Difficile chiedere asilo in Europa - Ansa / Ufficio Stampa Oxfam
Una domanda da presentare alla polizia di frontiera o, in alternativa, all’ufficio immigrazione della questura può diventare un ostacolo insormontabile. E comunque nell’Ue non esiste un asilo europeo o un principio di ripartizione solidale di rifugiati, una domanda presentata nello Stato di arrivo significa che in quel territorio il richiedente protezione rimarrà anche dopo aver avuto lo status, almeno finché non otterrà la cittadinanza. Sono i nodi europei da sciogliere per i rifugiati. Se in teoria la Convenzione di Ginevra del 1951 permette l’accesso alla richiesta di asilo, nella realtà proprio sulla impossibilità di accesso ai posti di polizia europei si gioca il destino di molti migranti in Italia e in Europa. Basta pensare a coloro che sono stati e vengono tuttora respinti con la forza alle frontiere orientali e balcaniche europee da quegli agenti che dovrebbero proteggerli e raccogliere la loro richiesta per farla valutare. Oppure a chi viene riportato in Libia dalla cosiddetta guardia costiera o a chi non può accedere al posto di polizia spagnolo di Ceuta e Melilla, enclave di Madrid in Nordafrica circondate da un muro.
Chi può presentare domanda di asilo negli Stati dell’Unione? I fuggitivi da persecuzione politica o religiosa, da un conflitto o chi rischia la vita in patria. Questo esclude i profughi ambientali. In Italia sono esclusi coloro che hanno avuto condanne per reati contro la sicurezza dello Stato o contro le persone, trafficanti di armi o di stupefacenti, mafiosi, terroristi o i criminali di guerra. Non può inoltre presentare domanda chi l’ha già presentata o ha soggiornato a lungo in un altro Stato aderente alla Convenzione di Ginevra.
Altro limite ai diritti di richiedenti asilo e rifugiati molto discusso all’interno dell’Ue è il regolamento di Dublino. Quella in vigore è la terza versione, approvata nel 2013, mentre il testo base risale al 1990. Sono rimaste immutate le regole penalizzanti per l’Italia e i Paesi del sud – il premier Draghi ne ha di nuovo chiesto la revisione la scorsa settimana – perché stabiliscono un principio territoriale. In sintesi, ogni domanda di asilo va esaminata da un solo Stato membro e la competenza ricade sullo Stato di primo approdo. I Paesi del Nord e quelli dell’Est si sono finora opposti a ogni modifica del regolamento Dublino che sposta le presenze sugli Stati del Sud, anche se la crisi alle frontiere con la Bielorussia potrebbe far scricchiolare le intransigenze polacche e baltiche.
Al fondo c’è la teoria che considera gli Stati membri un’area con livello omogeneo di protezione dei rifugiati, errata e smentita negli anni da diverse sentenze delle corti europee e dei singoli Stati membri. Inoltre chi ottiene la protezione internazionale non ha la possibilità di emigrare in un altro Paese Ue, dovrà restare nello Stato che esamina la domanda. Ma Italia e Grecia non sono la Germania e questo incentiva l’immigrazione irregolare.
Basta un giorno sul confine occidentale italiano, a Ventimiglia o ad Oulx, per toccare con mano la realtà e la durezza europea. Almeno 150 persone al giorno provano a bypassare i controlli al confine francese. Molti sono appena sbarcati dalla Libia o arrivati dalla rotta balcanica e non hanno ancora presentato domanda di asilo. La polizia francese usa spesso le maniere forti per riportarli in Italia. Ma passano da qui anche rifugiati in cerca di lavoro e quando vengono scoperti dalle autorità del Paese di destinazione grazie al sistema di controllo delle impronte Eurodac vengono rispediti in Italia. Sono i "dublinanti". Nel 2019 ne furono respinti 2.692, secondo i dati del governo, da Francia, Germania e Austria. Nel 2020 sono crollati a 509 causa pandemia. In Italia spesso li attende un limbo.