Gerardo Bianco a colloquio con Sergio Mattarella al Quirinale
Sono stati celebrati sabato mattina dal vescovo Guerino Di Tora, alla chiesa di San Gaetano al quartiere Fleming, i funerali di Gerardo Bianco. Presenti anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Originario di Guardia dei Lombardi, in provincia di Avellino (dove il feretro ha proseguito nel pomeriggio per essere lì tumulato al termine del rito funebre presieduto dall'arcivescovo di Sant'Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia Pasquale Cascio) è stato un assoluto protagonista nella Democrazia cristiana, ma anche successivamente - una volta chiusa quell’esperienza politica - alla guida del Partito popolare italiano, contribuendo poi alla nascita della Margherita e dell'Ulivo.
Presenti all'ultimo saluto, fra gli altri, l'ex presidente della Camera Pierferdinando Casini, l'ex segretario dell'Udc Marco Follini, molti ex esponenti della Dc irpina, come Peppino Gargani, Ortensio Zecchino e il deputato Gianfranco Rotondi; l'ex ministro Enzo Scotti; tanti ex parlamentari fra cui l'inseparabile Maurizio Eufemi, Beppe Fioroni, Lucio D'Ubaldo, Gigi Gilli, Franco De Luca, Renzo Lusetti, Nicodemo Oliverio (al suo fianco da amministratore alla direzione de quotidiano Il Popolo); il giudice costituzionale Giulio Prosperetti: giornalisti legati alla storia della Dc come Peppe Sangiorgi e Pio Cerocchi; l'ex presidente della Commissione Difesa della Camera Francesco Saverio Garofani (oggi consigliere di Mattarella al Consiglio supremo di Difesa); il segretario generale dell'Aci Gerardo Capozza e Giampaolo D'Andrea, che è succeduto di recente a Bianco alla guida della associazione Animi.
Lascia la moglie Tina, docente che - scherzava lui - ultimamente gli faceva anche da autista nella sua intensa attività di conferenziere, i figli Mariella, Fazio e Andrea e il fratello Lucio, ex presidente del Cnr. Dopo le commoventi parole del figlio Fazio e di due dei suoi 7 nipoti è stato Pierluigi Castagnetti a tenere l'orazione funebre finale. Mattarella, che aveva appreso «con stato d'animo di tristezza» la notizia, lo ha definito «leale servitore delle istituzioni, politico appassionato, ricco di cultura e umanità». Durante la fase alla guida del Ppi, la sua seconda giovinezza, gli fu affibbiato il soprannome di Gerry White, che gli è rimasto appiccicato addosso. Uomo di cultura, fine latinista, è stato un esponente atipico di quella generazione democristiana. Così lo ha ricordato nell'omelia anche il vescovo di Tora, tratteggiando l'uomo di fede, di carità e di cultura, «approfondito studioso di un grande sacerdote come Luigi Sturzo, e amante delle citazioni latine».
Riluttante all'esercizio e all'esibizione del potere, ministro una sola volta, e anche un po' di malavoglia, lo divenne alla Pubblica Istruzione nel 1990 nel VI governo Andreotti, a seguito delle dimissioni dei ministri della sinistra Dc. Fu deputato per 9 legislature, vicino a "Forze nuove" di Carlo Donat Cattin, ma ha sempre agito in realtà al di fuori delle correnti, considerando la sua vera dimensione proprio l’attività di parlamentare che gli ha dato le maggiori soddisfazioni. La più importante, storica, nel 1979, quando, a seguito della cosiddetta "rivolta dei peones", fu eletto per la prima volta (la seconda sarà nel 1992) alla guida del gruppo alla Camera, in dissenso con le indicazioni del partito che puntavano su Giovanni Galloni. Vicepresidente della Camera dal 1987 al 1990, ha avuto anche una più breve esperienza, dal 1994 al 1999, al Parlamento europeo, eletto per il Ppi, divenendo presidente dell'Assemblea del Consiglio d'Europa. Nel 2001 è stato rieletto deputato per la Margherita, e nel 2008 con l'Ulivo, dando un decisivo impulso a entrambi i progetti politici. Non aveva però mai aderito al Pd, pur confessando agli amici di sentirsi «costretto» a votarlo. In una fase più recente si era impegnato per promuovere, (per questo fondò il Movimento per l'Europa) una presenza organizzata e autonoma dei cattolici democratici.
Nello scorso agosto, in una delle ultime interviste, resa proprio al nostro giornale, di fronte alla annunciata vittoria del centrodestra a guida Giorgia Meloni aveva parlato del rischio di una «svolta autoritaria» se - a seguito di questa affermazione - fosse stato portato avanti un proposito di riforma presidenziale, da una parte sola dello schieramento che lo aveva già inserito nel suo programma, con il rischio, che denunciava, di stravolgere in tal modo il ruolo dell'Arbitro istituzionale e con lui l’impianto costituzionale di democrazia parlamentare.
In una precedente intervista, sempre ad Avvenire, alla vigilia della riunione del Parlamento a Camere riunite per l’elezione del presidente della Repubblica, si era speso perché fosse evitato a Sergio Mattarella l’impegno di un secondo mandato, e si puntasse su Mario Draghi al Quirinale. Era legatissimo al capo dello Stato, dopo che nella Dc si erano trovati anche su fronti opposti. La sua nomina a ministro dell’Istruzione avvenne, come detto, proprio a seguito delle dimissioni di 5 ministri della sinistra Dc fra cui Mattarella, decise in disaccordo con l’approvazione di un piano frequenze tv ritenuto troppo benevolo verso le reti detenute da Silvio Berlusconi, al tempo vicino al Psi di Bettino Craxi. Poi però quando nel 1995 avvenne la scissione fra i popolari a seguito della rottura con la componente legata a Rocco Buttiglione, Bianco e Mattarella si ritrovarono dalla stessa parte, e lo stesso Bianco assunse la guida del Ppi. Anche con Ciriaco De Mita, suo conterraneo e quasi coetaneo segretario della Dc e presidente del Consiglio, c’è stata una alternanza di rapporti. Formatisi entrambi alla Cattolica, a Milano, entrati in politica insieme seguendo le orme di Fiorentino Sullo, per lungo tempo hanno poi militato su fronti contrapposti, nella Dc, ma negli ultimi anni si erano riavvicinati. Fra gli ultimi impegni di Bianco la guida dell’associazione degli ex parlamentari, nell’ambito della quale si è fortemente battuto per la difesa dei vitalizi e contro il taglio del numero, considerando entrambi come degli attacchi alla centralità e alla autonomia del Parlamento.
Proprio al temine dell'intervista resa ad Avvenire sull'elezione del Capo dello Stato, tracciando a microfoni spenti un bilancio della sua vita nelle istituzioni, mentre andava alla fermata del taxi di piazza di Torre Argentina per fare ritorno a casa, fermandosi un attimo e reggendosi sul bastone con la mano destra, affermò commosso: «La cosa che mi ha dato più gratificazione è stata l'attività parlamentare», con il tono con cui si parla di un grande amore ricambiato.
Europeista sturziano, appassionato del lavoro parlamentare è stato, come ha ricordato Castagnetti, anche un grande meridionalista. L’ultimo impegno in ordine di tempo la presidenza dell’Animi (Associazione nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno) che aveva lasciato pochi giorni fa, consapevole del peggioramento delle sue condizioni a seguito di un delicato intervento all’orecchio che gli aveva lasciato degli strascichi.