La Pietra Cappa, in Aspromonte, nelle cui vicinanze sono stati trovati i resti di uno dei tanti sequestrati di 'ndrangheta
«Ci rivolgiamo a voi con una richiesta ben precisa: restituite il corpo di Vincenzo Medici alla sua famiglia, dimostrando, in tal modo, umanità nei confronti di un defunto». Lo scrivono gli alunni della Scuola secondaria di Primo grado M. Macrì di Bianco (Reggio Calabria). Ed è un ritorno a più di 28 anni fa, a quella notte del 21 dicembre 1989, quando venne sequestrato Vincenzo Madici, 64 anni, imprenditore florovivaistico di Bianco. Non tornò più a casa, né i sequestratori fecero mai ritrovare il suo corpo, malgrado i tanti appelli della famiglia. La ’ndrangheta non ha queste sensibilità, tanto meno chi in quegli anni coordinava la 'cabina di regia' dei sequestri di persona, famiglie mafiose tristemente note come i Barbaro, i Morabito, i Pelle, i Romeo, ritenuti responsabili di ben tredici rapimenti, tra i quali proprio quello dell’imprenditore di Bianco.
I mafiosi vorrebbero che non si ricordasse, ma c’è chi tiene in piedi la memoria e la trasmette ai più giovani. La lettera degli alunni di Bianco nasce, infatti, dalla collaborazione tra gli insegnanti e l’associazione Libera della Locride, come ci racconta Deborah Cartisano, figlia di Adolfo, per tutti Lollò, fotografo di Bovalino, l’ultimo dei sequestrati dalla ’ndrangheta, il 22 luglio 1993. Anche lui mai tornato a casa.
Ma dopo una toccante lettera di Deborah, quella volta arrivò un segnale, il 'cuore di pietra' di un sequestratore si sciolse, e una lettera anonima nel 2003 permise di trovare i resti del suo corpo, sepolti in pieno Aspromonte, ai piedi dell’enorme monolite chiamato Pietra Cappa.
Non così è stato per Vincenzo Medici, come per una altra decina di sequestrati. Sicuramente anche loro rimasti tra i boschi e le rocce dell’Aspromonte. Così ora si alza la voce dei bambini di Bianco. Non un caso visto che oltre a essere un bravo imprenditore, Vincenzo si impegnava proprio coi piccoli del suo paese. E ora dopo tanti anni i figli di quei bambini si ricordano di lui. «L’articolo 13 della Costituzione italiana – scrivono – recita: 'La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria...'. Ispirandoci a questo articolo, vorremmo sottolineare che il diritto alla libertà è sancito dalla nostra Costituzione, è un diritto umano e voi l’avete violato con il sequestro di Vincenzo Medici, un caro membro della nostra comunità».
I bambini di Bianco ricordano ai sequestratori e a chi sa, che «la sepoltura è un diritto umano e, per questo, la famiglia deve avere la possibilità di poter pregare sulla tomba del proprio caro». E da alunni studiosi citano Foscolo dei 'I Sepolcri'. Poi un tuffo nel passato, a terribili anni dei sequestri. «Noi siamo giovani e, per fortuna, non abbiamo vissuto il periodo di 'tensione' causato dai sequestri di persona ma, grazie alle iniziative sulla legalità intraprese e portate avanti dai nostri docenti, siamo venuti a conoscenza di questi tristi eventi. Abbiamo avuto modo di 'conoscere' la figura del nostro concittadino, uomo di grande umanità e disponibilità nei confronti del prossimo, e la sua tragica fine».
E torna il loro appello. «Per questo motivo noi giovani bianchesi vi rinnoviamo, ancora una volta, la richiesta di restituire il suo corpo ai familiari affinché possano dargli una degna sepoltura. Confidiamo nel trionfo dell’umanità ». Qualcuno avrà la dignità e l’umanità di rispondere?