sabato 11 maggio 2024
Nel centro calabrese tristemente noto per la sanguinosa faida tra i clan Nirta-Strangio e Pelle-Vottari, culminata con la strage di Duisburg si va indietro di 5 anni: torna il commissario prefettizio
San Luca d'Aspromonte (Reggio Calabria)

San Luca d'Aspromonte (Reggio Calabria)

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Niente voto a San Luca. Nessuna lista è stata presentata nel paese dell'Aspromonte patria di Corrado Alvaro ma, purtroppo, tristemente noto per la sanguinosa faida tra i clan Nirta-Strangio e Pelle-Vottari, culminata con la strage di Duisburg, per i sequestri di persona, i grandi traffici di droga

. Il comune del santuario della Madonna della montagna di Polsi, luogo di profonda religiosità popolare ma anche dove la 'ndrangheta teneva i propri vertici.

Ora a San Luca si tornerà indietro di cinque anni con un commissario prefettizio, così come era già stato dal 2013 al 2019, prima per lo scioglimento per condizionamento mafioso, poi nel 2015 per il non raggiungimento del quorum del 50% degli aventi diritto al voto, e nel 2017 e 2018 perché nessuno aveva presentato liste. Così era rimasto come commissario Salvatore Gullì, dirigente della Prefettura di Reggio Calabria, che aveva ben amministrato al punto che i cittadini avevano scritto all’allora ministro dell’Interno Marco Minniti, raccogliendo firme in suo favore, perché volevano restasse. Infatti nessuno si faceva avanti per candidarsi. I cittadini sostenevano che era inutile, perché poi il Comune sarebbe stato sciolto per mafia. «Il paese è piccolo e siamo tutti parenti e quindi sospettabili». Grande sfiducia e non solo alle comunali: alle ultime politiche ha votato solo il 22%.

Finalmente nel 2019 erano state presentate due liste, la prima “Klaus Davi sindaco di San Luca” con candidato a primo cittadino il noto massmediologo, una provocazione positiva. L’altra lista, “San Luca ai sanluchesi”, aveva come candidato sindaco Bruno Bartolo, infermiere in pensione, già vicesindaco, e con lui alcuni giovani. «L’ho fatto solo per amore del mio paese. E così anche chi si è candidato con me. Altrimenti non ci saremmo esposti - ricorda Bartolo -. Ho 75 anni, non avevo bisogno di fare il sindaco, quel poco di pensione che ho basta a me e a mia moglie». E vince, facendo dire al procuratore Nicola Gratteri, «ora San Luca può essere un paese normale».

Ma Bartolo ha deciso di non ricandidarsi. «Il 21 maggio - annuncia - faremo un incontro coi cittadini per dire perché, ma anche come abbiamo trovato il comune e come lo lasciamo, cosa siamo riusciti a fare e cosa non siamo riusciti». Ma intanto si sfoga. «Non ho più la forza. Sono stati cinque anni tremendi per me. Cinque anni pesanti in tutti i sensi. Certe istituzioni non mi hanno dato l’aiuto che dovevo avere. Certe criticità vanno aiutate non massacrate. In questi anni mi sono sentito molto solo, abbandonato. Non da tutti. La Regione mi ha sostenuto. E così anche il prefetto di Reggio Calabria, Massimo Mariani (oggi a Palermo, ndr) che è stato la mia bussola».

Ma non mancano critiche ai cittadini. «Mi aspettavo che un gruppo di giovani si unisse per fare una nuova amministrazione. A San Luca ci sono più di 200 laureati, avvocati, ingegneri, medici, c’è di tutto. Ma non si fanno avanti, c’è contrarietà a impegnarsi nel comune. C’è rassegnazione». Ricorda con orgoglio i lavori per sistemare finalmente la strada per il santuario di Polsi. Ma, aggiunge «ho chiesto un Protocollo d’intesa per Polsi perché il Comune da solo non ce la fa, dai controlli a tutto il resto. Ho ricevuto un avviso di garanzia per omissione di atti d’ufficio perché non ho controllato le bancarelle della festa per vedere se chi c’era aveva i requisiti. Ma io ho solo una vigilessa. Mi hanno risposto di fare una convenzione con altri Comuni».

E allora il quasi ex sindaco alza bandiera bianca. «Facciamo un passo avanti e cinquanta indietro. Serve investire di più sulla scuola. San Luca ha bisogno di una scuola forte, che istruisca e educhi i bambini, coinvolgendo le famiglie». E i cittadini come stanno reagendo? «C’è chi mi dice di restare. Ma tanta gente dice “fate come la mucca, riempite il secchio di latte e poi ci date un calcio”». Però l’addio potrebbe diventare un arrivederci. «Non è detto che tra sei mesi o un anno non cambiamo idea ma con l’impegno preciso da parte delle istituzioni che devono esserci più vicine».

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