In questo montaggio, Mattarella e Musk - ANSA
L’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che “sa badare a sé stessa nel rispetto della sua Costituzione”. Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni»: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella replica così alle parole di Elon Musk che, sul caso dei migranti nei centri dell’Albania, aveva detto su X:«Quei giudici debbono andarsene», rispondendo a un commento. Ricorda il precedente di due anni fa, Mattarella, quando usò le stesse parole, replicando a un’intervista a Repubblica dalla ministra per gli Affari europei francese Laurence Boone, la quale mostrava preoccupazione per il nuovo governo in via di formazione a guida Meloni, che sarebbe stato messo “sotto osservazione”.
«Ascoltiamo sempre con grande rispetto le parole del Presidente della Repubblica», il commento sul filo dell’imbarazzo di Giorgia Meloni, fatto filtrare da fonti di Palazzo Chigi. Musk intanto era intervenuto nuovamente sul tema , definendo ancora su X «inaccettabile che il popolo italiano vive in democrazia e prende le decisioni un’autocrazia non eletta». Non era però una replica a Mattarella, in quanto il commento era precedente alla nota del capo dello Stato.
Tuttavia l’intervento del Quirinale non fermava l’interesse del capo di Tesla per le faccende italiane. Eloquente il successivo “retweet” a un commento sulle parole del presidente della Repubblica di un'opinionista olandese di destra, Eva Vlaardingerbroek, che, pubblicando il post del Quirinale, scrive in italiano: «No. Elon Musk e Giorgia Meloni hanno ragione». Una condivisione da parte di Musk che, nel linguaggio dei social, suona come tale anche nel merito.
Ma quello che è cambiato, nelle ultime ore, è che Musk ha un incarico governativo in pectore. Dunque dovrebbe rivolgersi all’Italia secondo le regole della diplomazia. Lo sa anche Meloni, che diversamente da Salvini non può schierarsi dalla parte dell’ultramiliardario sostenitore di Donald Trump.
L’impasse è dietro l’angolo e nel pomeriggio si apprende, proprio da Elon Musk, che lo stesso ha avuto un colloquio con Giorgia Meloni. L’esito è una nota divulgata dai suoi rappresentanti in Italia che fa trasparire il tentativo della premier di “riparare” al danno: «L’imprenditore Elon Musk - si scrive - esprime il suo rispetto per il presidente della Repubblica Mattarella e la Costituzione italiana, così come ribadito in un'amichevole conversazione avvenuta con il presidente Meloni nel pomeriggio. Tuttavia sottolinea che la libertà di espressione è protetta dal Primo Emendamento e dalla stessa Costituzione italiana, pertanto da cittadino continuerà a esprimere liberamente le proprie opinioni». Una mezza retromarcia cui è costretto ad adeguarsi anche Matteo Salvini.
Anche alla luce del forte imbarazzo del governo e di Palazzo Chigi, si registra la levata di scudi delle opposizioni. Per Elly Schlein «è imbarazzante che i sedicenti sovranisti di casa nostra si facciano dettare la linea da un miliardario americano come Musk». Anche più duro Giuseppe Conte: «Elon Musk non conosce neanche l’Abc dei sistemi parlamentari democratici», dice il presidente del Movimento 5 stelle. «Grazie a Mattarella che ha difeso la sovranità dell'Italia», interviene anche Angelo Bonelli per Avs, che confessa di rimpiangere Bettino Craxi. Italia Viva presenta invece un’interrogazione parlamentare sulle voci secondo cui potrebbe esserci un accordo tra Roma e la società di satelliti di Musk anche a “protezione” della Difesa italiana.
Intanto però il governo tira diritto sull'operazione Albania e vuole cambiare i giudici che decidono sulla convalida del trattenimento dei migranti: secondo un emendamento al dl-flussi, non toccherebbe più ai magistrati del Tribunale di Roma ma alla Corte d'appello in composizione monocratica. Ma per il segretario dell’Anm Salvatore Casciaro la norma non assicura rapidità e «ingolferà» Corti d'appello «già oltremodo oberate».