lunedì 18 maggio 2020
Ventiquattro racconti personali di cosa ci ha insegnato il lockdown: il musicista e l'operaio, i pensionati e il cantante, il sindaco e il venditore di strada...
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Quindi, si riparte. Il 18 maggio è un nuovo «Pronti, via» per l’Italia. Ricominciano le Messe con il popolo, riaprono i negozi, si potranno vedere oltre ai familiari anche gli amici, si potrà andare in palestra e dal parrucchiere. Anche se indossando mascherine e mantenendo le distanze, anche prenotando il posto in spiaggia e al ristorante, anche se con mille incognite per il lavoro perso o rallentato, l’Italia esce finalmente dalla quarantena. Ma cosa ci lascia, questo lungo periodo che in molti hanno vissuto come tempo «sospeso», anche se di vita vera si è trattato? Oltre alla paura, il dolore, l’angoscia e il lutto, l’isolamento, la lontananza, la lotta dei medici e degli infermieri, cosa ci portiamo nel cuore? In mezzo a tanti «senza » abbiamo colto anche qualche segno positivo, qualche speranza per un futuro un po’ migliore? In queste due pagine troverete alcune risposte: la redazione di Avvenire ha interpellato compositori e operai, atleti e volontari, maestri e infermieri, sindaci e venditori di strada, parroci e studenti... chiedendo a ognuno uno sguardo verso il futuro. Ma ogni lettore può dare la sua personale risposta.
È tempo di guardare avanti. (A.Ma.)


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