chiedere al Governo italiano di applicare un provvedimento provvisorio di sbarco. Tale provvedimento viene infatti concesso, precisa la Corte, "nei casi eccezionali in cui i richiedenti sarebbero esposti - in assenza di tali misure - a un vero e proprio rischio di danni irreparabili". In sostanza, non essendoci pericolo immediato di morte (anche perché le persone più fragili sono state già trasbordate), non c'è nemmeno l'ordine di uno sbarco immediato. I giudici hanno chiesto documentazione ulteriore entro il 23 luglio, poi la Corte potrebbe esprimersi in particolare su un dettaglio che non può essere affrontato in sessioni urgenti: se cioè la competenza per la nave a 15 miglia dalle coste di Lampedusa sia del governo italiano o meno.
Nello stesso momento però il Garante dei detenuti ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Roma per richiedere una verifica su eventuali aspetti penalmente rilevanti nell'attuale blocco della Sea Watch 3. Il Garante afferma che "non può né intende intervenire su scelte politiche che esulano dalla propria stretta competenza", ma ricorda che "è suo dovere agire per fare cessare eventuali violazioni della libertà personale, incompatibili con i diritti garantiti dalla nostra Carta, e che potrebbero fare incorrere il Paese in sanzioni in sede internazionale".
La capitana Carola: io voglio entrare
Nonostante la consapevolezza di andare incontro a un'incriminazione per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e forse di associazione per delinquere, oltre che a una multa e alla confisca della nave, Carola Rackete, capitana tedesca 31enne della Sea Watch, con ancora a bordo 42 dei 53 migranti soccorsi in mare ha spiegato in un'intervista a Repubblica la sua decisione: "Io voglio entrare. Entro nelle acque italiane e li porto in salvo a Lampedusa. Sto aspettando cosa dirà la Corte Europea dei diritti dell'uomo, poi non avrò altra scelta che sbarcarli lì". Per la capitana, la vita delle persone che ha recuperato in mare "viene prima di qualsiasi gioco politico e incriminazione. Non bisognava arrivare a questo punto".
A raccontare la disperazione a bordo - "qualcuno minaccia lo sciopero della fame, altri dicono di volersi buttare in mare o tagliarsi la pelle. Non ce la fanno più. Si sentono in prigione" - non è stata soltanto la capitana Carola Rackete ma anche Herman, uno dei naufraghi ancora a bordo della Sea Watch 3.
"Immaginate come deve sentirsi una persona che è scappata dalle carceri libiche e che ora si trova sui, costretta in uno spazio angusto, seduta o sdraiata senza potersi muovere. Inevitabilmente rischia di sentirsi male - spiega Herman - Non ce la facciamo più, la barca è piccola e non possiamo muoverci. Non c'è spazio".
Nel video la sua testimonianza raccolta dall'equipaggio della Sea Watch e rilanciato sulla pagina Facebook anche dal Forum Lampedusa solidale che nel frattempo prosegue con l'iniziativa di solidarietà, dormendo sul sagrato della chiesa di San Gerlando.
Un presidio analogo davanti al sagrato della Cattedrale di Palermo si affianca questa notte all'iniziativa a Lampedusa promossa da Mediterranean Hope assieme al parroco di Lampedusa, don Carmelo La Magra. «Ci veniva difficile dormire sui nostri letti comodi e resteremo qui fin quando non verranno fatti sbarcare i migranti», aveva spiegato già nei giorni scorsi don Carmelo, rilanciando l'appuntamento a chiunque avesse voglia di partecipare davanti alla chiesa dell’isola.
Sulla iniziativa di solidarietà non era mancata la risposta tagliente del ministro Salvini su Twitter: "Caro parroco, con tutto il rispetto, io non cambio idea: porti chiusi a chi aiuta i trafficanti di esseri umani. Dorma bene".