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Una notte per pensare. Per interrogarsi sul "suo" Pd che non la capisce e non la segue. Questa mattina, Elly Schlein, ribadisce la linea con la stessa forza. Nelle telefonate più private e nei commenti più ufficiali. «Firmerò il referendum della Cgil per abolire il Jobs Act». Elly insiste. Nonostante il crescente malessere dell'ala riformista del partito. Nonostante mezzo Pd gli rimproveri che la scelta è sbagliata nel merito e nella tempistica: se proprio bisognava provare ad affondare il jobs Act bisognava anticipare Conte, non accodarsi. Schlein va dritta. «Ho già detto in questi giorni che molti del partito democratico firmeranno, così come altri legittimamente non lo faranno. Io mi metto tra quelli che firmeranno, non potrei far diversamente visto che era un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l'anno scorso ed ero in piazza con la Cgil nel 2015 ed è il secondo referendum che firmo per l'articolo 18». Sarà ma il malessere cresce ora dopo ora. Il Pd si spacca. Ma Schlein minimizza. «Il Pd fa i congressi e li fa davvero, discute e poi definisce una linea. Questo non significa che non sia un partito plurale, legittimamente altri non firmeranno il referendum sul jobs act. Non vedo un partito diviso e frammentato come tanti raccontano, ma un partito in grado di recuperare sei punti nei sondaggi e assestarsi come primo partito».
La linea è decisa. E chi pensava a un periodo di decantazione durante la campagna elettorale per le europee, rispetto ad un punto divisivo per i Dem, ha fatto male i conti. Schlein si schiera in maniera decisa. Contro una riforma voluta e attuata dal governo Renzi. Era l'anno 2016. La segretaria del Pd dice no. No a questa norma che in casi di licenziamento illegittimo ha previsto il superamento del reintegro nel posto di lavoro, sostituito da un indennizzo economico commisurato, appunto, all'anzianità (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità). E proprio Renzi attacca: «Elly Schlein firma i referendum contro il Jobs Act. La segretaria del Pd firma per abolire una legge voluta e votata dal Pd. Finalmente si fa chiarezza. Loro stanno dalla parte dei sussidi, noi dalla parte del lavoro. Amici riformisti: ma come fate a restare ancora nel Pd?».
Un passo indietro. Siamo alla festa dell'Unità a Vecchiazzano a Forlì. Ci sono i banchetti della Cgil per raccogliere le firme sui referendum. I cronisti interrogano Elly Schlein: aderirà? Dopo solo polemiche. L'annuncio di Schlein arriva dopo che appena 48 ore prima uno dei principali esponenti dell'area riformista, Lorenzo Guerini, aveva detto che al posto della segretaria non avrebbe firmato i referendum, e altrettanto aveva fatto Marianna Madia. Diffusasi la notizia Piero De Luca, coordinatore dell'area Bonaccini, ha a sua volta annunciato che sarà tra quelli che non firmerà. Probabilmente proprio la volontà di non essere scavalcata a sinistra da Giuseppe Conte, ha spinto la segretaria alla decisione "solitaria", senza cioè interpellare alcun organo di partito, lasciando per così dire "libertà di coscienza" ai Dem. Dal suo canto Conte ha battuto sullo stesso tasto: «Quando siamo stati al governo abbiamo adottato il decreto dignità contro la precarizzazione, abbiamo iniziato a smontare il Jobs act, che ha creato lavori sempre più precari e ha favorito la moltiplicazione dei contratti a tempo determinato». Tranchant Carlo Calenda: «È un gravissimo errore da parte di Schlein firmare contro il Job act e appiattirsi sulle battaglie ideologiche e politiche di Landini».