venerdì 10 novembre 2023
Un dossier della Direzione di polizia criminale analizza i dati fra il 2010 e il 2022: crescono le segnalazioni. Ma preoccupa anche l'uso non responsabile dei social media.
Aumentano i reati dei minori

Aumentano i reati dei minori

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«Ho conosciuto in un parco, dei ragazzi che compravano motorini rubati. Uno mi insegnò ad accenderli. Ho iniziato quindi a rubarli e a rivenderli a 150 euro l’uno. Non potevo portare i soldi a casa, né tornare con vestiti nuovi perché mia madre se ne sarebbe accorta. Guadagnavo 1.500-1.800 euro al giorno e li spendevo tutti in una serata in discoteca, dove offrivo tutto a tutti. Mi piaceva essere il capetto, gli altri facevano quello che dicevo io, ero un ragazzino incosciente e non capivo dove mi stesse portando quello che stavo facendo…». Roman, nome di fantasia, oggi ha 24 anni, alcuni dei quali trascorsi in carcere. Ha commesso il suo primo reato a 15 anni: «In passato ho fatto uso di tanti tipi di droghe e alcool. Ho iniziato per curiosità», racconta. Ora non è più dipendente dagli stupefacenti. Lentamente, fra le mura dell’istituto penale minorile di Nisida, la sua vita è cambiata: «Non ho commesso più reati dal 2019». Ha imparato a lavorare nell’edilizia: «Mi piacerebbe avere una famiglia, ho calcolato quanti soldi potrei fare col mestiere di cartongessista. Se lavoro molto, in un anno e mezzo posso fare 100mila euro, posso comprare casa». La sua è una delle vivide testimonianze raccolte nel corposo rapporto diffuso oggi dalla Direzione centrale di polizia criminale sui reati compiuti da minori in Italia fra il 2010 e il 2022. Un dossier di 82 pagine elaborato grazie alla banca dati interforze, in cui confluiscono le segnalazioni raccolte da Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza su minorenni denunciati o arrestati (in tutti i casi in cui l’autore del reato viene identificato, mentre sfuggono al computo i fatti non denunciati o in cui chi li commette resta ignoto).


Un netto aumento di segnalazioni

La percezione, generata dai fatti di cronaca, che gli episodi siano in crescita viene confermata dai dati del rapporto. In dodici anni si rileva infatti un aumento del 15,34% delle segnalazioni di minori autori di reato: da 28.196 nel 2010 a 32.522 nel 2022 (con un picco di 35.566 casi toccato nel 2015). Fino al 2021, i minorenni segnalati risultano in maggioranza italiani, ma nell’ultimo anno la percentuale di quelli di nazionalità straniera ha toccato il 52,37% del totale.

Più furti e crimini violenti

Nel lungo elenco di illeciti, quelli più compiuti risultano appartenenti ad alcune categorie: furto, ricettazione, rapina ed estorsione (39%); lesioni dolose; percosse, minaccia e rissa (16%); danneggiamento, incendio, resistenza a pubblico ufficiale (11%); violazioni delle norme sugli stupefacenti (9,76%). Tutti i tipi di reato registrano un incremento fra il 2010 e il 2022, «fatta eccezione per quelle relative ai furti e i delitti in materia di sostanze stupefacenti». Gli analisti della Criminalpol osservano come «la percezione che la criminalità minorile si stia progressivamente orientando verso crimini violenti, come sembrerebbero indicare le recenti notizie di cronaca, suggerisce l’opportunità di un'analisi basata su dati relativi ad un orizzonte temporale più ampio». Un vero boom viene segnalato per gli episodi di lesioni dolose (più 58%) e per rapina, che quasi raddoppiano (da 1.594 nel 2010 a 3.175 nel 2022). Gli ultimi anni, fra le restrizioni post Covid e la crisi economica, paiono aver favorito focolai di tensione fra i ragazzi: fra il 2021 il 2022 i dati mostrano una crescita evidente delle segnalazioni per minaccia (più 33%), per rissa (57%) per percosse (35%). Ancora, le segnalazioni per rissa registrano un incremento costante nel quadriennio 2019-2022 (437 nel 2019, 957 nel 2022).


Abusi sessuali, omicidio e reati informatici

Da segnalare anche le rilevazioni sulle segnalazioni per violenza sessuale, che aumentano del 6,59% nei dodici anni presi in esame; per omicidio volontario, consumato e tentato (più 18%, da 95 segnalazioni nel 2010 a 113 nel 2022); e per delitti informatici (da 53 nel 2010 a 286 nel 2022). I reati per cui i minorenni o giovani adulti finiscono negli istituti penali minorili sono soprattutto quelli contro il patrimonio. In generale, si registra un decremento di persone entrate in carcere fra il 2010 (1.172) ed il 2022 (1.051). Otto su dieci sono di sesso maschile. E il dossier indica inoltre, nel totale, un aumento del numero dei ragazzi stranieri (da 459 a 540) a fronte di un calo di quelli italiani (da 713 a 511).


Cause e chiavi di lettura per il legislatore

In una fase storica in cui la politica si confronta in modo acceso sull’adozione di nuove misure per frenare la devianza giovanile (dal decreto Caivano al dibattito su un possibile abbassamento dell’età per l’imputabilità) il rapporto si propone anche di «fornire una chiave di lettura che possa essere di supporto al decisore nell’individuazione di mirati interventi di prevenzione e contrasto nonché di politiche dedicate». Come osserva nella prefazione il prefetto Raffaele Grassi, vicedirettore della Pubblica sicurezza, «le dinamiche riferite ai minori quali vittime o autori di reato meritano speciale attenzione da parte delle Istituzioni e dell’intera comunità degli adulti, in quanto i ragazzi interpretano il bisogno e la visione del futuro». Come detto, i dati analizzati «evidenziano, nel complesso, nel periodo considerato, un incremento delle segnalazioni di minori per reati caratterizzati dall’uso della violenza (in particolare lesioni, rissa, rapine)». Secondo gli analisti, «l’adolescenza potrebbe costituire già di per sé un fattore di rischio, data la criticità e la complessità del periodo della vita che ciascun ragazzo attraversa». Ancora, si legge nel rapporto, «i giovani che vivono in contesti di deprivazione socio economica o in ambienti familiari disfunzionali potrebbero apprendere comportamenti violenti come mezzo per risolvere i conflitti». Oppure, la «pressione dei pari o l'appartenenza a gang possono indurre una deresponsabilizzazione, propria dell’agire in gruppo, e avviare i giovani alla commissione di atti violenti come rito di passaggio o per guadagnare uno status». Secondo gli esperti, un indicatore significativo da esaminare per indagare le cause del disagio giovanile può essere rappresentato dal tasso di dispersione scolastica.

Il rischio dell’esibizione sui social

I social media e altre piattaforme online possono essere utilizzati per reclutare o radicalizzare giovani in attività criminali o estremiste. E la criminalità minorile online può anche includere cyberbullismo, stalking e molestie. Il web, annotano gli esperti della Polizia, «può diventare anche il mezzo di diffusione prediletto tra i giovani di un immaginario ed un lessico brutali, come quelli di alcuni trapper che veicolano messaggi antisociali». Un pericolo strisciante è rappresentato dalle forme di desensibilizzazione alla violenza (generate dall’esposizione continua a immagini violente nei media o la spettacolarizzazione di comportamenti antisociali attraverso i social), che «potrebbero ridurre la consapevolezza del disvalore sociale dei comportamenti violenti». I minori, si legge nel dossier, «difficilmente temono conseguenze immediate da un atto illecito commesso mediante l’uso di strumenti digitali», poiché il web dà la percezione di garantire un certo grado di anonimato e di non esser soggetto alle stesse regole che disciplinano il mondo reale. Inoltre, a volte i reato commesso dai minori è legato alla sua esibizione: «I ragazzi potrebbero commettere crimini al fine di farsi vedere e collezionare follower sui social. La spettacolarizzazione della violenza fa superare la paura della punizione».

Il percorso rieducativo e la giustizia riparativa

Secondo gli esperti della polizia, «la famiglia e le Istituzioni tutte dovrebbero accompagnare i ragazzi lungo il percorso». Recenti episodi violenti di cronaca che coinvolgono giovani evidenziano infatti una «totale assenza di empatia nei confronti della vittima. Tali comportamenti potrebbero celare una fortissima fragilità e incapacità a gestire le relazioni interpersonali». In Italia il ricorso alla detenzione di adolescenti e giovani adulti che commettono reati è limitato, in quanto si cerca di promuovere la loro rieducazione attraverso programmi specifici. Il reato, infatti, arreca un danno alla vittima oltre che alla comunità civile. A tal riguardo, con la riforma Cartabia, è stato disciplinato in maniera organica l’istituto della “giustizia riparativa”, che offre a chi lo desidera e vi acconsenta liberamente, la possibilità di osservare le conseguenze del reato e riflettere sul danno cagionato, con il supporto di personale esperto. «Proporre l’incontro tra il responsabile e la vittima – si legge nel rapporto - significa chiedere a chi ha usato violenza di incontrare gli occhi dell’altro, di comprendere le conseguenze delle proprie azioni». Si tratta, conclude il dossier, «di un istituto particolarmente interessante che può essere utilizzato anche in contesti “non penali”, ove sia stato interrotto il patto sociale alla base della pacifica convivenza e vi sia, pertanto, la necessità di attivare un percorso di ricostruzione del rapporto tra autore e vittima». Perché un cambiamento è sempre possibile, come mostra la storia di M., 20 anni, anche lui detenuto a Nisida: «Da piccolino non sono andato molto a scuola e facevo uso di stupefacenti. Ora ho due figli. Mi piacerebbe lavorare in cucina, ho preso la qualifica di cuoco e vorrei prendere il diploma dell’alberghiero – racconta -. La struttura minorile ci ha fatto capire gli sbagli e mi ha insegnato molte cose che mi saranno utili per il futuro, come la pasticceria di cui mi sono appassionato. Mi sento una persona molto diversa rispetto a quando sono entrato qui in Istituto. Qui penso solo ai miei figli perché sono piccoli e devono crescere con me».

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