Palazzo Marino. Anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, è stato di recente minacciato sui social - Archivio/Fotogramma
Il coronavirus è anche “virus” di violenza nei confronti dei sindaci. Lo segnala il decimo rapporto “Amministratori sotto tiro” di Avviso pubblico.
Nel 2020 sono stati 465 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza contro sindaci, assessori, consiglieri comunali, amministratori regionali, dipendenti della Pubblica Amministrazione. Una media di 9 episodi a settimana, una minaccia ogni 19 ore.
Sono state 89 le Province coinvolte, il dato più alto mai registrato, e 280 i Comuni colpiti, che corrisponde al 3,5% dei Comuni italiani. Per la terza volta nella storia di questo Rapporto sono stati censiti atti intimidatori in tutte le regioni. Si registra un calo del 17% rispetto al 2019, quando furono 559, e senza dubbio ha influito la pandemia. In particolare il rinvio delle Elezioni Amministrative e Regionali che, inizialmente previste nella tarda primavera, si sono svolte ad inizio autunno.
“Il periodo che va da marzo a giugno - è l’analisi del Rapporto -, solitamente coincidente con la campagna elettorale, fa spesso registrare un picco di atti intimidatori che lo scorso anno non si è palesato. Nel 2020, i casi censiti sono stati 169, mentre furono 199 nel 2019 e 210 nel 2018”.
Ma sempre per la pandemia crescono le intimidazioni da parte di comuni cittadini: nel 2020 sono state 168, il 36% del totale (erano il 29% nel 2019). Una larga percentuale (il 42%) ha riguardato intimidazioni, diffamazioni e aggressioni scaturite dalle restrizioni imposte dalla pandemia. Un altro 22% trae origine dal malcontento suscitato da una scelta amministrativa sgradita. Il 12% si riferisce invece a casi di estremismi politici. Nell’11% dei casi si tratta di un vero e proprio disagio sociale, come la richiesta di un sussidio economico o problemi legati al tema del lavoro. Il 10% è collegato a sgomberi abitativi e attività abusive di parcheggio o commercio.
Questa crescita collegata alla pandemia, ma anche a un clima crescente di sfiducia nelle istituzioni, viene confermata anche dall’analisi della tipologia di intimidazioni. I social network, già il terzo mezzo più utilizzato per minacciare nel 2019, nel 2020 hanno scalato la graduatoria, arrivando al primo posto (19% del totale). “La piazza virtuale - commenta Avviso pubblico -, già negli anni passati contenitore di varie frustrazioni, considerata da taluni uno spazio in cui tutto è concesso, durante le fasi più calde della pandemia ha amplificato queste sue caratteristiche.
Le amministrazioni e la Polizia locale sono spesso finite in pasto dei leoni da tastiera, a causa delle ordinanze emesse e dei controlli effettuati per il rispetto delle regole anti contagio. Ma anche per la concessione di aiuti economici, sussidi o per scelte che non riguardavano l’amministrazione locale, ma il governo centrale”.
Ma non ci sono solo i social. Così le aggressioni e gli incendi (18% per ciascuna tipologia), si mantengono in percentuale stabili rispetto al 2019. Seguono minacce verbali e telefonate minatorie (12%), lettere, biglietti e messaggi intimidatori (10%), danneggiamenti (9%), scritte offensive e minacciose (7%), utilizzo di ordigni ed esplosivi (4%), invio di proiettili (2%), spari contro abitazioni e automobili (1%).
In dieci anni di raccolta dati, Avviso Pubblico ha censito su tutto il territorio nazionale 4.309 casi, una media di 36 intimidazioni al mese, una ogni 20 ore. Il maggior numero nelle 4 regioni a tradizionale insediamento mafioso - Sicilia, Calabria, Campania, Puglia - che insieme raccolgono 2.555 casi (il 59%).
Ma nel corso degli anni è aumentato costantemente il numero nel Centro-Nord: erano il 20% nel 2013, hanno raggiunto il 42,5% nel 2020. I dati del decennio sono confermati da quelli dell’ultimo anno. Il 57,5% dei casi (267) si è registrato nel Sud ma è da segnalare come il calo generalizzato abbia colpito tutte le aree, ad eccezione del Nord-Est, che passa dai 59 atti censiti nel 2019 ai 68 del 2020.
Per il quarto anno consecutivo è la Campania a far registrare il maggior numero di intimidazioni, con 85 casi. Seguono Puglia e Sicilia con 55 atti, Calabria con 38. La Lombardia si conferma la regione più colpita del Nord (37 casi), seguita dal Lazio (36 casi). Chiudono le prime 10 posizioni Veneto (30 casi, uno dei pochi territori in aumento), Emilia-Romagna (25), Toscana (23) e Sardegna (21).
I soggetti maggiormente presi di mira i Sindaci (63%), seguiti dai consiglieri comunali (23%), assessori (8%) e Vicesindaci (5%).
Ultimo dato preoccupante. Il 14,4% degli atti intimidatori censiti nel 2020 (67 casi) si sono verificati in 41 Comuni che, in un passato più o meno recente, sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa.
Dal 2016, primo anno in cui Avviso Pubblico ha iniziato ad estrapolare questa casistica, gli atti intimidatori verificatisi in Enti locali sciolti per mafia sono stati complessivamente 346, il 13,4% dei casi registrati su tutto il territorio nazionale. Un’inquietante coincidenza tra infiltrazioni delle mafi e intimidazioni.
Proposte
Il Rapporto si chiude con alcune proposte di Avviso pubblico per far emergere il fenomeno, prevenirlo e contrastarlo.
Forme di sostegno diversificate agli amministratori locali minacciati
Accanto alle forme di protezione che coinvolgono le decisioni del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, sarebbe auspicabile ipotizzare altre forme di vicinanza e sostegno concreti, di tipo sia psicologico che giuridico (assistenza legale) oltre che economico (ristoro dei danni subiti) a favore delle vittime delle minacce e delle intimidazioni.
Sollecitare la denuncia
Da un questionario promosso dalla Prefettura di Milano, da Anci Lombardia e da Avviso Pubblico, con il supporto dell’Università degli Studi di Milano, è emerso come diversi amministratori locali ritengano inutile denunciare l’atto intimidatorio subito. Per cambiare questo errato modo di pensare sarebbe opportuno dare vita ad una specifica campagna di comunicazione nazionale che solleciti alla denuncia.
Applicazione della legge 105/2017
La legge 105/2017, nata per rafforzare la tutela nei confronti degli amministratori locali e facilitare la ricerca e la punizione dei responsabili, ha bisogno di una verifica su come sia stata applicata e se sia necessario proporre eventuali interventi di modifica, per rispondere a nuove esigenze di tutela palesate dagli amministratori locali e alle nuove forme di intimidazione, calunnia e diffamazione che si propagano sui social.