undefined - ANSA
Come se non bastassero le grane sul Mes e il Cdm “saltato”, a sferzare un governo in piena fibrillazione arriva anche la bufera scatenata dalla puntata di Report di lunedì scorso sulle aziende riconducibili a Daniela Santanchè. Ieri infatti all’indignazione della prima ora manifestata dal M5s si è aggiunto anche il coro unanime del resto delle opposizioni. Nel migliore dei casi con la richiesta di un chiarimento, nel peggiore con quella di dimissioni. Un polverone tale da impedire alla diretta interessata di continuare a mantenere il silenzio. Motivo per cui la ministra del Turismo è stata obbligata a difendersi annunciando querele e negando che quanto riportato dalla trasmissione Rai corrisponda alla realtà.
I presunti fatti riguardano due società la Kigroup e la Visibilia. La prima è stata per lungo tempo un’azienda molto florida nel campo della distribuzione di prodotti bio, presa in mano nel 2006 da Santanché e dal compagno di allora, Canio Mazzaro. Stando a quanto ricostruito da Report, oltre ai compensi da capogiro e ai benefit ingiustificati destinati alla ministra e a Mazzaro per i ruoli ricoperti nel board della società, ci sarebbe il trattamento riservato ai dipendenti – licenziati nel 2017 e ancora in attesa di liquidazione – e l’acquisizione delle aziende fornitrici, ridotte sul lastrico proprio per i mancati pagamenti della Ki group e poi inglobate nella sua controllante. Nel servizio Rai si parla anche di ricorso alla Cig Covid senza diritto e di lavoratori tenuti a operare in azienda anche se ufficialmente in cassa integrazione. Circostanze che, se confermate, striderebbero molto con le dichiarazioni rilasciate dalla ex sottosegretaria durante la pandemia, nelle quali lamentava spesso il danno arrecato agli imprenditori come lei che avevano anticipato a loro spese la Cig permettendo ai lavoratori di sopravvivere.
C’è poi la Visibilia (editoria, comunicazione e raccolta pubblicitaria), sulla quale la Procura di Milano si appresta a chiudere un’inchiesta per falso in bilancio sempre a carico di Santanchè (che ne ha ceduto le quote), e che allo stato è anche oggetto di una causa intentata da un gruppo di azionisti di minoranza.
«I responsabili della trasmissione televisiva erano stati preventivamente invitati a evitare di diffondere notizie non veritiere, purtroppo invano – ha ricordato in una nota la ministra –. In merito al servizio di Report e alle conseguenti notizie di stampa riportate su alcune testate giornalistiche le suddette notizie risultano prive di corrispondenza con la verità storica. Per questi motivi ho dato mandato ai legali di fiducia per le necessarie iniziative nelle opportune sedi giudiziarie». Sul caso i dem, il M5s e Avs hanno chiesto alla premier di riferire in Parlamento invocando le dimissioni della titolare del Turismo. «Giorgia Meloni non taccia, assicuri la credibilità delle istituzioni. Altrimenti è complice del loro discredito», ha dichiarato Peppe Provenzano. Mentre Debora Serracchiani ha auspicato «una decisione rapida nell’interesse della credibilità» dell’esecutivo. Per il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni «all’estero la Santanchè l'avrebbero già allontanata». E anche la deputata M5s Chiara Appendino, ricordando che i pentastellati hanno chiesto «da due giorni alla ministra di spiegare concedendole il beneficio del dubbio», ha sottolineato che per ora non è arrivato «nulla» se non «un silenzio che rispetto a un quadro così grave diventa assenso». Ancora più dura la senatrice grillina Sabrina Licheri, convinta che «il made in Italy non si sostiene facendo fare il ministro a chi facendo impresa ha strozzato altre imprese».