martedì 8 dicembre 2020
Il governo ha presentato una bozza: 74,3 miliardi per il capitolo "verde", quasi 28 per le infrastrutture Conte conferma cabina di regia dei manager, un comitato con le parti sociali. Tasse giù ai red
Il premier Giuseppe Conte

Il premier Giuseppe Conte - Ansa

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In 125 pagine quattro «linee strategiche»: modernizzazione, transizione ecologica, inclusione sociale e territoriale e parità di genere. Ecco l’ultima bozza del Recovery fund italiano, che dovrebbe essere approvato oggi dal Consiglio dei ministri. Il «Piano nazionale di ripresa e resilienza» si regge su196 miliardi dei fondi europei, dei 209 destinati in tutto all’Italia dal Next generation Eu. Un piano per l’Italia di domani mentre quella di oggi arranca nella pandemia Covid e la sua faticosa gestione politica. Sei "missioni", investimenti, ma anche riforme. Come quella della giustizia, che punta ad accorciare del 40% la durata dei processi civili, e quella del fisco che vuole ridurre la pressione sui redditi «orientativamente tra 40 e 60mila euro, fascia che oggi sconta livelli di prelievo eccessivi».

A fine piano, nel 2026, il governo stima che un Pil maggiore del 2,3%. Non sembrerebbe molto dal momento che i fondi in arrivo valgono il 12% del nostro Pil. Ma la scommessa è che l’accelerazione prosegua negli anni successivi grazie a un sistema più performante. Lo schema di governance del piano, in queste ore al centro di una battaglia nella maggioranza, immagina una piramide con un comitato esecutivo politico a tre, il premier Conte e i ministri Gualtieri (Mef) e Patuanelli (Mise), dei capi-missione con poteri sostitutivi e una squadra di tecnici a supportarli nell’attuazione dei progetti. Si prevede il coinvolgimento di parti sociali, categorie produttive e del sistema universitario in un «Comitato di responsabilità sociale» che avrebbe il compito di dare suggerimenti.

Ambiente e superbonus 110%​

La componente "green" del piano è la più consistente: assorbirà 74,3 dei 196 miliardi. Con 4 aree di intervento. La più corposa (40 miliardi, oltre la metà del totale), riguarda l’«Efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici». L’obiettivo è abbattere la produzione di CO2 riducendo i consumi di energia, per oltre un terzo sono generati dagli edifici. Il capitolo comprende «l’estensione del superbonus edilizio per l’efficientamento energetico e l’adeguamento antisismico delle abitazioni private, con la detrazione fiscale del 110%». Oltre al «piano di ammodernamento degli edifici pubblici», scuole, ospedali ed uffici. Un secondo capitolo (18,5 miliardi) è quello della «transizione energetica e mobilità sostenibile»: interventi per «favorire il ricorso alle fonti rinnovabili», predisporre le infrastrutture «per alimentare veicoli elettrici» e rafforzare il trasporto pubblico locale. Per la «tutela del territorio e della risorsa idrica» ci saranno 9,4 miliardi. Altri 6,3 vanno a «impresa verde ed economia circolare», per promuovere «la sostenibilità nell’agricoltura» e sostenere «progetti di decarbonizzazione».

Parità di genere e coesione​

Una delle sei missioni del piano è intitolata «Parità di genere, coesione sociale e territoriale» e punta, con uno stanziamento di 17,1 miliardi, a intervenire contro alcune anomalie strutturali italiane: l’insufficiente tasso di occupazione femminile, la troppo elevata disoccupazione giovanile e più in generale l’acuirsi delle disuguaglianze di reddito e ricchezza tra i cittadini e i territori del Paese. Rientrano in queste direttrici il "Family act", le misure di conciliazione dei tempi vita-lavoro e i servizi per l’infanzia, il rafforzamento della formazione professionale, la revisione delle politiche attive per favorire l’occupabilità e misure per aumentare la competitività del Sud. Verrà rafforzato il Servizio civile universale e si punterà a contrastare le «principali vulnerabilità sociali in materia di povertà materiale ed educativa, esclusione socio-lavorativa, disagio abitativo». Annunciati interventi di rigenerazione urbana con nuove «Cittadelle dello Sport per promuovere la cultura dell’attività sportiva e motoria», anche «per ridurre fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale».

Scuola, ricerca e salute

19 miliardi per il capitolo scuola, istruzione e ricerca e 9 miliardi per la salute. Ecco il piano del governo per due componenti strategiche della spesa pubblica. Poco più di dieci miliardi saranno dirottati sui progetti di Potenziamento della didattica e diritto allo studio allo scopo di «migliorare i risultati e i rendimenti del sistema scolastico e di quello universitario», ridurre il tasso di abbandono scolastico, aumentare la percentuale di laureati, oggi in Italia tra le più basse dei Paesi Ocse, e rafforzare l’istruzione professionalizzante. La seconda componente («Dalla ricerca all’impresa») mira ad innalzare il potenziale di crescita del sistema economico, agendo sulla leva degli investimenti in Ricerca e sviluppo.
Nel capitolo «Sanità», terremotato dal Covid, 4,8 miliardi dovrebbero andare al cluster «Assistenza di prossimità e telemedicina», virando l’orientamento del Sistema Sanitario verso un modello incentrato sui territori e sulle reti di assistenza socio-sanitaria, e altri 4,2 miliardi ai progetti per Innovazione, ricerca e digitalizzazione dell’assistenza sanitaria.

Digitale i infrastrutture​

Alle missioni dedicate a «Digitalizzazione, innovazione, competività e cultura» e alle «Infrastrutture per una mobilità sostenibile» sono destinati rispettivamente 48,7 e 27,7 miliardi. Del primo capitolo fanno parte il piano per la modernizzazione tecnologica della pubblica amministrazione, che preveda tra l’altro il passaggio e la gestione dei dati in un «cloud» digitale e la valorizzazione del capitale umano, e quello per l’innovazione e la transizione digitale del sistema economico. Ambiti nei quali il Paese sconta «un notevole ritardo», si legge, nel contesto europeo e internazionale. Ci sono anche 3 miliardi per la cultura e il turismo.
L’altra direttrice di spesa riguarda poi le infrastrutture in chiave sostenibile, con oltre 23 miliardi stanziati per realizzare l’altra velocità di rete, ovvero il completamento delle direttrici ferroviarie veloci, specialmente al Sud. L’obiettivo è trasferire una parte del traffico merci e passeggeri dalla gomma alla rotaia. Ma c’è anche l’obiettivo di mettere in sicurezza strade, viadotti e ponti e favorire l’intermodalità.


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