martedì 27 febbraio 2024
Salvini non affonda: il governo è assolutamente saldo. Ma ora vuole Zaia ancora governatore. Conte e Schlein preparano nuove intese e picchiano su Meloni: è una sua sconfitta
Conte, Todde e Schlein a Cagliari festeggiano la vittoria

Conte, Todde e Schlein a Cagliari festeggiano la vittoria - ANSA

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La prima fotografia è quella di tre persone abbracciate. Sorridenti. Unite. Alessandra Todde, la prima donna eletta presidente della Regione Sardegna, è tra Elly Schlein e Giuseppe Conte, arrivati nella notte nell'isola sullo stesso aereo. È finita. Dopo uno scrutinio di una lentezza esasperante ecco il verdetto: ha vinto il centrosinistra. Ha vinto l'asse Pd-M5S. Ha vinto il campo largo che ora prende forza. C'è entusiasmo. Si immaginano nuovi patti subito: già in Basilicata, già in Piemonte. Schlein esulta: il vento sta cambiando. Conte la segue: quando c'è un progetto serio i risultati che sembrano impossibili diventano possibili. Lontano dalla Sardegna Dario Franceschini uno degli uomini forti del Pd e soprattutto uno dei padri indiscussi del campo largo avverte: «Bisogna stare insieme è solo questione di aritmetica, ma guai a passare dal pessimismo cosmico all’ottimismo sfrenato perchè la strada è ancora lunga».

La seconda fotografia ha una sola protagonista: Giorgia Meloni. Sono ore complicate. È una brutta notte. A riflettere sui suoi errori. A pensare a quello che succederà nel centrodestra. La premier ha nella testa due numeri. 45 per cento i voti presi da Paolo Truzzu, il candidato che ha imposto alla coalizione e soprattutto alla Lega. 49 per cento i voti presi dalle liste che sostenevano Truzzu. Meloni sa che cosa vuol dire quella differenza di 4 punti. Sa che cosa c'è dietro. Voto disgiunto.

Per capire: qualcuno del centrodestra ha votato una lista del centrodestra, ma non il candidato che Meloni voleva governatore. E quel qualcuno nella testa della premier si chiama Matteo Salvini.

Ecco l'autogol di Giorgia l'Invincibile che si risveglia meno forte. L'incubo è reale. Le divisioni sono reali. Profonde. Pericolose. Meloni è nera. Sente i suoi. Parla con Fazzolari. Mantovano. Sente quelli di cui si fida. Sa che ora la conflittualità con la Lega aumenterà. Sa che Salvini aprirà nuovi fronti. Per ora - ma la scena è sempre diversa dal retroscena - il capo della Lega non affonda il colpo. «Il governo è assolutamente saldo. Sono contento di quello che stiamo facendo, che stiamo progettando...E poi si vince tutti insieme e si perde tutti insieme», assicura. Poi però qualcosa si lascia sfuggire. «Ogni tanto cadere serve anche a fare un esame di quello che puoi fare di più e meglio», chiosa il ministro. E dietro quelle parole c'è chi legge il preludio a una nuova offensiva sul Terzo mandato. La Lega vuole blindare Zaia. Salvini vuole il "doge" ancora governatore del Veneto. Vuole insomma che casi Sardegna non si ripetano più. Al di là delle parole non è per niente un momento facile. L'ultimo "faccia a faccia" con Meloni e Tajani è segnato da diffidenza. Da risentimento. Da sospetto. Meloni capisce tutto e prova a tendere la mano a Salvini e anche a Tajani: non dividiamoci, non facciamoci dispetti... Parole ripetute per esorcizzare lo spettro di una crisi. Ma se crisi sarà Meloni ha nella testa una immediata contromossa: correre in prima persona alle elezioni europee di giugno.

In giornata tutto sarà più chiaro. Il centrodestra farà i conti con la scelta di candidare Truzzu e con le inevitabili divisioni. Il centrosinistra proverà a dare forza al progetto Pd-M5S. E così è. Conte: «Questo è il vento nuovo della Sardegna... Questo significa che, se riusciamo a costruire un progetto serio e credibile, possiamo vincere ed essere competitivi...». Poi un colpo duro alla premier: «È una sconfitta personale di Giorgia Meloni. Qui ci ha messo la faccia... Cagliari e la Sardegna sono ancora piene di gigantografie di Meloni fiera e forte». Elly Schlein per un po' dimentica il campo largo e si concenrtra sul "suo" Pd: «Sta lavorando in tutti i territori con grande forza unitaria e anche quando siamo testardamente unitari e generosi, siamo premiati: in Sardegna il Pd è il primo partito». Resta il flop di Carlo Calenda che non entra nell'alleanza pro Todde e sceglie Renato Soru che si ferma al 10 per cento senza essere rilevante.

La Sardegna ha spesso anticipato successi e cadute. Nel 2009 le elezioni nell'isola misero in crisi la segreteria Veltroni e il sogno di un Pd a vocazione maggioritaria, dieci anni dopo sempre la Sardegna preannunciò di qualche mese il successo europeo di Salvini e le prime vere debolezze dei 5stelle.

E oggi? La Lega crolla, superata anche da Forza Italia; Meloni cade travolta da una scelta non condivisa. E Giorgio Mulè, il vicepresidente della Camera di Forza Italia, ricorda la generosità degli alleati e mette Meloni sul banco degli imputati: non si vince mai imponendo i nomi.

Nel pomeriggio, finalmente, arriva a nota ufficiale congiunta di Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini: «I dati disponibili sul voto in Sardegna consegnano una vittoria per meno di 3mila voti alla candidata del centrosinistra Alessandra Todde sul candidato di centrodestra Paolo Truzzu. Siamo rammaricati per il fatto che l'ottimo risultato delle liste della coalizione di centrodestra, che sfiorano il 50% dei voti, non si sia tramutato anche in una vittoria per il candidato presidente. Da queste elezioni, dunque, non emergerebbe in Sardegna un calo di consenso per il centrodestra. Ma rimane una sconfitta sulla quale ragioneremo insieme per valutare i possibili errori commessi. Continueremo a lavorare imparando dalle nostre sconfitte come dalle nostre vittorie».

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