Una preghiera a Maria Salus Populi romani, perché «liberi la nostra città e i suoi cittadini dalle malattie spirituali insidiose che uccidono i cuori e la relazioni umane di una vita cittadina pacifica e serena». E la malattia di oggi non è più la peste dei secoli passati, ma un cancro, quello della logica del fine che giustifica i mezzi, al di là della stessa legge, che sta alla base del fenomeno mafioso emerso nei giorni scorsi. Realtà alla quale il vicario della diocesi di Roma, il cardinale Agostino Vallini, ha fatto riferimento più volte lunedì sera nella liturgia della Parola con l’omaggio alla venerata icona mariana custodita nella basilica di Santa Maria Maggiore. Davanti ai fedeli accorsi all’iniziativa – promossa dal vicariato per il Natale e per reagire allo sconcerto seguito all’inchiesta "mondo di mezzo" – ai vescovi ausiliari e al cardinale arciprete della basilica, Santos Abril y Castello, il porporato ha espresso il turbamento dei romani di fronte a «fatti sconvolgenti». Come mai, si è chiesto, «il clima sociale si è così degradato, anzi avvelenato, tanto da generare scoraggiamento?». «Come mai – ha incalzato – è cresciuta una visione della vita che contrasta con i valori fondanti della società civile: l’accoglienza, il rispetto, la giustizia, la legalità, la solidarietà?». Valori di cui Roma è stato il «faro» nel mondo. Papa Francesco «prega con noi e ci benedice», ha detto Vallini. Nel corso della liturgia sono stati letti anche due passi di discorsi del Papa. Uno dei quali dall’omelia di fine anno scorso, in cui il vescovo di Roma esortava i romani alla corresponsabilità nelle vicende della città. Un discorso «quasi anticipatore», lo definisce il cardinale vicario. Che sin dall’inizio della liturgia fa capire che il momento invita a una doppia riflessione. Sullo smarrimento e sull’amarezza per quanto successo a scapito soprattutto dei più poveri, colpiti dalla crisi. Ma anche sul nuovo slancio missionario che occorre per essere voce di dialogo e riconciliazione. Roma, ha esordito il porporato nel saluto iniziale, è «provata e afflitta» e «sperimenta divisioni e diffidenze». Ma con l’aiuto di Maria in città può crescere «la consapevolezza di essere ancora visitata dall’amore di Dio». È poi nell’omelia che Vallini dà il nome alla malattia che si sta vivendo: è l’offuscamento della realtà in cui «i mezzi sono diventati i fini, quello che sulla terra doveva essere uno strumento diventa il tutto». È il «virus della corruzione», al quale si accompagna la pretesa di agire «al di là di ogni legge, pur di raggiungerli» quei fini. Seguendo la lettura dal profeta Sofonia – che dice il suo "guai" alla città ribelle, ma allo stesso tempo che essa non deve lasciarsi cadere le braccia – Vallini elenca le sofferenze, le povertà materiali contrapposte alle ricchezze sfacciate che ci sono a Roma. Città che muta, sempre più multietnica, multireligiosa. Occorrono, dunque, risposte. «Non scoraggiamoci, se ci convertiremo, il Signore ci salverà», rilancia il porporato. È proprio il cammino di Maria che dopo il turbamento dell’annuncio, obbedisce a Dio. Ecco dunque l’invito alla comunità cristiana alla missione, al centro e nelle periferie. A non vivere una vita cristiana «anemica». Al dialogo: «Non rassegniamoci al male, possiamo fare molto. Se non possiamo fare cose straordinarie, possiamo pregare e parlare. I cristiani a Roma sono forse stati troppo zitti. Dobbiamo dire la nostra con umiltà», esorta Vallini. Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, assente per impegni istituzionali, ha ringraziato il Papa e Vallini per un «gesto di grande sensibilità nei confronti della città, un segnale essenziale in questo momento di difficoltà».
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