martedì 14 settembre 2021
A giugno Nerbini aveva comunicato al sacerdote che lo avrebbe sollevato dalla parrocchia, in modo da potersi dedicare completamente alle cure. Il sospetto sui soldi della parrocchia
Una veduta di Prato

Una veduta di Prato - Wikimedia commons

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«Dolore e sgomento». Sono le parole del vescovo di Prato Giovanni Nerbini alla notizia degli arresti domiciliari per don Francesco Spagnesi. Il provvedimento per il sacerdote, già sollevato nelle scorse settimane da incarichi parrocchiali, è scattato nell’ambito di un’indagine sull’importazione e lo spaccio di sostanze stupefacenti.

Il vescovo ha ribadito la sua fiducia nella magistratura, a cui aveva già assicurato fattiva collaborazione nelle settimane passate, e la sua vicinanza alla comunità della Castellina, di cui il sacerdote era parroco. «Sono notizie che un padre e pastore non vorrebbe mai avere – afferma monsignor Nerbini – e che colpiscono l’intera diocesi».

Il vescovo, ha spiegato la diocesi in una nota, era da tempo a conoscenza di un forte stato di sofferenza fisica e psicologica del sacerdote e aveva cercato di aiutarlo. «Nessuno però – spiega il vescovo – avrebbe mai potuto immaginare che avesse problemi di tossicodipendenza». Ad aprile, messo alle strette, don Francesco ha rivelato la causa della sofferenza, l’uso stabile di droghe. È a quel punto che il vescovo gli ha imposto un cammino di riabilitazione psicoterapeutica con uno specialista. «Quando – continua Nerbini – abbiamo avuto notizia di movimenti sospetti sui conti della parrocchia, ho provveduto a ritirare il potere di firma esclusiva del parroco, per poter così procedere ad una verifica della situazione». Monsignor Nerbini chiese subito conto a don Spagnesi di quelle operazioni bancarie: «Ogni volta mi veniva spiegato che si trattava di aiuti per persone bisognose della parrocchia».

A giugno il vescovo ha comunicato al sacerdote che lo avrebbe sollevato dalla parrocchia, in modo da potersi dedicare completamente alle cure; il provvedimento è divenuto operativo dal primo di settembre. Sono state, infine, le indagini della magistratura, negli ultimi giorni, a dar conto degli esatti contorni della vicenda, con il sospetto che la droga sia stata pagata con i soldi della parrocchia. Il comunicato del vescovo Nerbini si conclude con un invito alla preghiera e con l’auspicio «che questa vicenda ci renda tutti più forti nella carità e nella verità».

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